Le mani di Živa, solo le mani, che esplorano nei minimi dettagli la superficie irregolare del muro a secco. La percorrono, in un rapporto tattile. Nel video The Motovun Tape, un bianco e nero rigoroso girato da Paolo Cardazzo e Andrea Varisco nel 1976, durante il IV Incontro a Motovun organizzato dal Museo Etnografico d’Istria di Pisino, la concezione dell’artista, curatrice, gallerista, insostituibile figura della fotografia a Venezia, è già lì, esplicita e potente. Massimo valore dell’immagine; come sosteneva Adorno «dispiegarsi della realtà».
Živa e Unica
Parlare di Živa Kraus pittrice, commentando oggi la formidabile mostra Unica che l’amica Marina Bastianello le ha dedicato a Mestre, nella sua galleria nei pressi del Museo M9, suscita riflessioni importanti su cosa abbia rappresentato, e rappresenti per la vita culturale veneziana questa figura straordinaria, integra, non sempre del tutto compresa. Già lo aveva affermato il fotografo Ferdinando Scianna, legato a Živa da stima e amicizia.
Živa. Chi è veramente
«Non è una persona qualsiasi, Živa Kraus. Non lo è fisicamente, alta, carismatica, con uno stile mitteleuropeo e una figura elegante molto personale, un po’ fuori del tempo, sembra». E prosegue: «Non è un tipo accomodante, la sua esigenza di qualità è sempre assoluta e senza tentennamenti. Un’esigenza vissuta come responsabilità nei confronti della città, di se stessa, della storia, dei fotografi a cui chiede lo stesso rigore».
L’artista
Dal 1971, Kraus vive ed opera a Venezia, ma proviene da Zagabria, dove è nata e ha studiato pittura presso l’Accademia di Belle Arti. La sua famiglia le ha offerto stimoli culturali e critici fondamentali: la madre Herma, medico, è divenuta Ministro della Salute; il padre Ivo, avvocato e procuratore, è stato uno dei primi presidenti delle gallerie d’arte contemporanea della città, oggi il Museo d’arte contemporanea di Zagabria.
Živa e l’arrivo in Italia
A soli sedici anni, per la prima volta, viene in Italia con il fratello gemello Ognjen. È un’esperienza europea, quella che Živa matura nei suoi anni giovanili, a contatto con una realtà originaria molto fertile («perché Zagabria è una città – ha spesso raccontato –con gli slanci e gli scambi di una città»), ma proiettata in una Venezia completamente diversa.
La carriera di Živa
Poco più che ventenne, si trasferisce in laguna e continua gli studi in Scenografia presso l’Accademia veneziana di Belle Arti. Un crescendo di attività, di rapporti fondamentali: Peggy Guggenheim la vuole come assistente per la sua Collezione; lavora con la Galleria del Cavallino fondata da Carlo Cardazzo. Sono anche gli anni in cui Živa approccia la nascente videoarte italiana e non: è di questo periodo la vicinanza al centro fiorentino Art/tapes/22 a cura di Maria Gloria Bicocchi e al Centro di Videoarte di Palazzo dei Diamanti, diretto da Lola Bonora. Nel 1975 inaugura la sua prima personale veneziana alla Galleria Il Canale.
La pittura e gli strumenti espressivi
Nell’approfondito testo critico di Viana Conti che accompagna la mostra di Mestre, s’individua un rapporto significativo tra la pittura di Živa e i nuovi strumenti espressivi: «La qualità dell’immaginario pittorico dell’artista – scrive Conti – può aver interiorizzato anche le modalità dinamico-processuali del video nel ductus della sua pulsione grafico-gestuale».
Živa e l’amore per Venezia
Il resto è dato dallo sguardo estremamente personale che Kraus rivolge alla città in cui ha scelto di vivere: «La bellezza di Venezia è in Venezia stessa – ha spesso commentato – un’armonia con la natura e con il cosmo. La bellezza nell’opera dell’artista, quella, è lui che la deve creare, è attraverso di lui che deve passare l’addizione di una nuova armonia. Venezia non ci può dare la sua bellezza. Io guardo sempre Venezia da sopra e da sotto e la vivo come la cima in luce di una piramide che, di fatto, è sott’acqua».
Pittura, video, fotografia
Messaggi diversi ma contigui, per esprimere la medesima visione. Nel 1978, Živa è curatrice del catalogo della XXXVIII Esposizione internazionale d’arte alla Biennale; nel 1979 fonda IKONA PHOTO GALLERY e, dieci anni dopo, IKONA VENEZIA International School of Photography, dapprima al ponte di San Moisè e poi in campo di Ghetto Novo. È una svolta epocale: Kraus crea e fa crescere, con l’apporto dei nomi più prestigiosi della fotografia internazionale, una struttura espositiva di codificazione e scambio che prima, a Venezia, non esisteva. Uno spazio di libertà e di conoscenza in cui hanno presentato i propri lavori, fra i tanti, Abbott, Basilico, Batho, Berengo Gardin, Newton, Levitt, Doisneau, Scianna, e l’elenco potrebbe essere molto più lungo.
Un vento sulla laguna
L’importanza di Živa Kraus per Venezia è legata a questa funzione tenace, precisa, basilare: la forza del presente che irrompe vigorosa, come vento sulla laguna. L’omaggio di Marina Bastianello è un’iniziativa felice e necessaria: «Ho voluto omaggiare questa mia collega e amica – scrive – analizzando una parte del suo carattere, il suo lato creativo, esplosivo: la Živa pittrice». Unica Živa Kraus, coerente, leale.
Il titolo dell’esposizione le sta a pennello: una panoramica in venticinque opere, realizzate con tecniche diverse nel corso degli anni; dalla pittura ai disegni, ai pastelli, ai carboncini. In più, il profetico video The Motovun Tape e l’installazione audiovisiva Živa Kraus Ikona Gallery Venezia realizzata da Simone Serlenga.
Živa e la comunicazione
A partire dall’opera scelta per la comunicazione dell’evento (uno splendido Autoritratto giovanile nero e ocra), la mostra può essere goduta come un’esplosione di stelle, o meditata goccia a goccia. Quella di Živa è una pittura epidermica eppure fonda, un sismografo emotivo. Quanto ci appare reale, fenomenologico, l’inconscio della città paradosso: l’artista lo ribadisce con la specificità del linguaggio, non con un racconto generico. La sua è una strada sensitiva; escludendo assunti naturalistici, parla una lingua propria.
Il dialogo nella pittura
È pittura per la pittura: la pienezza del dialogo, della corresponsione forse nasce dalla coincidenza tra una perdita e una conquista. La perdita dello stereotipo, la conquista dell’essere ora e qui. La convinzione assoluta, unica anch’essa, che ciò che l’occhio percepisce di questo scenario sia solo la punta, che l’essenza esista magari al di sotto, nei fondali oscuri. O nelle isole di silenzio che si possono ancora intuire, nonostante il fragore volgare, la fruizione cannibale.
Živa e la scommessa vinta
Una scommessa contro l’ovvio, fragile come l’amore, ma possente. Viana Conti bene la definisce atto di resistenza, io ribadirei soprattutto atto: di decisione, di aderenza al brivido cangiante del colore, del pastello che si sgretola in pigmenti. Atto di gemmazione, iterazione del gesto. C’è tutto in quelle carte-mondo: i sedimenti di un Novecento sconvolgente, il rigore etico dello strutturalismo; la verità visionaria di Bauhaus e il blu del Cavaliere di Marc. Il cuore di Amalasunta. È un linguaggio complesso come ogni inconscio e, allo stesso tempo, vicino, se solo si abbandonano i luoghi sicuri, ogni mimesi rassicurante.
Una pittura che avvolge
Così, pur sentendomi a casa – nell’infinito rincorrersi dell’eco, nelle oscillazioni diaframmatiche, negli à-plats incandescenti – l’esprimersi di questa artista unica come la sua vita, il passo sonoro e solitario per le calli, il brillìo degli sguardi mi colpiscono per onestà e per mistero. Esiste una malìa sottile nei suoi lavori pittorici, un incantesimo, difficile da decifrare, che attrae con forza centripeta. Il fascino di un suo, conscio e raro, sorriso.
Unica
Živa Kraus
a cura di Marina Bastianello
con testo critico di Viana Conti
prorogata fino alla fine di maggio 2022.
Per informazioni
Marina Bastianello Gallery
lun/mer/gio/ven/sab 15.30-19.00
mar/dom chiuso
Ziva : stupendi ! Purtroppo non so se potrò venire a Mestre ma è emozionante già vederli qui!