Dall’Orangerie della Villa Reale di Monza, dove è stata allestita nel 2023, approda ora al Museo del Novecento M9, a Mestre (Via Giovanni Pascoli n. 11), la mostra “Banksy Painting Walls”.
La presentazione della mostra di Banksy
È stata presentata alla stampa alla presenza di Michele Bugliesi, presidente della Fondazione di Venezia; Serena Bertolucci, direttrice del Museo M9; Sabina de Gregori, curatrice della mostra e Pietro Folena, presidente di MetaMorfosi. Rimarrà aperta al pubblico fino al 2 giugno prossimo.
L’esposizione, prodotta e organizzata da MetaMorfosi Eventi in collaborazione con M9, con il sostegno di Banca Ifis, si propone di continuare, dopo la fortunata esperienza di “Rivoluzione Vedova” il dialogo con i linguaggi della contemporaneità, con l’intento di coniugare arte e società.
Banksy oggetto di studio
L’artista di Bristol, che si firma con il nome di Banksy ed è rimasto fino ad ora “anonimo”, attualmente è oggetto , come ha detto la curatrice, di moltissime mostre nel mondo, più o meno una quarantina, tanto è l’apprezzamento del pubblico. Non è quindi una novità esporre qualche suo materiale originale o riprodotto. L’azzardo che si è realizzato, come ha affermato Pietro Folena, è piuttosto offrire «un percorso nella produzione di serigrafie e di opere uniche dell’artista, che conduce ad alcuni dei suoi affreschi più importanti, non distaccati dalle pareti – come è stato per gli affreschi classici – ma comprensivi dei muri stessi, oggetto della poetica pubblica di Banksy e di altri protagonisti della Street Art.».
Una mostra speciale per Banksy
Si tratta dunque di una mostra speciale, di nuova concezione, che dà la possibilità di vedere da vicino tre dei “muri” dipinti da Banksy, trattandoli come reperti archeologici, così afferma de Gregori, alla stregua di quanto è stato fatto a Berlino per l’Altare di Pergamo, entrato a pieno titolo nel percorso del museo. Gli organizzatori sono consapevoli delle discussioni che sorgeranno attorno alla scelta di musealizzare opere che sono nate sulla strada, concepite per essere degradate dagli agenti atmosferici e/o mutilate e modificate da altri interventi di Street art o addirittura cancellate.
Tuttavia molte delle opere di Banksy create su proprietà private, una volta che l’artista ha raggiunto la notorietà, doveva aver previsto che il proprietario avrebbe potuto venderle a gallerie o musei, in questo modo però rendendole di nuovo fruibili a tutti. Cosa che è accaduta in diversi casi, mettendo in atto un vero e proprio paradosso: l’aspetto commerciale ha coinvolto un artista che della gratuità aveva fatto la sua cifra. Un artista che si rivela spesso contraddittorio e attorno al quale il mercato dell’arte ha creato una sorta di processo di “deificazione” facendolo diventare oggetto di culto e quindi alimentando e accrescendo il valore delle sue opere. Un artista riconosciuto dal jet set, che si è dotato di un ufficio stampa e di un team che si occupa delle serigrafie, per esempio.
Banksy non solo uno street artist
È un vero paradosso infatti considerare Banksy un duro e puro street artist underground, senza tenere conto che la sua opera ormai è parte di quell’art system di cui si prende gioco da sempre (ricordiamo, ad esempio, i suoi blitz nei musei nei primi anni 2000 o l’asta da Sotheby’s del 2018). Per riprendere le parole della curatrice, Sabina de Gregori, «più che una mostra su Banksy, questa vuole essere una mostra su tutto quello che gira attorno alle sue opere», a partire dai processi di sacralizzazione che si verificano ogni volta che compare un suo nuovo lavoro.
Un artista ormai a suo modo inserito nel mercato che però non smette di spendersi per cause sociali e civili finanziando molte attività benefiche e continuando a prendere posizione, come ad esempio nel caso dell’invasione russa dell’Ucraina. Nell’autunno 2022 si recò infatti nei territori di guerra e dipinse sette muri nelle regioni più colpite dai bombardamenti. Le Poste di Kiev scelsero una di queste opere per un francobollo commemorativo per il primo anniversario del conflitto, che viene qui esposto.
Oltre 70 opere di Banksy in esposizione
Oltre settanta le opere presenti in mostra, al centro della quale si stagliano i tre muri originali, dipinti da Banksy nel 2009, nel 2010 e nel 2018 e provenienti da collezioni private, che hanno come protagonisti tre adolescenti, rappresentanti di una nuova generazione che sembra essere particolarmente sensibile alle tematiche intorno alle quali gravitano gli interessi dell’artista inglese.
Icona e logo dell’esposizione è Season’s Greetings, muralesesposto a piano terra del museo, apparso nel 2018 Port Talbot, in Galles, nominata in quell’anno dall’OMS la città più inquinata del Regno Unito. Un bambino con le braccia spalancate e la lingua tesa fuori dalla bocca cattura i fiocchi di neve che cadono dal cielo. Fiocchi che però, girando l’angolo del muro, si rivelano essere cenere che si sprigiona da un bidone dell’immondizia in fiamme.
I muri Heart Boy e Robot/Computer Boy esposti al terzo piano, poi, completano, insieme agli altri pezzi unici esposti, il panorama artistico di una mostra che vuole far riflettere sull’immediato paradosso di cui si diceva: il processo di sacralizzazione dell’arte pubblica, che da oggetto di fruizione democratica viene estraniata dal suo contesto, esposta alle mire del mercato e infine musealizzata tornando al pubblico in un circolo perfetto (virtuoso o vizioso?). È così che le contraddizioni raffigurate dalle opere di Banksy con lo stile satirico e di denuncia distintivo dell’artista, diventano esse stesse oggetto di una contraddizione ancora più marcata, che la rottura del rapporto dialogico tra street art e tessuto urbano produce. La street art così com’è nata, quindi, è morta e ad ucciderla è stato Banksy, come ha affermato la curatrice, Sabina de Gregori. Attualmente è più corretto infatti chiamarla urban art.
Il Painting Walls di Bansky
Il dialogo tra opera e contesto, inoltre, assume un ulteriore significato con la mostra in funzione del tempo e dello spazio di esposizione: Banksy. Painting Walls, infatti, arriva in M9 a cinque anni dalla realizzazione dell’opera Migrant Child a Venezia. Il murales di Dorsoduro, di cui recentemente annunciato il processo di restauro finanziato da Banca Ifis, main sponsor dell’esposizione, sarà dunque interlocutore diretto di una mostra che si propone come un vero ponte tra laguna e terraferma: l’invito è quello di spostarsi tra i due luoghi, con visite guidate e pedalate urbane che stimolino la discussione sul ruolo del patrimonio nelle città.
Per Bansky anche le copertine dei Cd
Nella settantina di opere presenti nel percorso espositivo si trovano i CD che hanno utilizzato per la grafica copertina opere di Banksy, le serie dei “ratti”, le incursioni “Peckhm Rock” che videro l’artista entrare, negli anni 200-2005, nelle più grandi istituzioni museali del mondo. Alla Tate Gallery di Londra appese di nascosto un paesaggio di campagna coperto da un nastro della polizia. Al Louvre le telecamere lo ripresero mentre attaccava un ritratto della Gioconda con uno smile al posto del viso. Altre provocazioni attuate al MoMa, al Metropolitan Museum e altri musei newyorkesi e ancora al Britsh Museum, di nuovo a Londra.
Il pubblico in visita alla mostra anche invitato a interagire, divertendosi, con l’opera di Banksy esponendo due gigantografie di Love is in the air, conosciuta anche con i titolo di Flower Thrower, e Baloon Girl. Le figure in essi rappresentate sono tratteggiate in modo che chi lo desidera possa immortalarsi in una foto diventando protagonista.
Questa mostra di Bansky è anche un’occasione per proporre l’opera di diversi altri artisti
L’idea degli organizzatori è infatti quella di affiancare a una mostra unhautorized dedicata a Banksy, una retrospettiva sugli street artist e i writers italiani, allestita nel corridoio del secondo piano del museo, intitolata “Dialoghi urbani”. Una ventina di artisti operativi dagli anni ’90 ad oggi: Ezos, KayOne, Smoke One, La.Fe.De., Cizerocentodieci (C0110), Evyrein, Sambuco, Mike 128, Slog175, Mister Clay, Jah, SteReal, Tony Gallo, Sqon, Skaione, Seneca, Pocket Clouds, Zor.
Pionieri e protagonisti dell’arte urbana italiana, che hanno fatto sperimentazione su linguaggi propri, indipendenti dall’influenza dell’artista inglese, e anzi in parallelo e in autonomia dalle vicende d’oltremanica. Graffiti, murales, dipinti e opere su varie superfici, esprimono la complessità dell’esistenza, le contraddizioni umane e la potenza trasformativa dell’arte. Negli spazi esterni del Museo, inoltre, saranno creati una serie di live painting. Per dodici sabati, un artista trasformerà il muro di M9 (via Pascoli 9), in un’opera unica e effimera. Ogni settimana un nuovo artista ricoprirà l’opera della settimana precedente cambiando pelle alla stessa superficie.
A corollario della mostra sono previsti inoltre altri eventi collaterali: laboratori per bambini, talk e conferenze, mostre satelliti, pedalate urbane e visite guidate dedicati a pubblici di tutte le età.