Con l’arrivo dei vaccini anti Covid-19 inizia in noi, cioè nella nostra persona, qualcosa di straordinario, di cui, però, stentiamo a renderci conto, anche perché non possiamo assistere de visu a quello che succede… In effetti, fra il vaccino e il virus, questa “bizzarra e imprevedibile forma del vivente” (S. Tamaro) si scatena una lotta per la vita, la nostra, affidata a un nobile difensore appena arrivato da lontano. Lo scontro, cioè una vera guerra, è necessario per arrivare a liberarci da questa peste del xxi secolo: l’urto frontale avviene nelle nostre fibre trasformate in campo di battaglia fra due entità di segno opposto che, nella nostra stremata fantasia, possiamo chiamare il Cavaliere e il Drago, oppure Scienza (il vaccino) contro Natura (il virus assassino). Così personificati, il vaccino e il suo nemico si fronteggiano come personaggi, e come tali più comprensibili. Per quello che può servire…
Il nemico in casa

Che paradosso, la pandemia! Ci pensate? Ti dicono che la tua sicurezza, in tempi così minacciosi e tragici, puoi trovarla rimanendo in casa: è la sicurezza domestica che deve contrastare il pericolo esterno. Ma questa al Covid non è una guerra tradizionale e sperimentata: oggi il nemico ce l’hai addosso, e lo porti con te nel rifugio! Non lo fai spontaneamente, anche perché sei inconsapevole della sua presenza nel tuo corpo. Ma così è: il nemico è biologico, antichissimo e spietato: coincide con te stesso. Lo scenario è epocale: la lotta è fra due specie di viventi: una, invisibile e prolifica, si è evoluta aggressiva, l’altra deve abbandonare certe illusioni di potenza.
Italiano, italiese ecc.
Il colonialismo culturale è un male aggressivo da cui si può scampare o almeno contrastare. Ma quando parliamo di italiano, la nostra lingua sembra abbandonata a se stessa e all’import culturale anglosassone, il che dovrebbe apparirci come un darwinismo da operetta. In realtà, quando cediamo per indifferenza o per spirito d’imitazione, accodati al più forte, trascuriamo il fatto che noi siamo anche la nostra lingua. E così vale la pena ricordare – con il lockdown imperante – quello che Dacia Maraini ha definito “servilismo linguistico”, ritenendo che, al contrario, “la nostra lingua merita più orgoglio” (Corsera). La soggezione all’inglese fa rima con italiese.
Pensando a Hemingway

Che cosa ci sta succedendo? Di giorno in giorno, nell’assurdo calendario in cui si alternano nere clausure e giallognole semilibertà, vacilla il senso del domani, e in qualcuno ormai c’è il rischio del crollo totale (la mente è in sofferenza). Il futuro ci manca, non è domani, non è vicino e non ci attrae. Siamo fermi, invischiati e quasi soffocati nelle sabbie mobile del presente, inquinato dalla stringente quotidianità. Futuro, parola prima trainante, nostra naturale destinazione – luce del destino – è oscurata da nuvolaglie di paura e incertezza: in piena eclissi psicologica, questa lontana meta – immaginata naturalmente come liberata dal contagio – non è nemmeno utopia ma – ahimè – il Nada puro e semplice di Ernest Hemingway.

Citazione citabile
“I virus sono così piccoli, da sembrare astratti; ma quando l’astratto comincia a ucciderti, bisogna ben occuparsi dell’astratto”.
Telmo Pievani, Finitudine, Cortina ed., pag. 144