Il primo dato riguardante le regionali in Friuli Venezia Giulia riguarda Massimiliano Fedriga: è già entrato nella piccola storia regionale come il primo Presidente confermato per il secondo mandato con il sistema dell’elezione diretta. Prima di lui non c’era riuscito Renzo Tondo, che resse le sorti della Regione dal 2001 al 2003 (subentrando a Roberto Antonione quando questi approdò in Parlamento) per poi essere battuto da Riccardo Illy nel 2003. Ma nemmeno all’industriale del caffè riuscì il bis poiché nel 2008 perse contro lo stesso Tondo che, a sua volta, nel 2013 venne sconfitto dall’emergente, ancorché già europarlamentare, Debora Serracchiani che nel 2018 scelse la più comoda poltrona romana di parlamentare.
E dire che Fedriga pareva che dovesse proprio lasciare il posto nel 2018 sempre all’onnipresente Renzo Tondo la cui candidatura era data per certa, ma Matteo Salvini, calato in terra friulana per sancirla fu costretto a fare marcia indietro “coram populo” a favore del suo allora uscente capogruppo alla Camera, leghista fin dall’età di 15 anni, dopo il forte sostegno anche a suon di “trattori” che spianò la strada a Fedriga. Una decisione che venne bilanciata con l’elezione di Tondo in Parlamento e, soprattutto, il via libera ad Elisabetta Casellati per la presidenza del Senato.
Ma questa è un’altra storia, anche se fu da quel momento che Massimiliano Fedriga prese il volo
Un Massimiliano “Max” Fedriga che a 43 anni (li compirà il 2 luglio) si appresta ora al bis al vertice della Regione Friuli Venezia Giulia dopo aver letteralmente travolto gli avversari con oltre 314 mila voti e un eloquente 64,24%, staccando di oltre 25 punti il diretto sfidante Massimo Moretuzzo che si è dovuto fermare al 28,37%.
Il commento di Massimiliano Fedriga
“Sinceramente non mi aspettavo una vittoria di questo tipo, o quanto meno non con questi numeri, pur avendo percepito l’aria favorevole che tirava”, così il riconfermato presidente ha commentato il suo successo, senza eccessi di trionfalismo ma con una giusta dose di realismo, facendo comunque trasparire una legittima soddisfazione “che – ha aggiunto – ci sta dopo 5 anni non facili, gravati anche dalle difficoltà della pandemia, che abbiamo comunque gestito con serietà, impegno e lo stile di chi bada alla sostanza dei problemi e alla concretezza della soluzioni”.
Un Fedriga che, a quanto sembra, si sarebbe già messo al lavoro per quello che sarà il nuovo esecutivo. Anche se dal suo “entourage” si fa rilevare che di questo se ne parlerà in maniera puntuale dopo Pasqua. E sarà davvero interessante capire come verrà sbrogliata la matassa se è vero, com’è vero, che Fratelli d’Italia, che pure puntava alla vicepresidenza con la speranza di arrivare a livelli “meloniani”, si è dovuto accontentare del 18 per cento. Ovvero di un punto in meno rispetto alla Lega. Che, con il 19 per cento, ha ampiamente superato il test che andava cercando, dopo l’11 per cento delle politiche.
Salvini batte Schlein
Decisamente l’effetto Salvini è stato più premiante dell’effetto Schlein. Considerato che il Pd ha ottenuto il 16,49 per cento, circa due punti in meno rispetto alla tornata nazionale. Anche se è doveroso ammettere che la sconfitta non è certamente imputabile alle neosegretaria Dem. La quale ha dovuto fare i conti con una situazione già decisa prima della sua elezione, appena un mese fa. Piuttosto, due sono stati i veri flop. Uno riguardante proprio l’alleanza Pd-5Stelle, soprattutto per il misero 2,4 per cento ottenuto dai pentastellati (che, a dire il vero, nemmeno nelle altre tornate elettorali in terra friulogiuliana avevano particolarmente brillato), che non ha dato gli esiti sperati. Al di là di quanto dichiarato dalla ex presidente Debora Serracchiani che ha definito comunque quello ottenuto “un buon risultato”.
Il terzo polo
L’altro, ancora più forte, riguarda il Terzo Polo. Che, nonostante la candidatura di una figura di spicco della sinistra moderata (di scuola Pci) Alessandro Maran non è riuscito a superare la soglia del 4 per cento. Fermandosi ad un deludente 2,73 per cento. Era, del resto, prevedibile e lo stesso Maran lo ha archiviato un “passaggio necessario rispetto ad un percorso che abbiamo appena costruito”.
La sorpresa Giorgia Tripoli
Chi, invece, il suo percorso se l’è bel fatto è stata la tenace avvocato di Palmanova Giorgia Tripoli. La quale, intercettando in particolare la moltitudine dei “no vaX e “no greenpass” con la sua lista Insieme Liberi, si è portata a casa un personale 4,66 per cento. Non riuscendo però, proprio con la lista che ha ottenuto il 3,98 per cento, a superare la soglia necessaria per portare in Consiglio regionale un suo esponente. Evidentemente la mancata presenza nella circoscrizione di Tolmezzo le è stata probabilmente fatale. Anche se la stessa Tripoli ha annunciato di fare ricorso. “In quanto – ha dichiarato – ci sono migliaia di schede nulle e a noi ne bastano alcune decine per superare il 4 per cento”.
Massimiliano Fedriga si ispira a Zaia
Un capitolo a parte, infine, lo merita la Lista Fedriga. “Costruita” in stile zaiano, ha consentito al neopresidente di ospitare non solo i reduci di Progetto Fvg, la civica che cinque anni or sono aveva nell’assessore uscente Sergio Bini il suo leader, ma anche figure che, a detta dello stesso Fedriga, “non si riconoscevano più di tanto nei partiti”. Nonostante, esaminando bene candidature e risultati, c’era pur sempre qualche “spruzzatina leghista” nelle 5 circoscrizioni. Resta il fatto che il 17,77 per cento ottenuto consente alla Lista Fedriga di essere il terzo partito. E, sommando la percentuale a quella della Lega, vien da dire che il risultato complessivo di circa il 38 per cento è sostanzialmente simile a quello della Lega del 2018. Il che per i leghisti, che erano dati in forte calo di consensi, è senza dubbio un gran risultato.
Un dato di fatto
Una considerazione a parte va fatta per la percentuale dei votanti che è stata del 45 per cento (Udine con il 49 è dove si è registrata la maggior adesione al voto ma probabilmente ha contribuito anche l’effetto delle comunali per le quali peraltro sarà necessario il turno di ballottaggio il 16 aprile tra l’uscente Pietro Fontanini della Lega con tutto il centrodestra e l’ex rettore Alberto Felice De Toni presentatosi con il centro sinistra senza però i 5 Stelle). E ciò deve necessariamente essere oggetto di una riflessione più ampia, anche se il fenomeno dell’astensione ormai non è più una novità.