Diciamo la verità, fino a poco tempo fa dell’Eurovision in Italia non gliene importava niente a nessuno, anche perché in più di un’occasione il nostro Paese rinunciò a mandare partecipanti, proprio perché la competizione aveva ascolti ridicoli. Venivano solo rammentate, ogni volta che c’era la gara, le vittorie italiane di Gigliola Cinquetti nel lontano 1964 e la doppietta di Toto Cotugno nel 1990 e nel 1992.
L’Eurovision prende piede

La vittoria dei Maneskin dell’anno scorso, però, ha acceso un faro sulla kermesse canora continentale che di colpo è diventata seguitissima. Sinceramente, ne sconosciamo i motivi perché il livello musicale dell’attuale edizione è, scusate la franchezza, molto basso. Forse il fatto che l’edizione attuale fosse ospitata a Torino ha generato maggiore interesse, così come il ruolo di favoriti (arrivati solo sesti) dei nostri Blanco e Mahmood.
La finale di Eurovision
La competizione si è svolta su tre serate, due di semifinale e una finalissima ieri. Dopo aver ascoltato tutti i partecipanti, i nostri portacolori, andati di diritto alla serata conclusiva con “Brividi”, la canzone trionfatrice a Sanremo, sembravano ancor di più lanciati verso la vittoria.
Le critiche
Il loro successo “annunciato” ha scatenato le polemiche della stampa estera, soprattutto del quotidiano spagnolo “El Mundo” che li ha accusati di sfruttare furbescamente le simpatie dei movimenti LGTBI+ che seguono da vicino l’evento. Un’accusa del genere ci sembra quantomeno ridicola perché la maggior parte dei cantanti o gruppi in gara cerca, in modo abbastanza dichiarato, di entrare nelle grazie dell’universo LGTBI+. Lungi da noi il voler far polemica e la nostra poi non è assolutamente una visione sessista.
Parliamo di musica

L’Eurovision è un evento musicale e di musica bisogna parlare, purtroppo, come abbiamo detto prima, la qualità dei partecipanti ha lasciato desiderare. Così come i presentatori Cattelan, Mika e Laura Pausini, bravi e simpatici i primi due, inadeguata la seconda, che appunto non è una presentatrice, colpevole nella seconda serata di aver violentato “People Have the Power”, capolavoro senza tempo della divina Patty Smith. Alla Pausini riconosciamo in ogni caso il merito di aver scelto un brano simbolo del movimento pacifista in un momento drammatico come questo.
Achille Lauro ci ha provato con San Marino
Tra gli altri cantanti in gara c’era anche il nostro Achille Lauro che per partecipare all’Eurovisione ha chiesto ospitalità a San Marino. La sua “Stripper” ha infiammato la platea ma non ha convinto i giudici, forse confusi dal look eccessivo dell’artista, che l’hanno rispedito a casa. Peccato perché abbiamo sentito di peggio.
I finalisti a Eurovision

In finale, oltre ai citati Mahmood e Blanco, di diritto i cantanti di Francia, Germania, Spagna e Regno Unito e i vincitori delle due semifinali. Tra quest’ultimi hanno fatto un’ottima impressione i georgiani di Circus Mircus con “Lock me in”. Canzone folle ma ben cantata e con grandi virtù sceniche sul palco. Altro favorito era l’inglese Sam Rayder con “Space Man”.
Ad Eurovision la sorpresa diventa realtà

Molti invece avevano visto negli ucraini della Kalush Orchestra i vincitori annunciati, sull’onda emotiva che sta colpendo il loro Paese. Alla fine hanno trionfato. Anche con merito perché la loro canzone non era male. Nemmeno il tempo per godere del trionfo e avvisare che sarebbero subito tornati in patria per difendere la loro libertà che sono partite le critiche. C’è anche chi ha detto che la loro vittoria era scontata. Che si poteva evitare questa edizione se poi il premio era più politico che musicale. Ma si sa. Chi non risica, rosica.
Una curiosità

Tra i partecipanti, per non meglio precisati motivi, anche l’Australia. Speriamo che il Trota, al secolo Renzo Bossi figlio di Umberto (il Senatur), non abbia visto il programma. Lui, tempo fa, era convinto che gli australiani fossero un popolo che veniva dal Canada. Ora chi glielo spiega che sono europei?