Infine l’esperienza che ha attraversato varie peripezie e stagioni, che ha affrontato argomenti impervi e divertenti, che ha vinto scommesse e che continua ancora oggi a cimentarsi con le situazioni più improbabili ricavandone approvazione, interesse, se vogliamo anche simpatia e condivisione di un gruppo sempre più ampio di persone (di amici si direbbe in altri ambiti misurabili a suon di clic) che ritengono degno di attenzione il nostro lavoro.
La collaborazione con Edoardo Pittalis
Mi riferisco alla ormai quasi ventennale collaborazione tra Edoardo Pittalis e il sottoscritto, e conseguentemente con altri musicisti del gruppo, a seconda della natura dei diversi progetti. Con Edoardo il riferimento è stato principalmente il nord est con la sua storia, i suoi problemi attuali, la sua cultura, i suoi punti di forza e le sue contraddizioni. Abbiamo trattato tutto ciò, ed altro, in numerosi appuntamenti con i pubblici più diversi: a Pordenone legge, alla Fiera delle parole di Padova, a Cartacarbone di Treviso, a Libri in cantina di Susegana. In scuole pubbliche dalle elementari alle superiori, da Verona a Trieste, a Udine
Abbiamo raccontato e raccontiamo la storia
Rievocando con la narrazione, con le immagini e con i canti la diaspora di oltre quattro milioni di Veneti emigrati nel mondo, la grande guerra e le sue conseguenze per il nostro paese, il ventennio fascista e la lotta di liberazione, l’avvento della repubblica e i difficili anni del dopoguerra e così via fino ai giorni nostri. Abbiamo spesso puntato l’attenzione sul costume e su comportamenti sociali dei nostri nonni o padri per capire anche i perché di taluni inspiegabili eventi. Ne usciva un paese spesso contraddittorio, afflitto dalla superficiale arroganza del comando e dalla intollerabile acquiescenza alla subalternità, spesso maschera di meschini e inconfessabili interessi. Nel mezzo un popolo indifeso, manipolato da nuovi e potenti mezzi di comunicazione di massa e da una raffinata strategia della menzogna.
Uno degli spettacoli più difficili
Uno dei lavori più complessi, e per questo forse anche più interessanti, che abbiamo portato in scena è stato lo spettacolo “Maramao perché sei morto. L’Italia ai tempi del trio Lescano”. Sul palco tre cantanti (Giuseppina Casarin, Laura Copiello e Francesca Gallo) ripercorrevano parte del repertorio del famosissimo trio, accompagnate al pianoforte da Paolo Favorido e al contrabbasso da Domenico Santaniello. Edoardo Pittalis, curatore del testo, ed io, esecutore di canti dell’epoca non appartenenti al repertorio del trio, completavamo il gruppo.
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Gli anni ’30/’40
Il periodo preso in considerazione andava dal 1937, momento di massimo consenso popolare per il regime fascista e per il Trio, alla liberazione, coincidente anche con la fuga del Trio in sud America e del successivo suo scioglimento. Sembrano due storie parallele, ma non lo sono state poiché le tre ragazze olandesi, benché tradite e abbandonate a se stesse, cercarono in tutti i modi di difendere la loro dignità professionale, aggrappandosi alla volontà di ripartire, mentre intorno a loro gli aguzzini, i torturatori cadevano travolti dalla loro stessa superba incapacità di capire cosa stava succedendo.
Marghera
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Poco prima dell’inizio della pandemia nel nostro paese abbiamo presentato “Dove el mar ghe gera”. Uno sguardo sulla storia di Portomarghera e sulla trasformazione di quattromila ettari di barene in una gigantesca zona industriale ai bordi di uno degli ecosistemi più delicati e fragili: la laguna di Venezia.
L’arrivo della pandemia
Abbiamo fatto in tempo a presentarlo tre volte, l’ultima delle quali al festival della politica di Mestre. Che abbiamo chiuso ogni anno con un nostro lavoro. Poi sono sopraggiunti il silenzio insopportabile e la comunicazione mediata da schermi piccoli, grandi e medi. Sembravamo tutti sospesi in bolle spaziali, intenti ad attraversare un mediocre film di fantascienza. Per la miseria! tutto vero, cioè falso: falsa la scuola, false le promozioni, falsi i saluti, falsi i sorrisi!!! “Prof per piacere bocciate mio figlio, non sa nulla, non ha mai studiato” “E come faccio? Dovrei bocciare tutti…” “Signora porti pazienza. Non è una grande disgrazia essere promossi!!! Ci penseremo l’anno prossimo, se tutto va bene, cioè se torniamo in presenza.” Sembra un dialogo tra fantasmi.
Dal Covid allo spettacolo
Appena ci hanno detto che non eravamo più fantasmi, se avevamo fatto il vaccino ed avevamo acquisito il relativo “green pass” (ancora l’inglese per dire una cosa che per centinaia di anni abbiamo chiamato certificazione, o qualcosa di simile, nella nostra lingua nazionale!!!) ci siamo rimessi all’opera.
Nel mese di febbraio di quest’anno l’irrefrenabile Edoardo Pittalis ha pubblicato per l’Editore Biblioteca dei Leoni il libro “La Serenissima e le epidemie” nel quale racconta, con la sua consueta immediatezza, chiarezza e ricchezza di informazioni, come Venezia nei secoli ha affrontato le pestilenze e le epidemie.
Venezia non è nuova alle Pandemie
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Che tali eventi avessero devastato l’Europa e il mondo allora conosciuto lo avevo letto più volte durante i miei studi storici. Che Venezia ne fosse stata a sua volta colpita me l’avevano evidenziato non una, ma ben due chiese. Elevate quale adempimento di voti rivolto nel ‘500 al Redentore e nel ‘600 alla Madonna per aver salvato la città da due successive pestilenze.
Quest’ultime poi devono essere state decisamente devastanti, viste le dimensioni dei due templi, decisamente tra i più imponenti della città.
Il libro di Pittalis ha avuto una buona accoglienza da parte del pubblico; le vaccinazioni stavano dando buoni risultati; si stava parlando di aperture moderate sull’attività culturale estiva…
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La telefonata di Edoardo
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Edoardo mi telefona:”…che ne dici di metter su uno dei nostri “spettacoli” sul tema delle pestilenze a Venezia arrivando fino ad oggi, al Covid? Ci sarebbe già una richiesta per farlo tra una quindicina di giorni a Spinea….”
“Ma Edoardo io praticamente sono fuori dal mondo da un anno e mezzo, del tema so poco o niente e soprattutto mi dici cosa canto sulle pestilenze dei secoli scorsi? Non ho manco letto il tuo libro…”
“Va bene te lo mando subito. Leggilo, qualche canzone ce l’ho già in mente io (e mi suggerisce due o tre titoli già in repertorio che mi danno un po’ di respiro) e poi vedrai che qualcosa ti viene in mente. Per ora Bastano alcune canzoni in tema giusto per spezzare un po’ il parlato, poi vedremo”.
Una spiegazione doverosa
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Quando mi trovo di fronte ad un tema da affrontare sulla base di un’opera scritta in precedenza per prima cosa, com’è ovvio, leggo l’opera, segnalo gli argomenti che tratta e accanto appunto i titoli di canti miei, della tradizione popolare, di altri autori, del repertorio storico. Insomma orientandomi tramite le varie fonti discografiche, librarie, informatiche e interpersonali di cui posso disporre, cerco di mettere insieme l’elenco del materiale musicale che potrei eventualmente già prendere in considerazione.
Successivamente valuto se ci sono temi sui quali mi interesserebbe cimentarmi con composizioni nuove, poiché comporre sarebbe il mio mestiere. Ma soprattutto farlo mi permette di entrare in modo più preciso all’interno della materia da affrontare. E’ l’unico modo per far sì che il rapporto tra parte musicale e testo non sia di semplice “accostamento estetico”. Ma costituisca un elemento di reciproca integrazione ed approfondimento sia informativo che emozionale.
La ricerca
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Pertanto in questa prima fase la ricerca delle fonti è determinante.
Io sono un pessimo catalogatore, non potrei mai fare il bibliotecario, men che meno il collezionista di qualsiasi cosa. Sono un imperterrito “accatastatore”, fortunatamente con una buona memoria visiva e topologica. Insomma rovistando trovo, o almeno ci sono discrete possibilità che ci riesca. Se proprio non ci riesco ricorro all’aiuto di Elisa, mia moglie. Che ogni tanto cerca di dare un aspetto civile al mio studio e così capita che si soffermi su qualcosa e quindi che mi possa aiutare.
Nel caso in questione, le epidemie a Venezia dal secondo millennio ad oggi, ho trovato qualche ricerca storica interessante, ma difficilmente utilizzabile per trarre ispirazione per qualche canzone. Il repertorio popolare documentato da libri e registrazioni, anche vicino a periodi di carestia o di epidemia, non mi ha restituito alcun cenno documentale in merito. Insomma ho capito che, a parte storici e cronisti, la gente non aveva gran voglia di immortalare i ricordi più tristi.
La fortuna di trovare “quel” libro
Per fortuna la mia attenzione, sostenuta da un confuso ricordo, è caduta su un libro che avevamo ricevuto a Natale dalla casa editrice Marsilio di Venezia.
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Da anni, ne era allora presidente Cesare De Michelis, indimenticabile amico, per le feste di fine anno la casa editrice pubblicava un migliaio di copie non venali di un libro sempre ben curato, facente parte della collana “Albrizziana” Documenti per la storia dell’editoria a Venezia a cura di Cesare De Michelis e Mario Infelise.
Il titolo del libro, il decimo della collana, è “La peste e la stampa a Venezia nel XVI e XVII secolo” a cura di Sabrina Minuzzi.
Dalla documentazione al lavoro di squadra
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Al suo interno una ricchissima documentazione riporta poesie, detti, scritti vari dell’epoca che mi hanno permesso di ricavare una serie di canti che accompagnano il racconto di Edoardo con informazioni, umori d’epoca, disposizioni, cercando così di restituire anche il clima relazionale e sociale dell’epoca così come ci è giunto tramite quelle testimonianze di prima mano.
Mettendo assieme le nuove composizioni, alcune canzoni già in repertorio, un paio di canti popolari e un paio di canti di Alberto D’amico, avvalendomi della collaborazione e della partecipazione di Simone Nogarin, detto Cimo, chitarrista e cantante, oltre che autore di canzoni, abbiamo montato la rappresentazione con il testo molto brillante di Edoardo.
L’impatto con il pubblico nelle prime esecuzioni è stato molto positivo e abbiamo avuto conferma di come il teatro-canzone possa essere uno strumento efficace di sensibilizzazione e di invito all’approfondimento sia del contenuto letterario che di quello musicale.
Musicisti, giornalisti, ricercatori e…archeologi
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Ma in realtà non l’abbiamo scoperto noi, e neanche Gaber e Luporini: al massimo abbiamo messo un punto fermo su un insieme di manifestazioni culturali che non sapevamo come definire. Concerto? musica? teatro? conferenza con canti? e in casi meno benevoli comizi cantati?…. forse è anche tutto questo.
Ma per raccogliere tutto questo e molto altro bisogna ricordarsi di cosa è stato nel tempo e nel mondo il rapporto tra la musica e la parola. Ha dato luogo al racconto ed alla poesia, che non possono prescindere da un intenso rapporto implicito, e talvolta esplicito , tra suono e silenzio, tra aritmia e ritmo. Ha creato il canto e la narrazione. E poi li ha coniugati in mille forme colte e popolari, in tutte le lingue, in tutte le latitudini, in tutte le ere della nostra storia. Di tutto ciò sappiamo ancora poco Siamo come archeologi, paleontologi, etnologi a cui strumenti sempre più potenti d’indagine disvelano paurosi deserti di conoscenza.