Dopo una stagione lunga e complicata a causa della pandemia, il Top10 di rugby sta per concludersi e il Mogliano Rugby si appresta a giocare le sue ultime quattro partite. Salvatore Costanzo, allenatore della squadra e uomo dei record del campionato italiano (ha vinto ben 10 scudetti), offre a https://www.enordest.it le sue valutazioni sulla stagione e analizza il difficile momento della nostra Nazionale.
Signor Costanzo come vede questa anomala stagione?
“Questa è sicuramente una stagione difficile da gestire per tutti. Posso, però, dire che la squadra nel corso dell’anno ha fatto dei miglioramenti, anche se non sono mancati i limiti: penso a partite con squadre più forti di noi contro le quali abbiamo disputato ottimi match senza però vincere. Dobbiamo migliorare. Nelle prossime quattro partite daremo il nostro meglio e proveremo a vincerle tutte. Per le società è stata un’annata non facile e molto impegnativa. Rispetto ad altri sport e ad altri campionati siamo stati fortunati, stiamo finendo il campionato e questo non era certamente scontato. Il Covid19 ha giocato un ruolo importante, spesso una squadra ha preparato una partita per poi scoprire a poche ore dal match che sarebbe stato rinviato”.
Cosa pensa del livello del Top10 di rugby?
“Quest’anno abbiamo visto un bel campionato, con diverse squadre, noi comresii, che hanno provato a ridurre il gap dalle prime quattro classificate. Quest’ultime sono ancora di un livello più alto, si tratta infatti di squadre attrezzate con giocatori forti e di società storiche ed importanti”.
Lei ha vinto tanto nel rugby, una squadra come riesce a raggiungere un livello alto?
“Le squadre che sono abituate a vincere arrivano a questo status grazie ad un insieme di fattori. Il budget del club, come facilmente intuibile, è molto importante e ti consente di avere buoni giocatori. La vera differenza la si percepisce però nell’aria che si respira in quella società. Parliamo di squadre capaci di adeguarsi ad ogni situazione, anche se costrette a cambiare giocatori. Quindi non incidono solo i soldi, ma anche la mentalità, che si può costruire con il giusto e necessario tempo”.
Come è stato il passaggio da allenatore a giocatore di rugby?
“Già a Calvisano avevo iniziato ad allenare, prima con i ragazzi del settore giovanile e poi con la squadra di Serie C. Mi sono subito accorto che si tratta di un mondo diverso, vedi il rugby da un’altra prospettiva ed inizialmente puoi pensare di essere sin da subito abile in questa nuova veste, avendo già giocato. Una volta che hai iniziato ti rendi però conto che non è vero e che devi studiare e capire dinamiche che prima ovviamente non prendevi in considerazione. Inizi infatti ad avere a che fare con il gruppo e, soprattutto, con le diversità che sono presenti al suo interno. Gestirle non è quindi semplice ma è il lavoro che amo fare e per questo ringrazio il Mogliano, per avermi dato fiducia prima da assistente ed adesso da head-coach”.
Cosa pensa della Nazionale? Per lei è necessaria una rifondazione?
“È innegabile che il movimento sia in difficoltà e penso che il problema superi le questioni di campo, o quelle tecniche e fisiche dei giocatori. Dobbiamo fare un grande lavoro ed iniziare una ricostruzione che parta dal basso, abbiamo bisogno di personaggi pieni di passione e che mettano da parte le scelte politiche. L’obiettivo riguarda quindi l’individuazione di una strada comune da intraprendere ed è necessario che tutti remino dalla stessa parte”.
Foto di Alfio Guarise