L’accordo sul grano tra Russia e Ucraina garantiva la possibilità, per i mercantili, di attraversare il Mar Nero: oggi, non è più così, perché la Russia si è rifiutata di estendere l’accordo del grano con l’Ucraina. L’iniziativa, avviata il 21 luglio 2022, garantiva alle navi cariche di cereali ucraini di poter salpare dai porti del paese affacciati sul mar Nero e raggiungere diversi paesi a basso reddito, la cui sicurezza alimentare dipende proprio da queste esportazioni. Ma tra i primi importatori si trovano anche altri stati, dove la mancanza di queste scorte rischia di comportare un nuovo aumento dei prezzi.
Perché l’accordo sul grano

L’iniziativa è cessata il 18 Luglio scorso, il che significa nessuna garanzia per la navigazione dei mercantili, la fine del corridoio umanitario marittimo e la cessazione delle attività del Centro di coordinamento congiunto a Istanbul, istituito per monitorare l’attuazione dell’accordo; quindi, il mar Nero nordoccidentale torna a essere un’area pericolosa per la navigazione.
Partendo dal dato certo che circa l’80% del grano distribuito nel mondo dal World food Programme nel 2023 proveniva dall’Ucraina, equivalente a circa 725 mila tonnellate distribuite tra Afghanistan, Sudan, Djibouti, Etiopia, Kenya, Somalia e Yemen, è facile immaginare quali possano essere le conseguenze di questa scelta scellerata.
A questo punto, visto la crisi esistente, l’Ue potrebbe rivedere le limitazioni sugli OGM (Organismi Geneticamente Modificati).
La Russia rifiuta di rinnovare l’accordo sul grano

Le Nazioni Unite hanno concesso alla Russia, in cambio di navigazioni sicure delle navi cariche di cereali, di poter continuare a esportare cibo e fertilizzanti, convincendo gli stati occidentali a non imporre sanzioni contro questi prodotti. Ma, evidentemente, a Mosca non è bastato. Così, il Cremlino ha prima accusato l’occidente di non aver rispettato questa parte di accordo (bugia!!!) e di non aver distribuito i cereali ucraini nei paesi a basso reddito, e ha poi preteso la riapertura delle esportazioni di ammoniaca e la riammissione del suo sistema bancario nel circuito di pagamenti internazionali Swift: collegamento sospeso fin dall’inizio dell’invasione per impedire che i commerci internazionali russi potessero finanziare l’invasione dell’Ucraina.
Lo scenario futuro

Mosca sta usando la crisi alimentare di mezzo mondo e le vite delle persone in pericolo di fame e carestie per ricattare l’occidente e proseguire nell’invasione dell’Ucraina; e questo è un fatto! La conseguenza primaria è che circa 33 milioni di tonnellate di prodotti agricoli compreso il grano tenero, dovranno essere spostati via terra, determinando un aumento del 20% dei prezzi dei cereali. In particolare, il 65% del grano tenero partito dall’Ucraina fino a oggi è stato inviato in paesi in via di sviluppo, di cui 7 con seri problemi di sicurezza alimentare. Tra questi, in ordine di quantità, si trova il Bangladesh, con 1,1 milioni di tonnellate, l’Egitto, con 418 mila, l’Indonesia, con 391 mila, il Kenya, con 385 mila, l’Etiopia, con 263 mila, lo Yemen, con 260 mila, e la Tunisia, con 222 mila.

Ma non è la prima volta che la Russia usa la fame come arma, lo testimoniano i milioni di ucraini morti durante l’Holodomor, la carestia provocata dal governo dell’Unione sovietica in Ucraina dal 1932 al 1933 e raccontata al mondo dal giornalista gallese Gareth Jones.
Pensiamo che, solo nel 2022, in Italia sono arrivate 2,1 milioni di tonnellate di prodotti dall’Ucraina, di cui il 65,7% è mais, il 21,1% è grano e il restante 5% è olio di girasole: numeri consistenti, che provocano (anche se non solo loro!), un rialzo dei prezzi dei generi alimentari.
Grano e crisi alimentare

Il pane in Centrafrica è un lusso riservato agli occidentali: la gente comune è troppo povera per mangiarlo. La guerra in Ucraina, con tutto ciò che comporta, peggiorerà le condizioni dei già poveri e, a rimetterci, sarà soprattutto il Nord del continente africano – Egitto, Algeria, Tunisia in primis – e il misero Corno d’Africa, con il Sudan e la Somalia che soffrono già terribilmente per guerre e siccità
Ma l’ipocrisia dello “Zar di tutte le Russie” non finisce qui: un’elargizione gratuita di 50mila tonnellate di grano, dirette in sei Paesi africani “amici” (Burkina Faso, Zimbabwe, Mali, Somalia, Repubblica Centrafricana ed Eritrea), è l’annuncio per l’Africa, anche se restano fuori da questa “elargizione” molti Paesi del Nord Africa e del Corno d’Africa.
In Repubblica Centrafricana un filone di pane è un lusso: pochissime persone, nella capitale Bangui, possono permetterselo. Il pane è per gli occidentali, perché la gente comune è troppo povera per mangiarlo e le abitudini alimentari sono completamente diverse, tanto che la manioca, mescolata con la farina di frumento, è la base dell’alimentazione africana.
La crisi tocca anche l’Africa

L’Africa è il grande perdente di questa crisi, ovviamente: “Quando vai al mercato e vedi i prezzi raddoppiati, non solo quelli della farina, allora cominci a piangere…”, confida fratel Riccardo Racca, missionario in Sierra Leone. “Sì, anche qui la crisi del grano si fa sentire, soprattutto sui prezzi della farina: un sacco da 50 kg è passato in meno di tre mesi da 30 a 60 Euro; e considerate che 60 Euro corrisponde ad un salario medio mensile”.
“Per ridurre la dipendenza dal grano importato, alcuni paesi africani hanno deciso di coltivarne di più ed essere meno dipendenti dalle importazioni”, dice ancora padre Jorge.

“Non so cosa succederà con la sospensione della Black Sea Grain Initiative (Iniziativa per i Cereali del Mar nero) e non so se la Russia da sola sostituirà l’Ucraina nell’export di grano”, dice Fra’ Ettore Marangi, missionario a Nairobi “so, però, che sta succedendo qualcosa di gravissimo in Kenya: la moneta è in caduta libera e ci sono continue manifestazioni di protesta: l’inflazione del mondo occidentale sta colpendo l’Africa”.
“L’accordo sul grano può e deve continuare a funzionare, anche senza la Russia”, ha dichiarato il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, precisando che ne parlerà con il segretario generale delle Nazioni Unite e con il presidente turco Erdogan. “La posizione dell’Ucraina è sempre stata e sarà la più chiara possibile: nessuno ha il diritto di distruggere la sicurezza alimentare di alcuna nazione”.
E con questo, passo e chiudo!