11 luglio 1982, è una data storica per il mondo del calcio italiano ma diciamo la verità è una data storica e ben impressa nella memoria di tutti gli italiani appassionati e non di calcio. L’Italia con la maglietta azzurra diventa campione del mondo in Spagna dopo ben quarantaquattro anni dal secondo titolo conquistato nel 1938 dalla nazionale guidata allora da Vittorio Pozzo che fece il bis del 1934. Ecco l’Italia del 1982 appartiene a trecentosessanta gradi all’epoca contemporanea e lo sa bene Enzo Bearzot, che porta in Spagna ventidue giocatori dotati di gran polmoni oltre a due o tre dotati anche di classe e tecnica da vendere. Era l’Italia del presidente con la pipa come cantava Toto Cutugno ed era soprattutto l’Italia sorella di quella più forte del 1978 che solo per un paio di goal subiti da fuori area contro l’Olanda non andò in finale anche in quell’edizione che venne poi vinta dall’Argentina.
Quella del 1934/38 era un’altra epoca dettata anche dal periodo fascista quando la nostra nazionale era “costretta” ad entrare in campo facendo il classico saluto con la mano alzata verso il cielo e soprattutto era tutto un altro calcio dove si andava a “due” all’ora anziché sfrecciare su e giù per il rettangolo verde come in epoca contemporanea.
Prima del presidente con la pipa
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Per inciso l’Argentina vinse il titolo proprio contro l’Olanda per 3 a 1 durante una finale vissuta in un’atmosfera surreale dove tutto il gotha militare argentino era schierato in tribuna e da lontano si potevano sentivano le urla dei desaparecidos torturati nei famigerati garage (strepitoso il film “Garage Olimpo”). Ma questa è un’altra storia della quale potremmo parlarne in un altro momento.
Non certo favoriti
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Veniamo alla nostra nazionale del 1982 che non partì sicuramente con i favori del pronostico, visto che almeno sulla carta il grande Brasile forte di campioni celebrati come Zico, Falcao, Junior, Eder, Socrates, Cerezo, Oscar, e l’Argentina campione del mondo in carica e con l’immenso Diego Armando Maradona in squadra sembravano decisamente una spanna sopra. Per non dimenticare la sempre coriacea Germania.
Non solo il presidente con la pipa, ma anche un altro “vecio”
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Però il “vecio” Bearzot mescolando le carte (tra l’altro “vizio” palesato anche nel rientro della squadra quando in aereo giocò a scopone assieme a Zoff, Causio e lo stesso Pertini), convocò Paolino Rossi diventato poi “Pablito” che era fresco reduce dall’assurda vicenda del calcio scommesse e fece una scommessa personale su Giancarlo Antognoni lasciando a casa l’interista Evaristo Beccalossi che in quel periodo era il “dieci” più osannato.
Inizio difficile
Morale alla prima uscita contro la Polonia scendiamo in campo con Zoff, Gentile, Cabrini, Oriali, Collovati, Scirea, Conti, Tardelli, Rossi, Antognoni, Graziani. Non era il “blocco” Juventus del 1978 che in una partita addirittura vide nove giocatori bianconeri ma l’ossatura era quella. Fu una brutta partita dal risultato quasi scontato e finì zero a zero. Visto e considerato che le altre due squadre del girone erano Perù e Camerun forse ci si poteva o doveva accontentare.
Chi l’avrebbe detto?
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Però col Perù arrivò un altro risicato pareggio per uno a uno ottenuto grazie ad un “golasso” come avrebbe detto il brasiliano Josè Altafini di Bruno Conti che trovò dal limite dell’area un siluro all’incrocio dei pali. Terza partita col Camerun dove tutto appariva scontato e si doveva trattare di una passeggiata. Non fu così trovammo per miracolo un altro pareggio grazie ad un colpo di testa di Ciccio Graziani (tra l’altro fortuito) e chiudemmo il girone a tre punti come tutte le altre tre squadre.
Il nostro passaggio avvenne per la classifica avulsa
Una sorta di “miracolo” e Paolo Rossi a quota zero goal, quasi in odore di sostituzione. Su quella partita successivamente scoppiò anche una polemica innescata dal noto giornalista Oliviero Beha (morto nel 2017) che volle portare a galla dei dubbi sulla veridicità del risultato in quanto secondo la sua inchiesta l’Italia pareva aver comprato la partita affidandosi ad un paio di giocatori del Camerun. Anche la telecronaca di Nando Martellini, nel rivederla pareva confermare quella “voci”, visto che il gioco in campo dopo l’1 a 1 sembra non esistere più.
Il “vecio” con la pipa in panchina si ritrova Argentina e Brasile
Polemiche, discussioni, maldicenze, fatto sta che l’Italia di Enzo Bearzot approdò nel “gironcino” dei quarti di finale addirittura con Argentina e Brasile, come dire dalla padella alla brace. La prima è contro l’Argentina e l’Italia scende in campo con lo stesso undici inziale. L’Argentina oltre a Maradona può contare anche su fuoriclasse del tipo di Ardiles (una vita in Inghilterra), Kempes (capocannoniere nel 1978), Passarella, Gallego, Bertoni.
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Il primo tempo finì zero a zero e Gentile ingaggiò un autentico duello rusticano con Maradona. Nei secondi quarantacinque minuti gli azzurri cominciarono a crederci e andarono due volte in goal con Cabrini e Tardelli. Verso il finale Passarella accorciò le distanze dando una flebile speranza di rimonta ai biancocelesti, ma nulla da fare finì con la vittoria azzurra per 2 a 1 e anche l’espulsione di Gallego.
La pipa in panchina realizza il miracolo
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Un successo che in qualche modo fece “respirare” la squadra italiana e portarsi allo scontro con il super Brasile per tentare l’impresa quasi impossibile. E’ il 5 luglio e Bearzot non rinuncia alla solita formazione schierando ancora Paolo Rossi centravanti al fianco di Ciccio Graziani. Ed ecco il primo “miracolo” dopo soli cinque minuti proprio Rossi si sblocca e porta gli azzurri in vantaggio sotto gli occhi increduli di tutti. E’ un vantaggio che dura poco perché dopo soli sette minuti il “dottor” Socrates pareggia i conti con un tocco di destro a pochi passi da Zoff.
Gentile non molla
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La partita comincia a farsi aspra e ne sa qualcosa soprattutto il divino Zico che dovrà fare i conti con il feroce mastino Gentile, attaccato a lui fino al punto di dilaniargli la maglietta. Al venticinquesimo minuto arriva il secondo “miracolo” compiuto ancora da “san” Paolo Rossi, improvvisamente svegliatosi dal torpore. Riceve palla sulla destra e cannoneggia in porta con precisione lui abituato ai goal di rapina. Per lo scarso Valdir Peres nulla da fare e l’Italia va al riposo in vantaggio per 2 a 1. Manca ancora un tempo e il Brasile fa paura anche quando manca un minuto, figuriamoci per un tempo intero.
Il Brasile ci crede ma un’aspirata di pipa dalla panchina illumina Pablito
Purtroppo è così arriva il pareggio grazie ad un gran goal di Paulo Roberto Falcao che per anni ha deliziato i tifosi della Roma vincendo anche lo scudetto del 1983 assieme a Bruno Conti. E’ il minuto sessantotto. L’Italia ci crede ancora e infatti arriva il terzo e definitivo “miracolo” ancora con Paolo Rossi e firma una storica tripletta. 3 a 2 per l’Italia. Bearzot cambia Bergomi per Collovati e Marini per Tardelli. C’è anche lo spazio per un quarto goal italiano ingiustamente annullato ad Antognoni.
Zoff salva tutto
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Il Brasile va avanti a testa bassa e al novantesimo crede di aver acciuffato il pareggio grazie ad una precisa incornata di Oscar, ma il quarantenne Dino Zoff con un riflesso da pantera si accartoccia sulla sfera e salva sulla linea. Fischio finale e l’Italia va in semifinale dove incontrerà nuovamente la Polonia.
Con la Polonia il “vecio” con la pipa in panchina va sul velluto. Anche se ai polacchi mancava Boniek
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A questo punto è quasi una passeggiata in discesa vinciamo due a zero con una doppietta di Paolo Rossi che sale a quota cinque reti al comando della classifica cannonieri. Chi l’avrebbe mai detto!
La finale
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Ed eccoci all’apoteosi dell’11 luglio e sembra un’immagine di ieri tanto è nitida. Gli azzurri vanno in campo privi di Antognoni infortunato, ma Bearzot non immette un altro centrocampista al suo posto bensì schiera il diciottenne Bergomi in difesa e mette Oriali sulle “caviglie” di Stielike. I tedeschi sono imbrigliati e l’Italia ha subito l’occasione per portarsi in vantaggio con un calcio di rigore, ma Cabrini sbaglia.
Il “vecio” Bearzot ci vede bene e punta sul blocco bianconero
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Poco male ci pensano subito i suoi compagni di club bianconero. Ancora lui Paolo Rossi e dopo Marco Tardelli che inventa l’urlo più bello mai visto in un campo di calcio. Due a zero e poi arriva anche il terzo goal, quello definitivo ad opera di Alessandro Altobelli subentrato a Ciccio Graziani. Sul finale il goal della bandiera dell’anarchico Paul Breitner serve solo per il tabellino dell’arbitro.
Due “veci” con la pipa: uno in panchina, uno al Quirinale
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Quella vittoria è nel cuore di tutti gli italiani e non ce ne voglia l’Italia vincitrice del 2006, è un’altra storia che non inizia con due presidenti con la pipa. Uno seduto al Quirinale e l’altro in panchina!