I grandi predatori come l’orso e il lupo catalizzano l’attenzione anche a Caccia Pesca e Natura, la fiera nazionale che Longarone Fiere Dolomiti dedica al mondo venatorio e della pesca sportiva. Ad intervenire per il taglio del nastro anche il ministro Nello Musumeci, in visita prima in quei luoghi che sono stati il triste teatro della tragedia del Vajont e aprendo di fatto le celebrazioni della 60esima ricorrenza. Ma a pochi giorni da un’altra tragedia, l’uccisione del ventiseienne trentino Andrea Papi da parte dell’orsa JJ4, è stato chiesto al ministro per la Protezione civile di esprimersi in merito: “Quando l’approccio con questi temi avviene soltanto col cuore è difficile raggiungere la soluzione. Il compito della politica è quello di mettere in sintonia il cuore e la ragione, perché una tragedia come quella accaduta nei giorni scorsi potrebbe ripetersi e noi abbiamo il dovere di scongiurarlo”.
Musumeci interviene sui predatori
Il ministro ha mostrato un’apertura verso una diversificazione della fruibilità, e quindi di rischio, di certe aree rispetto ad altre, ma allo stesso tempo ha chiuso ogni ipotesi su eventuali soluzioni che possano porre ancora a rischio la vita umana. “Bisogna mettere in sintonia il cuore e la ragione. Fintanto che possiamo risparmiare gli animali, dobbiamo risparmiarli, ma non possiamo pensare di trovare soluzioni di compromesso che mettano in pregiudizio il diritto alla sicurezza delle persone”.
“C’è da affrontare anche la questione del lupo”, sottolinea Corazzari
Il territorio bellunese in passato ha avuto alcuni momenti critici con l’orso, ma legati a dei movimenti di transito, limitati in termini di tempo e che hanno colpito prevalentemente pecore e asini. Ma ad interessare oggi la montagna veneta è soprattutto un altro grande carnivoro: il lupo. A fare i conti da alcuni anni con questa nuova presenza permanente e in continua crescita è l’attività di pascolo collegata alla pratica zootecnica, da sempre riconosciuta quale simbolo dell’agricoltura di montagna.
E’ intervenuta in fiera su questo tema la Regione del Veneto con l’assessore alla Caccia e alla Pesca, Cristiano Corazzari che ha evidenziato l’importanza soprattutto del patrimonio malghivo regionale nella conservazione e nella gestione della montagna veneta. “Una montagna senza malghe sarebbe una montagna abbandonata e quindi non un ambiente in equilibrio, ma bensì un ambiente che troverebbe l’abbandono e il degrado. Dobbiamo quindi sostenere e tutelare chi ancora tenacemente svolge attività nelle nostre malghe. Lo facciamo attraverso tutta una serie di misure che vanno a tutelare e anche a risarcire gli eventuali danni da fauna selvatica che i proprietari di malghe subiscono. Solo nell’anno 2022, abbiamo erogato oltre 320.000 euro di risarcimenti per danni da fauna selvatica in Veneto”.
Gran parte di questi contributi fanno riferimento alle aree montane e pedemontane
A questi si uniscono iniziative specifiche come il progetto Melken presentato in fiera. Un progetto innovativo e di ricerca, supportato dall’Università di Padova, che ha al centro la tutela delle malghe e delle pratiche connesse con delle attività di controllo, di recinzione e di implementazione di strutture che possano tutelare il lavoro di chi opera in questi contesti molto delicati. Un fil rouge che parte dalla Lessinia passando per l’Altopiano di Asiago e tutta l’area del Bellunese, oltre 700 malghe suddivise in quattro province.
Pernechele e il lupo
Ad approfondirne i dettagli durante il convegno di presentazione, il funzionario regionale Emanuele Pernechele: “Con l’arrivo del lupo a partire dal 2012 sono stati rotti certi equilibri che si erano consolidati ormai da decenni e decenni. Quindi il progetto Melken è un progetto di collaborazione scientifica ideato dalla regione del Veneto, ma supportato scientificamente dall’Università di Padova con il professor Scotton e che vede molti attori importanti tra cui Coldiretti Veneto, Arav, il Cai Veneto, molti Comuni e i malghesi”.
Il progetto partirà già con questa stagione d’alpeggio 2023 e andrà avanti fino a 2027, coinvolgendo al momento cinque malghe. “Abbiamo visto da un’analisi che è stata effettuata che i bovini, in particolare i bovini giovani, sono assolutamente i più predati da parte del lupo quindi è una fascia che va in un certo senso protetta”, continua Pernechele.
La convivenza tra uomo e lupo
Da una parte quindi proteggere gli animali giovani e dall’altra controllare e verificare scientificamente come si modifica il pascolo e il cotico erboso, dall’aumento di infestanti quanto del bosco, perché l’arrivo del lupo ha comportato un cambiamento nel comportamento pascolativo del bestiame. Insieme all’Università, Melken si occuperà di studiare anche questi aspetti. Ad intervenire in merito a queste strutture zootecniche pure il consigliere regionale Giovanni Puppato, primo firmatario del progetto di legge regionale n.152 (“Valorizzazione del patrimonio regionale delle malghe pubbliche”).