É tornato a Venezia Fran Tomasi. Per i millenians il nome forse dice poco. Ma chi era presente nel 1989 al concerto dei Pink Floyd a Piazza San Marco, esattamente 35 anni fa, è un nome importante. Ė stato l’organizzatore del più importante concerto rock del ventesimo secolo. Nel mondo. È tornato, perché una importante casa cinematografica americana, la PALOMAR, sta pensando ad un film.
Il record dei Pink Floyd
Tanto per ricordare che il 1989, nella storia del ‘900, è l’anno del crollo del muro di Berlino; della fine del potere sovietico e del comunismo; del massacro di migliaia di studenti cinesi a Piazza Tienanmen; ma anche di Venezia al centro del mondo con 180 milioni di teleutenti in diretta, 20 paesi (compresi per la prima volta Urss e Germania dell’Est…) incollati alle 21.30 di sera per assistere ai 90 minuti di concerto in Bacino di San Marco. Record di 35 telecamere e 130 tra operatori tv e addetti.
Pink Floyd e turismo
Ma per la città dei Dogi fu anche l’inizio della riflessione storica del suo abuso turistico di massa. 200 mila giovani occuparono per due giorni il centro storico con sacchi a pelo e tanta voglia di musica. Per un puro miracolo non ci furono vittime. Come sostenne l’allora capo della Squadra Mobile, Arnaldo La Barbera. Ma solo dopo un lungo processo durato 10 anni, la Corte dei Conti assolse il vice-sindaco di Venezia, Cesare De Piccoli, e la vice-soprintendente dei Beni artistici, Maurizia De Min, i due firmatari (obbligati a poche ore del concerto) delle previste autorizzazioni istituzionali. Solo 800 euro di multa per rimborsare il restauro di una colonna di San Marco, deturpata da una scritta “Giorgio ama Ada” e la rottura di una vetrina che vendeva le bottigliette di acqua minerale a 10 mila lire (circa 5 euro). Comunque, non ci fu nessun ferito e nessun dramma, nonostante le Cassandre di turno. I saccopelisti erano più civili di quello che si pensava.
Fran Tomasi e i Pink Floyd
“Ancora oggi mi chiedo – confessa Fran Tomasi – come mai il Tar del Veneto, non inquisì invece Amiu e Actv, per il mancato adempimento degli accordi previsti”. Ma andiamo con ordine. 35 anni dopo, incontro in campo Nazario Sauro, sestiere Santa Croce, Fran Tomasi, oggi 80enne che vive tra l’Emilia Romagna e la Toscana. “Ciao come va?- mi dice – ti vedo invecchiato”. “Il tempo passa per tutti”, rispondo sereno. Non ci eravamo più visti da quel lontano 15 luglio 1989. Lui mi detestava un po’, perché, giornalista da poco assunto in Rai, ero stato l’autore, assieme all’operatore Claudio De Zan, delle immagini che avevano fatto il giro del mondo. Erano la pipì davanti alla porta principale della Basilica di San Marco, ore 4 del mattino, il giorno dopo la festa del Redentore e del concerto. Un disastro igienico organizzativo in mondo visione. 50 tonnellate di “scoasse” abbandonate due giorni.
Il disastro dopo il concerto
Pochi metri più in là poi, in mezzo alla marea di immondizie, intervistavo il filosofo Massimo Cacciari, indignato, che da quel giorno decise di fare il sindaco. Furono immagini talmente choc che la Rai, vendette (a caro prezzo) anche alla concorrenza Mediaset. Succedeva di rado. Io e De Zan ci eravamo alzati all’una di notte, per riprendere il disastro del dopo concerto. “Mai più così”, titolò in prima pagina il Gazzettino, con enorme foto della sporcizia a San Marco e dintorni.
L’incontro con Fran Tomasi 35 anni dopo, è stato catarchico
All’epoca venni accusato da colleghi invidiosi di avere inventato la pipì in Basilica per fare lo scoop. E rischiai il licenziamento, chiesto dallo stesso potente ministro Gianni De Michelis, che sognava già l’Expo 2000 e vedeva il concerto come una prova generale. Dovetti, due giorni dopo recarmi in viale Mazzini a Roma, davanti al capo del personale e al direttore generale, con la cassetta vhs, a far vedere che la pipì la fece un ragazzo napoletano che indossava i jeans, io per fortuna avevo pantaloni bianchi. L’assessore alla Cultura, Nereo Laroni, sostenne poi, che avevo allungato 10 mila lire al ragazzo, per farlo orinare. Quante falsità. Con De Michelis, persona troppo intelligente, mi chiarii anni dopo. Lui pagò l’esposizione politica ed ideologica per l’Expo, che infatti si svolse a Siviglia. E gli spagnoli ancora ci ringraziano.
Pink Floyd in tutto il Mondo
Fran Tomasi, rischiò parecchio e non guadagnò (assieme al giovane collaboratore Marco Balich) una lira. Contrariamente alla società Sacis della Rai (diretta da Giampaolo Cresci) che ricavò parecchi milioni (o se preferite miliardi di lire per l’epoca) vendendo i diritti esclusivi per venti paesi. Esclusi gli Stati Uniti che li chiesero però l’anno successivo. La Sacis si addossò subito le spese organizzative per 1,4 miliardi di lire. Di fatto comandava la Rai, ovvero Roma…E con i diritti di immagine i tre Pink Floyd divennero per anni ancora più ricchi.
Le divisioni
Dopo sette lustri, la storia, maestra di vita, come diceva Cicerone, offre una serena analisi critica. Il concerto fu un evento mondiale che recò benefici all’immagine di Venezia, città della cultura. La città salottiera, però, si divise subito tra contrari e favorevoli. Nel frattempo, durante i chiacchiericci lagunari, le richieste ufficiali scritte, per il concerto, l’organizzatore Fran Tomasi le portava avanti spedito. La soprintendente Margherita Asso (passata alla storia come Lady di ferro…) non rispose per tre mesi alla posta ricevuta. Poi sparì dalla circolazione, perché sosteneva di essere candidata alle elezioni europee per il Pri. Ma impose il limite di non superare i 60 decibel! Per non danneggiare i mosaici. Decisione risibile, visto che i fuochi del Redentore li superavano, da secoli, abbondantemente.
Il sindaco Antonio Casellati, da sempre contrario all’evento, non si presentò in giunta quando venne presa la decisione con due voti favorevoli (contrari gli assessori Mimmo Greco per il Psi e Stefano Boato per i Verdi). Mentre il consiglio comunale, in seduta straordinaria l’11 luglio, approvò il concerto, nonostante imbarazzanti assenze, con appena tre voti di scarto. Maggioranza: PCI, PSI, PRI, Verdi. Minoranza: Dc, PLI, MSI, e Democrazia Proletaria. Il sindaco Casellati – si disse – era in barca a vela, la sua grande passione, così come assistette poi al concerto, seminascosto, alla darsena dell’isola di San Giorgio Maggiore, a pochi metri dal mega palco allestito con grandi difficoltà.
I ricordi di Fran Tomasi
“Furono i rimorchiatori di Trieste – ricorda Fran Tomasi – a darci una mano per i trasporti. Chiatte e servizi navali veneziani costavano troppo”. Augusto Salvadori, democristiano, propulsore del decoro cittadino, e del manifesto “Veneziano educa il tuo turista!”, contro saccopelisti e concerti rock, si agitava come un ossesso, annunciando morti, feriti e overdose, che poi non ci furono. Alla conferenza stampa, organizzata dalla Rai a palazzo Labia il giorno prima, non si fecero vedere i rappresentanti delle istituzioni. “Che strana città”, si limitarono a dire i tre dei Pink Floyd (Gilmour, Mason e il tastierista Wright, all’epoca più famosi dei Rolling Stones…). Ma forse la maggioranza dei politici locali manco li conosceva o nemmeno sapeva che musica suonassero, i Pin Floi, per dirla con i Pitura Freska che dedicarono una fortunatissima e divertente canzone.
Infine le stranezze del concerto
La Soprintendenza proibì l’uso dei gabinetti chimici perché l’aspetto estetico superava quello igienico. Per espletare bisogni organici bisognava arrangiarsi. I 200 mila giovani presenti trovarono tutti i locali vicini a San Marco chiusi, per timore di danneggiamenti. Fu proibita (era luglio) anche la distribuzione di bottigliette d’acqua. Alla quale provvide in extremis lo stesso Fran Tomasi, così come l’uso delle transenne che la Soprintendenza impose, ma che il Comune si “dimenticò” di mettere. Le Forze dell’ordine arrivarono solo nel tardo pomeriggio e il questore, sorpreso dall’enorme folla, chiese immediatamente rinforzi a Padova e a Treviso.
Secondo gli accordi firmati da Fran Tomasi con la Commissione di vigilanza, un’ora e mezza dopo il concerto, dovevano entrare in funzione le squadre dei netturbini. Così come succede normalmente per il Carnevale. Improvviso sciopero delle maestranze. E, oplá, anche quello dei mezzi Actv. Assenti ingiustificati. I 200 mila giovani dovevano tornare a piedi alla stazione e a Mestre (infatti il ponte della Libertà venne intasato..).
Città cialtrona e incasinata dai Pink Floyd
“A distanza di 35 anni – ricorda l’allora vice-sindaco del PCI, Cesare De Piccoli – tanta gente mi ferma per strada per ricordarmi il grande evento musicale del secolo. Io invece mi ricordo del panico per la firma alle cinque di sera, quattro ore prima del concerto. L’allora segretario comunale professor Antonio D’Ancona, mi invitò o meglio obbligò, a firmare. Giunta e consiglio comunale avevano già approvato, io in quei giorni ero assente e rimasto fuori dal dibattito, perché candidato alle elezioni europee, ma fui istituzionalmente obbligato. Come d’altronde la vice della Soprintendenza, l’ignara Maurizia De Min, anche lei poi finita sotto processo. Cosa mi rimane 35 anni dopo? La cialtroneria di una città. Io ci rimisi la candidatura a sindaco, ma forse fu meglio così”.
Pienamente d’accordo con Maurizio!