Le famiglie talvolta sono molto diverse da quelle della pubblicità. Sono ambienti difficili, duri, che non facilitano, o rendono impossibile, lo sviluppo armonico della persona. Succede così che una ragazzina possa trovarsi immersa in situazioni pesanti che intrecciano violenza o trascuratezza, povertà di strumenti o disagio psichico, fatica nel tutelare e contenere o eccessiva chiusura e controllo. In base alla segnalazione dei Servizi Sociali, il Tribunale può decretare l’allontanamento del minore dalla propria famiglia di origine e l’invio ad una Comunità di accoglienza. Istituzioni Pubbliche di Assistenza Veneziane ha edito un libro “Galassia adolescenti”, in cui gli educatori Cristiano Dorigo e Chiara Zecchin insieme a Roberta Ruggeri, Responsabile Servizio Minori e Giovani Adulti, hanno curato una raccolta di contributi di educatori e ospiti delle strutture, raccontando il loro impegno quotidiano nel sostenere le ragazze minorenni, ospiti nelle Comunità e alloggi di sgancio.
“Galassia adolescenti” racconta le storie di vita delle ragazze ospiti della comunità Pompeati. Di cosa sono fatte le storie di queste ragazze?


“Ogni storia può assomigliare ad altre storie già viste, eppure, sempre, ciascuna è, e ha, una biografia che è solo sua, così come le tare familiari, le risorse personali, le difficoltà e le potenzialità. Le ragazze a volte faticano ad affidarsi a noi se sentono che così potrebbero tradire la propria famiglia, la quale a volte non ha un buon rapporto con i Servizi Sociali. Non è facile per una persona che ha avuto figure di riferimento adulte in difficoltà, ricominciare a fidarsi, e magari creare un’alleanza che la aiuti a ridefinire i rapporti con “casa”. In entrambi i casi, sin da subito, noi proponiamo un rapporto basato sulla coerenza, e sulla trasparenza. Educare, infatti, oggi come ieri, significa permettere alle nostre ragazze di sviluppare il proprio potenziale, fornendo loro strumenti e spazi per capirsi, elaborarsi, confrontarsi”.
Come si sviluppano i percorsi di crescita per ragazze che provengono da situazioni familiari complesse e delicate?


“Quando accogliamo una ragazza cerchiamo di farlo nel migliore dei modi, sospendendo ogni giudizio che non sia fondato sull’osservazione del qui e ora, ben sapendo che ogni singola persona comprende in se stessa ferite, dubbi e sentimenti ingarbugliati, sia rispetto all’ambiente d’origine, sia nei nostri confronti. L’obiettivo primario è la conquista della fiducia reciproca. In un certo senso accogliamo anche i familiari delle nostre ospiti e, quando il percorso si fa insieme, di solito ha una riuscita migliore”.
Possiamo descrivere gli obiettivi delle comunità di IPAV destinate a ospitare queste ragazze?


“Nella comunità Pompeati, rivolta alle ragazze minorenni, gli obiettivi sono sostenere le giovani ospiti nella loro crescita, seguendo tappe di socializzazione, scolarizzazione, sviluppo psichico legati alle diverse fasce di età, che va dai 12 e ai 18 anni, con esigenze quindi molto diverse. Poi ci sono le strutture per neo maggiorenni, in cui gli obiettivi sono condivisi fra tutti gli attori del progetto: la ragazza, i Servizi Sociali, l’équipe di IPAV. Sono sempre percorsi individuali, dipendono da quello che ciascuna di loro vorrebbe realizzare, come ad esempio la conclusione del percorso scolastico, la ricerca di un lavoro e il conseguente risparmio al fine di trovare una soluzione abitativa in piena autonomia. Ciò che accomuna tutti i progetti è accompagnare il percorso di piena autonomia della ragazza”.
Un capitoletto del libro è dedicato ai conflitti della comunità delle ragazze: quanto possono diventare distruttivi e quanto invece possono essere trasformati in opportunità di rinascita?


“L’adolescenza è per definizione l’età del conflitto: difficile incontrare giovani che non ne vivano o che sappiano come risolverli. Questo è il periodo in cui nelle ragazze convivono con la bambina che erano e con l’adulta che saranno, con il risultato di un presente confuso e incerto. Se questo vale per tutti, a maggior ragione vale e si amplifica se la giovane si trova sradicata dal proprio nucleo familiare per iniziare a vivere in un contesto come quello della Comunità.
I conflitti diventano necessari e utili, se servono a smuovere una situazione di disagio stagnante, tenendo conto che potrebbero diventare agiti devianti, invece, se non mostrati e affrontati. I conflitti quindi sono faticosi, ma quando emerge con sincerità un nodo da sciogliere, un nervo scoperto, su cui occorre ragionare, è proprio grazie a queste opportunità, che si può giungere, se non a una soluzione, al riconoscimento di un problema e alla necessità di affrontarlo”.
Quali consigli potete dare a educatori e genitori per la gestione efficace dei conflitti tipici dell’adolescenza della comunità delle ragazze?


“Il primo strumento è la conoscenza, sapere che il proprio figlio non è l’unico a manifestare disagio, insofferenza, paura, esprimendo aggressività nei confronti degli altri o verso se stesso.
E quindi occorre non avere eccessiva paura dei conflitti, accogliendoli come passaggi per fare un passo avanti. Attraverso il conflitto l’adolescente scopre e crea la sua identità. Occorre quindi prestare ascolto, sapere che sono una normale tappa e capire cosa significano. Insomma: pazienza, attenzione, accoglienza. E soprattutto esserci a prescindere, senza però invadere gli spazi che i giovani vogliono mantenere per se stessi”.
Cosa significa diventare adulte per la comunità delle ragazze vostre ospiti?
“Per le nostre ragazze diventare adulte significa, da un giorno all’altro, passare da uno status di minorenne a quello di adulto, sancito dal Codice Civile, e in tal senso avere Diritti e Doveri come tutti, senza aver avuto l’agio, il modo, il tempo, di metabolizzare il passaggio. Ergo: un cataclisma esistenziale da digerire in fretta, dandosi da fare. Qualsiasi ragazzo descriverebbe il passaggio in modo indolore, quasi non accorgendosi, se non a livello simbolico: finalmente può farsi la patente.
Le nostre ragazze invece devono affrontare anche la pratica: entrare in un appartamento con altre giovani, imparare a gestire i soldi, farsi la spesa, prepararsi i pasti, lavare, pulire, stirare… Poi devono anche aprire un conto corrente, sapere cos’è un Caf, un Isee, prenotarsi le visite mediche, fare la dichiarazione dei redditi. Giorno dopo giorno, con il passare dei mesi, acquisiscono saperi che consentiranno loro di potersela cavare in futuro, riuscendo ad affrontare le rogne della vita di tutti i giorni. Dopo un po’, tutte queste fatiche, diventeranno consapevolezze, aumenteranno l’autostima, rafforzeranno il riconoscimento di se stesse come persone capaci e in grado di dare e ricevere amore.
Le nostre ragazze non hanno qualcuno che fa tutto questo al posto loro e devono, gioco forza, imparare che essere adulte è anche questo: è assumersi responsabilità, diventare protagoniste della loro vita. La libertà in fondo, è anche una forma di disciplina”.
Quali sono le dinamiche prettamente femminili che caratterizzano la crescita di queste ragazze? C’è un modo specifico di essere adolescenti – donne?
“Ci impegniamo al massimo per cercare di renderle consapevoli del rispetto che meritano e del valore che hanno e che. spesso ancora, non si riconoscono. La ricerca di affetto e conferme è spesso frettolosa e brusca. Spesso si accontentano di briciole, pensando di non meritare di meglio e per la paura di rischiare di perdere il poco che almeno pensano di avere. Molte di loro, purtroppo per esperienza, sanno già di essere vulnerabili e potenziali prede.
Le accompagniamo in una conoscenza e cura del proprio corpo, con visite mediche e suggerendo un’alimentazione, uno stile di vita sano e un abbigliamento adatto a ciascuna. Anche il confronto tra loro è molto arricchente. Si interrogano sulla loro identità sessuale, osservano i modelli genitoriali, ipotizzano alternative, le loro storie d’amore sono entusiasmanti, ma a volte superficiali.Le incoraggiamo all’indipendenza economica, a perseguire un percorso di empowerment verso la scuola o il lavoro giusto per loro e che a loro piace”.
Ad un certo punto i talenti riescono a sbocciare?
“Spesso serve offrire loro parole nuove e il tempo necessario per comprendere se stesse e immaginarsi in modo nuovo. Accettare il proprio passato è un passaggio fondamentale, e lo è altrettanto imparare a conoscersi con l’aiuto di una psicologa, aprirsi al mondo e all’altro, accettando che ci possano essere opportunità e non soltanto rischi e pericoli. Facciamo il possibile per offrire loro conferme positive del loro esistere, ne sono assetate e lo meritano”.
E poi ad un certo punto di spicca il volo… La comunità delle ragazze Maddalena per giovani donne è un modello innovativo nel panorama dei servizi sociali?


“Il Gruppo Appartamento Maddalena rappresenta certamente una rarità nel panorama dei servizi sociali. Finché si tratta di minori, la legge prescrive l’obbligatorietà, da parte degli enti locali di garantire a ciascun bambino-ragazzo di poter crescere in un ambiente che gli consenta di sviluppare in pieno le proprie potenzialità. Spesso, le nostre ragazze, quella possibilità non l’hanno avuta, per questo sono state inviate alla comunità Pompeati.
Ma una volta divenute maggiorenni, tutto il lavoro fatto – dalla ragazza su se stessa, e da noi operatori per la sua evoluzione – rischia di venir vanificato con il rientro nel nucleo familiare, da cui la ragazza era uscita. In special modo per le famiglie in difficoltà, certi meccanismi sono difficili da modificare, e se a causa di questi è stato necessario uscirne, meglio provare un’alternativa: noi offriamo questa possibilità. Per entrare nella comunità Maddalena bisogna volerlo, avere un progetto da portare a termine, avere la voglia e il coraggio di provarci. Noi accompagniamo le ragazze affinché gli obiettivi che si erano prefissate, siano raggiunti – quando va bene -, ridimensionati e riformulati – che va altrettanto bene”.
Grazie Nicoletta per aver fatto emergere il senso profondo del servizio che viene offerto ma sopratutto del grande dono che si riceve da queste ragazze e ragazzi.
GRAZIE per tutto l’aiuto che ci avete dato.