Dal 14 febbraio Bernardino Mason, di Pax Christi, 66 anni, e Carlo Giacomini, dell’Ecoistituto del Veneto Alex Langer, 64 anni, hanno scelto di digiunare a sostegno della Pace e si possono incontrare nella sede della Parrocchia della Resurrezione a Marghera, in via Palladio 2. Intorno a loro si è attivata una rete di oltre 150 pacifisti che partecipano a varie attività di sensibilizzazione e sono ben una cinquantina le persone che si alternano in digiuni che vanno da uno a tre giorni.
“Con il digiuno concentriamo tutte le nostre energie per perseguire la PACE: per la nostra fede cristiana e per tutte le fedi religiose, siamo tutte e tutti sorelle e fratelli, figli dell’unico Padre, e per tutte le fedi il digiuno è il modo più profondo e coinvolgente di alzare la propria preghiera per la PACE su tutta la terra – spiegano Bernardino e Carlo. – Praticare il digiuno inoltre ci permette di catalizzare l’opinione pubblica sulla tragedia in corso in Medioriente, rendendo manifesto, con un atto pubblico e politico di denuncia, le atrocità e le ingiustizie prodotte da ogni guerra, nonché ci offre l’occasione di promuovere concreta solidarietà a coloro che ne sono colpiti”.
Il digiuno come forma di lotta Gandhiana per la pace o come prassi della più antica tradizione spirituale. Quali sono i diversi significati del digiuno?
“Ghandhi praticava il digiuno come preghiera e nella meditazione con costanza. Lo riteneva indispensabile per raggiungere la consapevolezza di sé e per parlare con la propria anima. Ghandi pensava però che il digiuno, come lotta politica fosse da attuarsi solo in rarissimi casi e non come forma di costrizione del nemico, ma come forma di dialogo nei confronti dei compagni di strada che sbagliano. Il digiuno ha quindi molte valenze e viene utilizzato in varie forme, pensiamo allo sciopero della fame praticato – dai Palestinesi nelle carcere israeliane, dai Curdi nelle carceri turche o dai Nordirlandesi nelle carceri del Regno Unito- e volto a rendere evidente l’ingiustizia e l’oppressione e per protestare contro le pesanti condizioni carcerarie. Scioperi della fame che spesso hanno portato al decesso chi li praticava”.
Perché un digiuno per la Pace? Quali motivazioni vi hanno spinto a iniziare questo percorso?
“Noi abbiamo avviato un digiuno per attivare discussione e coscienza pubblica di fronte ad una strage annunciata nella striscia di Gaza, digiuniamo per mettere a disposizione, nella nostra semplicità, la nostra intera persona nella sua integralità anche fisica, sperimentando che non siamo impotenti; per sentirci vicini a tutte le vittime, anche indirette, in questa ed altre guerre. Il digiuno è l’unico strumento che noi possediamo per agire un gesto forte che, di fronte a questa condizione drammatica, ci stimoli con reciprocità a riflettere, a farci domande, a cercare la verità, cercando di controbilanciare la eccessiva informazione squilibrata.
In cosa consiste il digiuno? Quali sono i rischi? E’ prevista una durata massima oltre la quale non è sostenibile?
Noi abbiamo scelto la forma del digiuno di tipo “Pannelliano”, cioè con una piccola colazione al mattino, bevande ricche di sali minerali e con un po’ di zucchero durante il giorno ed un succo di frutta alla sera. Questo perché ci permette di essere attivi durante la giornata, di continuare con il lavoro, oltre che impegnarci per costruire un coinvolgimento collettivo in questa pratica. Siamo partiti il 14 febbraio, data di inizio Quaresima e l’abbiamo fatto sapere alla rete delle associazioni per la pace per costruire assieme il comunicato.
Da Sabato 17 febbraio, abbiamo resa pubblica la nostra scelta, costruendo una rete di digiunanti che si sta allargando a macchia d’olio. Abbiamo dichiarato che il digiuno continuerà finché sarà necessario e abbiamo intenzione perseguire questo obiettivo, senza però mettere a rischio la nostra vita. Naturalmente se dovesse intervenire un cessate il fuoco, saremmo ben lieti di sospendere. Oppure ovviamente, potremmo interrompere, se intervenissero valutazioni mediche. Nel frattempo siamo controllati e monitorati dai nostri rispettivi medici di riferimento. Se non intervengono cambiamenti, ci siamo dati l’obiettivo di arrivare fino a Pasqua e, al quel punto fare una valutazione con tutte le persone che ci seguono in questo digiuno”.
Ci sono altre iniziative di digiuno per la Pace in Italia?
“Sappiamo che ci sono altre tre gruppi in Italia che stanno praticando il digiuno per la Pace, ma con cui non abbiamo ancora stabilito contatti. Si tratta del centro Pace di Rovereto, del coordinamento dell’Arca di Andria e di un gruppo di Bergamo”.
Nel veneziano quante persone sono coinvolte dalla vostra rete?
“Appena resa pubblica l’iniziativa abbiamo attivato una chat di contatto e discussione che vede 180 iscritti e nei prossimi giorni ci doteremo di ulteriori strumenti per poter comunicare con un pubblico più ampio. Tra gli aderenti abbiamo attivato un questionario (https://docs.google.com/forms/d/e/1FAIpQLSdN9F2uEk8kiCkHhVHhHw4TZOLNDbm4QoTHGDoj28AckleV5Q/viewform) per conoscere chi fosse interessato a condividere con noi questa pratica e, al 23 febbraio, erano 51 le persone coinvolte dal digiuno insieme a noi, chi per uno, due , tre giorni. Ogni giorno quindi ci sono digiunatori che ci accompagnano nella pratica con dei picchi di partecipazione al venerdì: il 23 febbraio, i digiunatori sono stati 15, oltre a noi due”.
Come si vive la propria quotidianità praticando un digiuno prolungato per la pace?
“Ognuno di noi è una persona diversa e quindi anche le nostre reazioni sono diverse. I giorni critici sono stati i primi, il primo giorno perché il ritmo biologico ci manda lo stimolo della fame, il secondo perché bisogna pensare di non mangiare, le abitudini ci portano a fare questo. Dal terzo giorno le cose si fanno più semplici, si entra nell’abitudine di questa nuova pratica alimentare, lo stimolo dell’appetito non c’è quasi più quindi si entra nella fase del controllo razionale del cibo, prestando attenzione a cosa si assume come colazione, a stare attenti nell’assumere una quantità sufficienti di liquidi e che soprattutto questi liquidi siano zuccherati e con sali minerali. Dopo una decina di giorni siamo ancora all’interno di una discreta normalità”.
Qual è la vostra visione dell’attuale guerra Hamas-Israele?
“E’ difficile rispondere in poche righe ad un problema complesso come l’attuale guerra, è una guerra che ha radici lontane, che si è acuita in questa fase ed è sfuggita di mano a tutti gli attori. E’ indubbio che quanto fatto da Hamas il 7 ottobre è di una tragicità e di una crudezza per cui sarebbe stato difficile immaginare che il governo di Israele sarebbe stato fermo, ma quello che sta avvenendo ora a Gaza ed in Cisgiordania va ben oltre il concetto di legittima difesa, si sta compiendo una strage e la scelta dell’esercito di intervenire a Rafah, dove vive ora un milione e mezzo di palestinesi, comporterebbe una catastrofe di dimensioni tali da travalicare l’azione solo per legittima difesa.
L’obiettivo dichiarato di Israele è quello di distruggere Hamas, ma le domande che ci poniamo sono: sarà veramente più sicuro Israele dopo questa immane tragedia o invece avrà contribuito a creare altre dieci o cento organizzazioni come Hamas che si esprimeranno in forme diverse? Come non pensare che chi ha subito una tale violenza, ha perso i propri cari, non covi odio, non abbia desiderio di rivalsa?”
Voi pensate che la strategia adottata da Israele sia controproducente per la stessa sicurezza dello stato ebraico?
“Che questa strategia di aggressione totale alla Striscia di Gaza non funzioni nemmeno come difesa è comprovato dal risultato oggettivo che oggi Israele è più assediato, minacciato, attaccato su tutti i suoi confini (Libano, Siria, Cisgiordania e Mar Rosso) di quanto non fosse l’8 ottobre.
Le fazioni più estreme, sia in Israele che in Palestina, si alimentano a vicenda con la differenza però che il potere economico e militare dei primi è tale da poter distruggere ed annientare il popolo palestinese. Le fazioni estremiste israeliane si stanno muovendo per la piena espulsione dei palestinesi dalla loro terra, condizionando l’intera politica israeliana. Il ‘cessate il fuoco’ potrà esserci solo se l’intera comunità internazionale agirà le giuste pressioni perché questo avvenga”.
Chi può dare un contributo decisivo al ‘cessate il fuoco’? E come si costruisce un percorso che avvii alla fine della guerra per la Pace?
“Se si raggiunge il ‘cessate il fuoco’, si sarà messo lo stop ad una strage, ma non ci sarà la fine della guerra. Le tensioni rimarranno tutte sul terreno e saranno pronte a riesplodere alla prima scintilla. Vi è però una parte significativa, sia della popolazione palestinese che di quella israeliana (seppur minoritaria), che si muove per il dialogo e la convivenza e queste sono le forze che noi dobbiamo incontrare, valorizzare, a cui dobbiamo dare supporto, per il ripristino dei diritti umani elementari. Una convivenza che passi attraverso il riconoscimento reciproco in tutti i territori”.
Voi vi rifate ad una visione cristiana in cui al centro vi sono la fede in un unico Dio e la visione per la Pace come valore fondamentale, quanto contano per voi testimonianza e preghiera?
“La dimensione spirituale è comune a tutte le religioni e anche a molte sensibilità laiche. Sublimando gli aspetti della quotidianità concreta, un approccio di tipo spirituale permette di contemplare le prospettive più profonde dell’umanità, sostenendo tutte le speranze di un mondo migliore e di uno sviluppo integrale di tutti e per tutti. Ciascuno nel suo piccolo riconosce e contempla le cose grandi attraverso le diverse culture e fedi.
I pensieri all’interno delle fedi sono articolati e non omologabili in un unicum. Ebraismo, Islamismo e cristianesimo sono molto articolati al loro interno e vi sono persone aperte al dialogo e altre che si trincerano dietro una semplificazione del proprio credo per agire un conflitto che spesso ha altre ragioni. Per tutte le fedi il digiuno è il modo più profondo e coinvolgente di alzare la propria preghiera per la PACE su tutta la terra e noi, come cristiani, ma anche come appartenenti all’umanità, ci sentiamo chiamati alla testimonianza”.
Noi comuni cittadini come possiamo impegnarci concretamente per la Pace? Come possiamo superare il senso di impotenza di fronte a tali tragedie?
“E’ anche per superare questo senso di impotenza che abbiamo deciso di attivare questo digiuno e molte persone vi si sono riconosciute ed hanno trovato in questa pratica una possibilità. Ci siamo dati degli obiettivi su cui, attraverso il digiuno, vogliamo richiamare l’attenzione pubblica in modo che, chi ne abbia la competenza agisca in questa direzione, come testimoniamo nell’Appello pubblico che abbiamo riassunto nelle risposte precedenti. Con questa quotidiana e concreta scelta di testimonianza andremo a incontrare e a proporre l’impegno sui temi dell’Appello nelle pubbliche piazze e all’interno di incontri con gli amministratori, che cercheremo di sensibilizzare con la nostra testimonianza”.
Il movimento pacifista come si sta organizzando? Come è possibile sostenervi?
“Il movimento non ha mai smesso di praticare la Pace, di studiare e di proporre l’agire nonviolento, anche nella risoluzione delle controversie internazionali. Invece di investire in armi è necessario investire nella preparazione dei corpi civili di pace e nella preparazione e addestramento alla difesa popolare nonviolenta. In questi giorni in tutte le città d’Italia si sta manifestando per la Pace, mentre per contro il Parlamento sta modificando legge 185/90 sul commercio delle armi, rendendolo meno trasparente e si sta investendo su nuovi sistemi d’arma, anziché preparare la Pace.
Saremo reperibili, per tutto il tempo del digiuno, nella sede della Parrocchia della Resurrezione a Marghera, in via Palladio 2, disponibili per chiunque voglia dialogare, sostenerci, aggiungersi per un giorno, per una settimana… (Per contatti: mail: digiunoperlapacevenezia@gmail.com
tel. +393286338340 – +393807094431)”.
Bellissimo articolo. Grazie Nicoletta!
Un articolo che spiega bene l’iniziativa. Grazie Nicoletta per la chiarezza.