Parlare o se preferite scrivere di “Pinocchio” è sempre particolarmente suggestivo ma altrettanto difficile. Partendo dal presupposto che il famoso romanzo di Carlo Lorenzini in arte Collodi è stato più volte “reinterpretato” soprattutto cinematograficamente. Nella memoria di tutti rimane quello di Walt Disney che trasformò il grande pescecane in una balena poi ricordiamo sicuramente l’edizione televisiva di Luigi Comencini con Franco Franchi e Ciccio Ingrassia nel ruolo del Gatto e la Volpe, andando avanti nel tempo troviamo il Pinocchio di Roberto Benigni fino alla recente edizione firmata da Riccardo Garrone con lo stesso Benigni nel ruolo di Geppetto. Tutti diversi, ma tutti più o meno fedeli alla storia scritta da Collodi.
Pinocchio esce da Netflix

Oggi dopo quasi dieci anni di lavorazione è in visione sulla piattaforma Netflix (con una piccola speranza di poterlo vedere anche al cinema nello schermo gigante) il Pinocchio del regista messicano Guillermo Del Toro, già autore di capolavori come “Il labirinto del fauno”, “Hellboy”, ma soprattutto “La forma dell’acqua” on il quale ha vinto il Leone d’oro a Venezia e l’Oscar come miglior film e miglior regista. Molto amico degli altri due famosi registi messicani quali Alfonso Cuaron e Alejandro Inarritu, con i quali spesso si confronta anche sotto il profilo socio-politico. Non a caso Del Toro ha ambientato questa sua sofferta e agognata opera su Pinocchio ambientandola durante il periodo fascista con l’inizio addirittura prima nel 1916 quando la prima guerra mondiale era in piena esplosione.
Pinocchio e un capolavoro di animazione di Guillermo Del Toro

In questo capolavoro d’animazione girato completamente con la difficile tecnica “stop motion” Del Toro immagina dapprima mastro Geppetto con un figlio in carne e ossa di nome Carlo che morirà sotto un bombardamento ed è proprio sotto questo aspetto che si esalta il suo stile a cavallo tra la favola e l’horror dove rimane sempre ferma l’immagine poetica.
Pinocchio nel fascismo

Geppetto, che per l’appunto vive nell’Italia fascista si ritroverà solo e inizierà a bere al punto di essere tutte le sere ubriaco. In quello stato una sera decide di abbattere un albero e costruire una marionetta che in qualche modo possa avere le sembianze di suo figlio. Comparirà una fata molto strana che intuirà subito che il figlioletto Carlo si era reincarnato nell’albero e così darà vita al burattino e darà altresì istruzioni al grillo (un personaggio meraviglioso) affinchè segua lo svolgersi della vicenda.
Pinocchio tra il classico di Collodi e la fantasia del regista

Da quel momento la storia prenderà una strada con passaggi vicini al romanzo di Collodi e altri dettati dalla fantasia esuberante del regista messicano. Lo stesso grillo Sebastian che seguirà Pinocchio come un’ombra, lo spirito del bosco che assomiglia ad un angelo biblico, lo stupefacente Conte Volpe portato in scena come un nobile decaduto che porta avanti un circo di fenomeni. In poche parole un connubio tra la Volpe e Mangiafuoco e poi la scimmietta Spazzatura che verrà sovente picchiata dal conte Volpe e di seguito stringerà amicizia con Pinocchio e ancora Lucignolo che ha come padre un podestà ufficiale fascista convinto a far diventare suo figlio e Pinocchio soldati della milizia nera. Mutatis mutandi come il famoso Omino di Burro voleva trasformarli in asini.
Pinocchio se la vede anche con Mussolini

E qui salta fuori la vena politica e dissidente di Del Toro che non manca di sbeffeggiare anche il duce Benito Mussolini. E poi non mancano i conigli neri e il prete che ha commissionato a Geppetto la costruzione di un crocifisso ligneo per la chiesa. Il finale vedrà arrivare anche la “bestia” ovvero il grande pescecane che assomiglia più ad una sorta di carrarmato visto il periodo bellico attraversato dalla storia. E la scena nell’abisso del mare dove si abbracciano Geppetto e Pinocchio rimanda al finale del celebre “La forma dell’acqua”.
Un Pinocchio genio e sregolatezza

Ci sono molte varianti, licenze poetiche dove il genio di Del Toro si esprime a trecentosessanta gradi, dando vita ad un grande film che con molta probabilità avrebbe apprezzato anche Collodi stesso. Non è per tutti, non di certo per i bambini, ma in ogni caso di altissimo livello. Del Toro ha il pregio di evitare la storia se vogliamo tradizionale per inventarne una mantenendo il plot originale ma facendo un caleidoscopio di personaggi fantastici con tanto di cupi fascisti, ma alla fine trova il guizzo con dell’orrido pescecane sullo stretto di Messina invaso dalle mine. Un Pinocchio dark che va in perfetto equilibrio tra le cose belle della vita e le cose cariche di dolore. C’è una frase del Grillo parlante che sintetizza il pensiero di Del Toro: “La vita è un dono talmente meraviglioso!” Questo film lo fa capire assolutamente…il finale è infatti meraviglioso.
Regia: Guillermo Del Toro, Mark Gustafson. Produzione:USA. Anno: 2022. Durata: 110 minuti. Genere: animazione/fantasy.
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