La moda veneziana ha appena mandato in archivio uno dei peggiori semestri della sua recente storia. Tra covid, lockdown e crisi dei consumi, nei primi sei mesi dell’anno, il manifatturiero metropolitano ha praticamente visto dimezzare la produzione. E sono crollati i fatturati per parecchie decine di milioni di euro. Dati pesanti, che in provincia hanno travolto complessivamente 748 imprese (128 del tessile, 297 dell’abbigliamento e 323 della pelle). Di cui il 73.8% è composto da aziende artigiane. Ovvero 568 micro, piccole e medie imprese che nell’area metropolitana danno lavoro praticamente un terzo degli occupati nella moda, oltre 2.500 addetti (pari al 34,3%).
Fascina: “Moda veneziana in ginocchio”
“Purtoppo la situazione rimane molto critica e i segnali che arrivano dai mercati sono tutt’altro che rassicuranti. Il prossimo semestre non basterà a recuperare neanche in minima parte un’intera produzione stagionale bruciata dal Covid. Spiega Gianluca Fascina, presidente della Federazione Moda della Confartigianato Metropolitana di Venezia –. Le manovre governative fatte nella direzione sbagliata peggioreranno ancora di più le cose. In provincia di Venezia tra mancati guadagni, costi necessari che si sono dovuti sostenere e crollo dei consumi si sono persi almeno 50 milioni di euro di fatturato. Rispetto lo stresso periodo del 2019″.
Occorre incentivare i consumi nel settore moda. Visto che tra marzo e maggio secondo l’Ufficio Studi di Confartigianato, le vendite di abbigliamento, calzature e articoli di moda in generale sono crollate oltre il 60% va bene. “Ma bisogna incentivare e scontare prima di tutto l’acquisto di prodotti made in Italy, riconoscibili dalle ‘etichette parlanti’ – prosegue Fascina -. Il progetto-pilota della Regione Veneto promosso dal tavolo veneto della moda, formato da Confartigianato Moda Veneto, Confindustria, Cna, Confesercenti e Confcommercio punta a certificare l’italianità di tutta la filiera di un prodotto. E non di beni fatti all’estero e importati”.
Progetto Pos non convince
A non convincere il settore è anche la beffa dello sconto pos: bisogna agevolare il made in italy, non i beni fatti all’estero e importati. Altrimenti per le nostre aziende produttrici la crisi resterà grave. “Non ci convincono le prime indiscrezioni sul progetto ‘Sconto pos’. Allo studio da parte del Governo per il rilancio del commercio e delle filiere produttive – prosegue Fascina -. Pensare di incentivare i consumi introducendo il ‘bonus Pos’, che prevede sconti a pioggia per chi paga anche abbigliamento e calzature con la moneta elettronica, non basta. Bisogna dare incentivi mirati solo a chi compra il made in Italy. Altrimenti i benefici non ricadranno su tutta la nostra filiera produttiva e non aiuteranno le aziende italiane”.
A bocciare le linee del “progetto un po’ limitativo” che il Governo valuta di varare entro agosto per il rilancio dei consumi del Paese è Gianluca Fascina, presidente della Federazione Moda della Confartigianato Metropolitana di Venezia. “Il rischio dell’effetto monopattino, ovvero quello creato con gli incentivi che hanno promosso la mobilità sulle due ruote elettriche – conclude -. Gli acquisti di monopattini sono indubbiamente cresciuti, ma essendo beni prodotti all’estero, principalmente in Cina, questa impennata ha influito quasi zero sull’intera filiera produttiva e sui posti di lavoro in Italia. Con il ‘bonus Pos’ per l’abbigliamento si rischia la stessa cosa; la gente magari comprerà qualcosa di più, ma se si tratta di prodotti stranieri, per le nostre aziende produttrici la crisi resterà grave”.