Giorgio Brunetti, veneziano, grande economista, professore emerito della Bocconi, uno dei massimi esperti del mondo imprenditoriale ed economico del Nordest, ha una grande passione: la lirica. E a questa passione ha dedicato il suo nuovo libro: “Teatro La Fenice. Esperienze di governance” (Titivillus Editore). Racconta la sua esperienza di consigliere d’amministrazione e poi di vicepresidente del teatro veneziano incominciata all’indomani dell’incendio nel gennaio 1996 che distrusse il monumento e rischiò di cancellarlo per sempre. Fu proprio grazie all’opera di uomini come Brunetti che fu possibile trovare soci privati per la ricostruzione e sperimentare quella che sarà chiamata la “terza via”, mettendo assieme soci privati e pubblici.
La Fenice e l’esperienza di Brunetti
Brunetti si presentò spontaneamente per offrire la propria competenza alla città, al teatro, al sindaco Cacciari e al mondo culturale. Era il momento più delicato, quello in cui occorrevano precise competenze e coraggio. Fu in grado di indicare la direzione da prendere e farla seguire. Nel libro racconta quegli anni difficili, ma allo stesso tempo esaltanti; ricorda i suoi compagni di strada, a incominciare dal grande musicologo veneziano Mario Messinis che era uno dei critici italiani più autorevoli, firma prestigiosa del Gazzettino.
Un racconto straordinario condito dall’amore per la musica e per le opere. Un uomo appassionato che sembra più un musicologo prestato all’economia che viceversa. Ma nessuna grande partitura, nessun acuto sia pure eccezionale fanno dimenticare per un momento a Brunetti quale deve essere il suo compito e cosa deve chiedere agli altri. Il teatro dovrà tornare quello di prima, “dov’era e com’era”. E così è accaduto.
Un atto d’amore per la Fenice
Questo libro è un atto d’amore alla lirica, al teatro e a Venezia. E’ per molti aspetti anche una testimonianza di dovere civile, di senso di appartenenza, di cultura radicata: tutte doti semiabbandonate in tempi in cui la cultura sembra qualcosa di cui spesso si fa a meno e la generosità anche intellettuale una virtù insolita in un mondo individualista.
Del libro di Brunetti pubblichiamo la prefazione di Cristiano Chiarot che è stato Sovrintendente della Fenice negli anni più difficili.
di Cristiano Chiarot
Il libro e una testimonianza, appassionata e documentata, dell’attività svolta da Giorgio Brunetti quale vicepresidente del Teatro La Fenice. Si può affermare che essa sia una personale narrazione con un certo carattere di novità, il punto di vista di un insigne economista, cultore d’opera, che per alcuni anni della propria vita ha voluto dedicare parte dell’attività ad un impegno diretto all’interno dei meccanismi teatrali. Il caso ha voluto che anch’io abbia vissuto quei periodi in diverse posizioni organizzative nel Teatro: dapprima come responsabile della comunicazione e del marketing, e poi nell’impegnativo e sfidante ruolo di sovrintendente.
La Fenice dopo l’incendio
Sono stati periodi importanti per la Fenice, che hanno consentito un significativo rilancio del teatro non solo in Italia. Il primo, sul finire degli anni Novanta, dopo il devastante incendio del 1996, e stato contraddistinto dalla necessità di tenere viva, da un lato, l’attenzione dell’istituzione teatro presso il pubblico e i principali stakeholder, portando anche a termine il processo di trasformazione dello stesso da ente pubblico a fondazione privata, dall’altro provvedendo alla programmazione artistica presso il PalaFenice al Tronchetto. Il secondo periodo, dal 2010 a 2015, e stato invece caratterizzato dall’applicazione, risultata poi vincente, di una strategia orientata alla combinazione tra qualità artistica e produttività, generando cosi benefici effetti sugli incassi dal botteghino che hanno via via attenuato il peso determinante degli aiuti pubblici.
Brunetti e l’amore per la Fenice che lo spinse a offrirsi volontario
Giorgio Brunetti, il professore, come tutti l’abbiamo sempre chiamato, si era presentato spontaneamente, subito dopo l’incendio, offrendo la propria opera e le proprie competenze per seguire, in particolare, la trasformazione in fondazione e per coinvolgere soci privati in questa operazione. Si introduceva cosi una sorta di “terza via”, in cui pubblico e privato risultavano impegnati assieme a sostenere un vanto del nostro Paese: l’Opera lirica e i teatri che ne assicurano le rappresentazioni. Quando nel 1998 il governo decise che la trasformazione in fondazione e l’acquisizione della personalità giuridica di diritto privato avvenisse ope legis, Giorgio Brunetti entrò nel Consiglio di Amministrazione della fondazione e profuse tutto il suo impegno.
La rivoluzione di Brunetti sulla ricostruzione della Fenice
Operò con il prof. Luigi Bianchi alla stesura del nuovo Statuto, contattò anche molte imprese che conosceva professionalmente. Fece in modo che ci si dotasse di un nuovo modello di bilancio privatistico: una sorta di rivoluzione nel nostro mondo. L’obiettivo di raggiungere la quota di contributi da privati per ottenere lo status di Fondazione venne raggiunto con il coinvolgimento di una trentina di aziende e società grazie, in particolare, alla disponibilità e all’impulso del prof. Giuliano Segre, Presidente dell’allora Fondazione Carive, cui spettò il ruolo di socio di riferimento e il diritto di nominare un proprio Consigliere nel Consiglio di Amministrazione.
L’entrata di soci privati nella fondazione fu un traguardo significativo, poiché dimostrava che il nome Fenice, la sua gloriosa storia e anche il recente dramma dell’incendio avevano avuto un grande impatto tanto sul pubblico di appassionati di musica e di opera lirica quanto sulla gente comune. D’altro canto, va riconosciuto, sebbene le facilitazioni accordate ai potenziali entranti non fossero allora allettanti, si era, pero, manifestato un raro esempio di mecenatismo culturale, un aspetto non particolarmente diffuso nel nostro pur ricco territorio.
Una volta svolto il compito
Nel frattempo, Giorgio Brunetti, dopo aver lasciato la Fenice, continuò a coltivare i suoi interessi nel campo del teatro lirico. Da componente di una Commissione ministeriale per analizzare e proporre interventi per i teatri lirici, all’insegnamento a Ca’ Foscari di Governance e Management nelle aziende di spettacolo, fino ad una ricerca sulla ‘creazione del valore’ nei teatri lirici del Nord Est, preludio di un suo ritorno in fondazione quale vicepresidente. Assieme a lui avviammo molte iniziative, dal festival estivo alla ripresa dell’Otello a Palazzo Ducale. Assieme a tutto il CdA, Giorgio Brunetti mi fu di grande aiuto in tanti problemi che si presentavano in quegli anni difficili per il nostro Paese. La partecipazione in Consiglio di Amministrazione dei rappresentanti dei soci privati, arricchito, nel mio primo mandato da altri rappresentanti delle imprese voluti dal Presidente Giorgio Orsoni anche nella importante società artecipata Fest, portò ad un affinamento della governance.
Le capacità di Brunetti alla prova anche dopo la Fenice
La libertà di manovra gestionale, in carico al sovrintendente, poteva essere esercitata in virtù dello stretto rapporto con il CdA costantemente informato tramite sedute mensili e talvolta con incontri informali per essere messo a conoscenza delle questioni e delle decisioni prese. Spesso, a causa delle imprevedibili altalene del FUS (Fondo Unico dello Spettacolo) era, infatti, necessario prendere decisioni, anche sfidanti, per procedere nella programmazione fissata, e solo con la piena fiducia del CdA potevano essere affrontate. In questo senso, il ruolo di connessione svolto da Giorgio Brunetti tra questi due organi e stato imprescindibile, assieme, a volte, ricordo, abbiamo buttato il cuore oltre l’ostacolo, senza mai prescindere dal dover trovare il modo di tenere i conti in equilibrio.
Io, Chiarot e la collaborazione con Brunetti
Quando venni nominato sovrintendente intrapresi, dapprima, la strada del contenimento dei costi dei servizi, applicando in quelli artistici opportune politiche (artisti e cantanti giovani, promettenti, molti diventati poi celebri, impegni poliennali), ma soprattutto cercai di aumentare la produttività del lavoro, nel rispetto del CCNL. Con il sostegno di un CdA coeso, la strategia si indirizzo quindi con molta determinazione alla ricerca della produttività, contando sulla opportunità offerta a Venezia dal turismo musicale e integrando la tradizionale stagione con il repertorio, ovvero la ripresa di produzioni già presentate negli anni precedenti.
I risultati furono eccellenti: si realizzo il raddoppio della produzione, a parità di costi, arrivando a produrre 140 spettacoli nel 2014, con una media di tredici-quattordici produzioni all’anno. Le scelte condivise negli anni hanno portato la Fenice ad un rilancio nazionale ed internazionale, a riscuotere molta attenzione per la propria programmazione artistica, per la capacita di intercettare pubblici diversi, incrementando annualmente i ricavi da biglietteria fino a toccare i dieci milioni di euro, diventando un modello di best practice non solo in Italia.
Quell’amore per la Fenice che non manca mai
Non si possono certo scordare altri importanti interventi di Giorgio Brunetti in ogni riunione del CdA riferiva attentamente sull’andamento dei conti, da lui precedentemente verificati, il budget era oggetto di attenzione costante, poiché il suo confronto con il consuntivo dava la misura del grado di raggiungimento del pareggio di bilancio. Ritenendo poi necessario il rinnovo dei consiglieri, Giorgio Brunetti ha lasciato nuovamente il CdA, anche se il suo amore per la Fenice lo spinse ad accettare di continuare a coprire il ruolo di Presidente dell’Organismo di vigilanza.
Contribuendo così a mantenere viva la cultura del rigore e della disciplina organizzativa, sempre necessari in realtà complesse come i teatri lirici. (…) Dal mio punto di vista personale, desidero almeno osservare come negli anni citati abbia potuto trovare in Giorgio Brunetti una persona, che allo studio e al rigore, somma una passione per l’opera lirica, con la quale non ho potuto che trovarmi in una spontanea sintonia.
I segreti della Fenice svelati da Brunetti
L’interesse non era solo quello del semplice spettatore, ma di colui che vuole penetrare tutti i segreti di come si arriva ad aprire il sipario, la complessità della preparazione, la divisione dei ruoli, l’incastro di tante e diverse individualità artistiche che alla fine costruiscono il prodotto finito. Quando poteva cercava di essere presente ad alcune riunioni preparatorie della programmazione, appassionandosi nell’essere introdotto in questo nostro eterogeneo e complesso modo di lavorare, dove l’elemento umano e fondamentale in tutti i vari passaggi.
Avvicinatosi all’anima del teatro, alla sua razionalità che può anche apparire non sempre ragionevole, Giorgio Brunetti si e inserito in questo nostro mondo con entusiasmo, mentre io ero ormai immerso in quello suo proprio fatto di equilibri di bilancio. Con me, ma anche con altri collaboratori, e nata una bella complicità, dove i conti non dovevano bloccare la fantasia e la capacita artistica, ma camminare assieme per la stessa strada. Risultato non difficile da raggiungere se, come e successo, ci si muoveva tutti nella stessa direzione, senza impedire di far emergere le individualità di ciascuno. Che poi con Giorgio Brunetti sia scaturita una profonda amicizia rientra nello spirito profondo e coinvolgente della Fenice.