Nella sessione del 12.03.2024 e dopo oltre un anno di trattative il Parlamento Europeo, con 370 voti favorevoli, 199 contrari e 56 astenuti ha approvato definitivamente la “Direttiva UE Case Green”; vediamo un po’ il calendario dei passaggi obbligati per arrivare alla riqualificazione degli edifici residenziali come da programma e, soprattutto, i costi stimati. In via definitiva, la Direttiva EPBD (Energy Performance of Buildings Directive, in italiano: Direttiva sulla Prestazione Energetica nell’Edilizia), introduce un percorso segnato per la riqualificazione energetica degli edifici residenziali esistenti, che prevede alcune tappe intermedie: riduzione delle emissioni entro il 2030 ed emissioni “zero” entro il 2050.
Un’ipotesi dei costi sulle Case Green UE

I costi stimati per raggiungere (o, perlomeno, per tentare di farlo) il primo obiettivo, quello previsto per il 2030 e che dovrà sostenere l’intera Unione Europea, si stimano in 275 miliardi l’anno, dei quali sembra che a oggi ne manchino almeno152. Ovviamente (ça va sans dire!) la situazione nella nostra Italia vede almeno 5 milioni di edifici in classe F e G; al Governo l’arduo compito di reperire le risorse necessarie per sostenere questi costi perché, entro due anni dall’entrata in vigore della direttiva, è previsto che si debba elaborare un piano nazionale di attuazione, senza poter contare, almeno per il momento, su risorse europee.
Cosa prevede la direttiva Ue Case Green

La direttiva europea ribattezzata “Case Green” riguarda le prestazioni energetiche degli edifici, che dovranno raggiungere la neutralità climatica entro il 2050 e quella appena approvata altro non è se non l’ultima revisione del provvedimento primo provvedimento oggetto di una Direttiva Europea dell’ormai lontano 2010, la Energy Performance of Buildings Directive EU/2010/31. Quest’ultima versione verrebbe da dire, di un provvedimento che avrebbe dovuto già dare frutti consistenti e segnali forti di cambiamento, prevede alcuni obiettivi intermedi.
Ci sono disposizioni specifiche per le diverse tipologie di edifici e per dispositivi come climatizzatori e caldaie: tutta roba letta e riletta! Ma qualcosa di nuovo, in realtà, c’è e fa capolino; tra le novità previste, leggiamo lo slittamento di 5 anni del divieto di installare caldaie a gas e salta l’obbligo di fotovoltaico su tutti i tetti, tranne che per quelli di nuova costruzione. E così, arriviamo al 2040! Gli edifici saranno però obbligati a ridurre i consumi del 16% entro il 2030 e del 22% entro il 2035. Infine, dal 2030 tutti i nuovi edifici residenziali dovranno essere costruiti a emissioni zero.
Le tempistiche italiane sulle Case Green UE

Di particolare interesse per l’Italia, è prevista la possibilità di definire un proprio crono-programma intermedio concessa dal nuovo accordo, così da arrivare fino al 2050. Questo perché, con una sterzata degna di un rallista, la UE ha stabilito che non rilevano più le emissioni dei singoli edifici ma la media dei consumi dell’intero patrimonio edilizio nazionale. Se pensiamo che, secondo l’ultimo rapporto pubblicato da Enea, in Italia oltre la metà delle abitazioni è in classe energetica G o F, i due livelli più bassi di prestazione energetica, abbiamo un’idea un po’ più precisa della portata e dello sforzo che comporta l’applicazione di questa nuova Direttiva; ma di questo, ho già scritto in precedenza. Di buono, in ogni caso, c’è che il nuovo approccio sulle tappe di adeguamento previste dalla direttiva si è evoluto in favore di una sorta di liberalizzazione nazionale, sempre nel rispetto dei parametri stabiliti dalla UE.
I tempi di attuazione, passo per passo

Gli Stati membri si sono impegnati a ridurre del 16% il consumo energetico degli edifici residenziali entro il 2030 e, nello stesso anno, dovranno arrivare alla fantomatica “emissione zero” tutti i nuovi edifici residenziali; ma non basta: c’è anche l’obbligo di eliminare le caldaie a gas entro il 2040 e, entro il 2050, tutto il patrimonio edilizio esistente dovrà raggiungere lo standard zero-emissioni. Com’è giusto che sia, la direttiva prevede alcune esenzioni per particolari tipi di edifici: quelli storici, gli agricoli, i militari e per quelli di uso temporaneo.
Entrando nel “passo – passo”, la direttiva distingue gli edifici residenziali da quelli di uso diverso (non residenziali) e, più nello specifico:
- riduzione dei consumi per gli edifici non residenziali in categoria E, F e G (le peggiori dal punto di vista delle prestazioni): 16% entro il 2030 e 26% entro il 2033;
- riduzione di almeno il 20% per gli edifici residenziali, obiettivo da raggiungere entro il 2035, prevedendo che il 55% di questo “calo” sia direttamente un “prodotto” della ristrutturazione degli edifici che hanno le peggiori prestazioni;
- dal 2032 tutti gli immobili ristrutturati avranno l’obbligo di installare impianti fotovoltaici;
- dal 2040 non si potranno più installare caldaie a gas ma, già a partire dal 2025, termineranno gli incentivi che, invece, rimarranno solo per i sistemi ibridi.
Per quanto riguarda le nuove costruzioni, dal 2028 gli edifici pubblici dovranno essere tutti a emissioni zero e, entro la stessa data, tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno avere impianti fotovoltaici.
Dagli effetti di questo che si presenta come un vero e proprio “tsunami”, anche le nuove costruzioni residenziali private dovranno essere ad emissioni zero, a far data dal 2030 (che non è poi così lontano . . .).
Le stime dei costi per i privati

Dovendo obbligatoriamente procedere alla riqualificazione energetica della propria abitazione residenziale, qual ora questa sia in classe G o F, io proprietario privato posso essere chiamato a spendere fino a 120.000,00 Euro per singola unità abitativa, soprattutto se si considera l’incidenza dei costi per efficientare anche le parti comuni condominiali nel caso, appunto, di appartamento in condominio. Si tratta sostanzialmente di costi analoghi a quelli stimati per i lavori del Superbonus, con la differenza che accedervi oggi è più difficile e meno conveniente.
Il miglioramento di almeno due classi energetiche richiede la coibentazione esterna dell’edificio (il cappotto, per intenderci) e la sostituzione della caldaia con pannelli fotovoltaici.
All’interno delle abitazioni, poi, si dovrà procedere con la sostituzione di infissi e serramenti e degli impianti a gas esistenti con altri meno inquinanti, che saranno tra poco, gli unici ad accedere agli incentivi; in pratica: un bagno di sangue!
io proprietario ho già speso fin troppo,per costruire la mia casa ben più
che a norma di legge 10,nel 2002.
quindi se vogliono che aumenti ancora l’efficienza termica e abbatta le emissioni,
si può fare:
ma CHI PAGA?
se i soldi ce li mette la UE,o lo stato italiano si può anche fare…
io di sicuro non ci metto più una lira che non sia indispensabile,e solo per sostituire o cambiare quello che si rompe.