Il Celentano della via Gluck aveva scritto un’altra canzone che possiamo dire sociale. Cantava così: “Chi non lavora, non fa l’amore”. Un verso che ha fatto scalpore, naturalmente, e a qualcuno ha suggerito allora il comando dell’apostolo: “Chi non lavora, nemmeno mangi”. Ricordo quella canzone oggi perché il problema del lavoro è diventato sempre più attuale e se qualcuno si accontenta del bonus governativo, altri non accettano nemmeno quello. Ma non per dignità offesa. Dico questo perché una mattina, in piazza, ho captato questa frase: “E perché dovrei lavorare solo per mangiare? Io me la godo, e per il pranzo c’è sempre la Caritas!” E’ la voce di un giovane del nostro tempo, non di un barbone: un ragazzo che sta concionando con due coetanei: sbarazzino, esagerato, spara la sua frase senza crederci veramente. Per lui, comunque, il lavoro non è un tormentone, o meglio un dramma: c’è qualcuno alle spalle, quella stessa persona che lo manda in giro con la camicia e i pantaloni stirati. C’è, però, in quella sbruffonata un fondo di consapevole precarietà, una filosofia di vita – cinismo? – che il vento del presente porta via da qui. Dove non si sa.
Il collezionista


Una ragazza, in spiaggia, ha parlato di polaroid, la macchinetta fotografica ancora in uso, per esempio in certi corsi di studio. Quella parola ha fatto scattare il ricordo di una breve storia commovente, quella dell’uomo che collezionava tramonti fotografati appunto con una polaraoid. Il signor P., ogni sera da quando sua moglie era morta, fotografava il tramonto e incollava la fotografia su un pannello: un mosaico di immagini che ricordavano le parole di Lei: “Il sole non più solo nostro” diceva. Tramonto non vuol dire fine di tutto. E’ bello perché segna un passaggio.” E ancora. “Il sole porta via con sé il peso delle giornate sbagliate”. Ripetere i tramonti e moltiplicarli nella loro variabilità era come sgranare un rosario, un dare colore alle parole della persona amata (forse un pregare), sicuramente era un guardare con gli occhi che lo avevano stregato in un giorno lontano. La sua voce gli risuonava nella mente. “Ma ogni tramonto” aveva detto Lei, ispirata, “porta all‘alba!” . Una sera, la polaroid si è inceppata e la linguetta della fotografia non è uscita. Inutile ogni sforzo, il signor P. si è disperato: quell’incidente gli appariva come un brutto segno, la fine di una amorevole carezza, una violenza immeritata.
In tanto scoramento ha reagito impulsivamente e ha scagliato la polaroid a terra dove si è aperta come un frutto marcio.
Il signor P. ha guadato il ritratto della moglie e ha cominciato a piangere.
Un centesimo… di cuore


E’ l’estate (anche) delle piccole cronache, di fatti e fatterelli microscopici al punto che sfuggono nel brusìo di fondo della città. Ma sono fatti, sono brevi scene colte al volo, in diretta (e riferite via telefono agli amici). Per esempio, una di queste notizie labili mi è arrivata in forma di eco, e con un certo affanno perché la testimone si è sentita coinvolte. In breve, la scena. Esterno di negozio di frutta e verdura in una via alberata di M., città veneta. Un uomo di colore è postato lì davanti e augura il buon giorno a tutti i passanti mentre tende la mano. In cambio, quando va bene, riceve una moneta. Quella mattina – in calendario c’è un santo famoso per la sua pietas – una cliente del fruttivendolo si accosta all’africano e gli mette in mano una moneta. Non una moneta qualsiasi ma 1 centesimo. Uno, piccolo e lucido e inequivocabile centesima parte di un euro. Che – mi è stato raccontato – l’uomo rifiuta alzando la voce ma lei mormora qualcosa di cattivo ed entra lasciandosi alle spalle la protesta e la dignità. Di chi ha dato e di chi ha ricevuto.
Guardando i canottieri di San Saba

(poesia)
Ho udito quei giovani cuori gridare
spinti da Amore sul guizzante remo,
l’erbe dei prati ho udito sospirare.
Non torna, non torna più
O cuori, o erbe anelanti, invano gemono
gonfiate dall’amore le vostre bandierine!
Mai più il vento gagliardo che trascorre
vi tornerà vicino.
James Joyce
Da Poesia straniera del Novecento, Garzanti 1958