Lui lo sport lo respira da quando era bambino, proprio piccolo piccolo. La sua prima maglietta è stata immancabilmente rossoblù. E quando andava alle elementari ad aspettarlo sulle scale della scuola c’era Gigi Riva che se lo portava appresso allo stadio Amsicora per gli allenamenti, poi lo avrebbe consegnato al papà: Andrea Arrica, il presidente del Cagliari dello scudetto. Ora Stefano Arrica ha deciso di raccontare questa storia in un bel libro dedicato al genitore: “Mio papà il padre dello scudetto”, scritto con la collaborazione dei giornalisti Sergio Cadeddu e Gian Luca Zuddas. Prefazione del presidente del Coni Giovanni Malagò. Edizioni Pluriversum. Noi di www.enordest.it l’abbiamo intervistato in esclusiva
Chi è Stefano Arrica

Stefano Arrica, nato a Cagliari, 62 anni, ha praticato sport dall’infanzia da agonista e da amatore: calcio, tennis, nuoto, golf, windsurf, sci e tanti altri, da agonista e da amatore. Del resto, sono davvero pochi quelli che possono vantarsi di aver palleggiato con Riva, Nenè, Cera. Di aver calciato in porta magari segnando un gol ad Albertosi. Dopo diverse esperienze formative in Inghilterra e Stati Uniti d’America, è tornato in Sardegna entrando nell’azienda di famiglia, leader regionale nel campo dei prodotti petroliferi. A inizio degli anni Duemila, ho spostato interessi e attività nel settore immobiliare.
La carriera di Stefano Arrica

E’ stato per trent’anni dirigente sportivo, ricoprendo tra gli altri gli incarichi di: Responsabile delle attività delle Rappresentative Nazionali presso il Comitato Organizzatore dei Campionati Mondiali di Calcio di Italia ’90; Dirigente del Cagliari Calcio da metà anni ’90 sino al 2011; Dirigente responsabile di Calcio e Golf per il CUSI a numerose Universiadi e a decine di Campionati Nazionali Universitari. A Stefano Arrica abbiamo chiesto il segreto di questo libro e i suoi ricordi legati a quella squadra che ha infranto la supremazia delle grandi sorelle del calcio italiano e ha rivelato uno dei più grandi attaccanti della storia calcistica moderna e non soltanto italiana. Parliamo di Gigi Riva, non a caso sino ad ora il più grande realizzatore della Nazionale.
Stefano Arrica, perchè questo libro?

“È una promessa fatta a mio padre quando mi stava lasciando, quasi 12 anni fa, e da quello che doveva essere un libro su di lui è diventato un libro che parla di noi. Una promessa realizzata per un uomo che merita di essere ricordato. Io volevo ricordare l’uomo ma anche il mio rapporto con lui. Che andava oltre al presidente del Cagliari. Ci siamo messi a nudo e raccontati”
Differenze tra questo Cagliari e quello del papà?

“Inutile fare paragoni o trovare differenze. È un altro calcio. Ci sono ora molte più figure dai procuratori agli agenti e anche meno giornalisti. Ma quelli che c’erano erano preparati, pochi ma buoni. È un altro mondo eppure certi giocatori di ieri sarebbero campioni anche oggi. Partendo da giocatori”
Cosa è stato il Cagliari dello scudetto?

“Chiaro che quella vittoria ha cambiato il modo di vedere Cagliari e la Sardegna in generale. L’isola era quasi vista come una zona di punizione per giocatori e non soltanto. La stessa Costa Smeralda incominciava ad affermarsi in quegli anni. Siamo diventati il simbolo di tanti emigrati costretti a lasciare l’Isola. Da quel periodo la Sardegna ha preso un’altra luce; la riscossa di un popolo diventando anche una squadra simpatia”
Stefano Arrica, i festeggiamenti per Gigi Riva al quale sono stati appena dedicati anche un libro e un film?

“Nel mio libro di Riva se ne parla pienamente. Un giocatore che ho frequentato sin da bambino che veniva a prendermi a scuola. C’è Gigi ma non solo lui, a partire da Giovanni Malagò che mi ha scritto la prefazione. Quella presentazione fatta allo stadio davanti a mille persone. Questo libro ha successo perché è un ricordo. Il libro è uscito prima del film. E porta un esempio per i calciatori e per tutti. Perché Riva è un uomo, poi un giocatore ma anche un esempio di vita. E tutti hanno fatto la loro parte. A partire da mio padre che ha litigato con il consiglio di amministrazione che lo prendeva quasi per pazzo perché voleva un giovane sconosciuto di nome Luigi Riva. Eppure mio padre rimane fermo nelle sue decisioni e restò sulle sue posizioni anche quando Riva diventato Riva rifiutò offerte allora miliardarie. Fosse un film sarebbe sliding door. Basta pensare a quando Riva disse di no alla Juventus. Gigi è rimasto qui, è ancora a Cagliari. È la storia di Cagliari e ce lo teniamo anche in serie B”
Chi frequenta di quel Cagliari e con chi è rimasto in contatto?

“Con tutti, soprattutto con quelli che sono rimasti in Sardegna. Li frequento, li sento a partire da Tommasini. Loro hanno un’associazione Gli Exrossoblu e loro mi vedono ancora come un riferimento. Pensiamo che Albertosi e altri erano qui alla prima del film per ricordare mio padre che tutti definiscono il “papà dello scudetto”. Mancavano solo Nenè e Martiradonna che non ci sono più”.
Stefano Arrica, differenze tra il calcio del padre e quello di oggi, tra un presidente come il padre e i presidenti di oggi?

“Io sono rimasto fino al periodo di Cellino, poi ci sono state delle incomprensioni. Ma la differenza reale è che erano amici reali. Dai Moratti ad Agnelli. Erano signori. Ti racconto un aneddoto: papà era andato a Firenze per prendere Albertosi e Brugnera in cambio di Rizzo. Tratta col presidente Baglini, quello beve un po’, a un certo punto papà prende un tovagliolo e formalizza il contratto. Poi lo presenta in Lega dove si chiedono cos’era quella firma. Allora la Lega chiama Baglini che risponde sinceramente: ‘Quell’Arrica mi ha fatto bere un po’ ed è stato un furbetto ma la firma e la mia e quel tovagliolo vale come un contratto’. E così fu”
Cosa pensa del calcio

“Il primo amore non si scorda mai. È il gioco più bello del mondo. Si pratica dappertutto poi è cambiato il calcio. Quello di oggi è meno romantico, si gioca tutti i giorni (anche troppo) e poi c’era il legame con lo stadio e la “radiolina”. Io che sono presidente anche del Comitato Golf della Sardegna e anche questo sport è cambiato. Forse un po’ di colpa la ha anche la televisione che ha cambiato il modo di concepire il calcio”
Il suo parere e un pronostico su questi mondiali

“Il livello si è sicuramente alzato per tutte le squadre. Ogni squadra è ora organizzata e non c’è più nulla di scontato. Ora sono cambiate tutte le situazioni tecniche e tattiche. Basta pensare alla sconfitta dell’Argentina. Se devo fare una battuta pensiamo al fatto di un’Italia non qualificata e ci sono squadre che un tempo non si sapeva nemmeno dove erano sul mappamondo. E per fare capire quanto i soldi cambino le cose pensiamo che i Mondiali si giocano a novembre e dicembre in un Paese che certamente non è celebre per rispettare i diritti umani e in stadi che verranno demoliti o distrutti a fine campionato. Un mio pronostico? Dico Brasile ma occhio agli outsider che se prendono coraggio potrebbero diventare pericolose. Quanto bello sarebbe assistere a una finale Brasile – Arabia Saudita?”