Con i consueti toni pacati ma decisi il Capo dello Stato Mattarella ha recentemente sollecitato una riflessione sulle condizioni delle carceri italiane, caratterizzate da sovraffollamento, suicidi in carcere e da carenza di strutture e di personale.
Suicidi in carcere: l’incontro con De Michele

Incontrando al Quirinale il Capo Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, Stefano Carmine De Michele, in occasione delle celebrazioni per il 208° anniversario della sua costituzione, il Presidente ha voluto approfondire il tema degli istituti di detenzione del Paese particolarmente sofferenti in questi giorni anche per le condizioni di caldo estremo del periodo.
Il discorso di Mattarella sul problema dei suicidi in carcere

So che ogni giorno cercate di assolvere con sacrificio e professionalità al vostro impegno ha detto Mattarella al personale penitenziario presente alla cerimonia, mostrando di comprendere come la loro attività sia resa ancora più complicata dalle condizioni generali del sistema penitenziario che conosce una grave e ormai insostenibile condizione di sovraffollamento cui si associano carenze complessive di organico particolarmente acute nella parte degli operatori, degli educatori e del personale sanitario.
Cosa dice la Costituzione

Un mix che spesso sfocia in esplosioni improvvise, per quanto non inattese, difficili da gestire e pericolose per i detenuti e gli operatori.
L’attenta analisi del Capo dello Stato ha toccato anche il difficile ambito delle condizioni strutturali inadeguate di molti istituti, nei quali sono necessari interventi di manutenzione e ristrutturazione cui provvedere con urgenza, dato che lo spazio non può essere concepito unicamente come luogo di custodia ma deve includere ambienti destinati alla socialità e alla progettualità del trattamento.
La Costituzione affida compiti rieducativi e di reinserimento sociale alla pena detentiva, prevedendo una gradualità ed alternatività vasta alle misure ma sempre con riferimento all’inclusione positiva attraverso l’espiazione; questo principio mette necessariamente al centro anche gli spazi fisici nei quali si svolge.
Per realizzare il recupero del detenuto come obiettivo costituzionale sono necessarie condizioni per le quali le carceri non devono trasformarsi in palestra per nuovi reati, in luoghi di addestramento al crimine, di senza speranza.
La questione dei suicidi in carcere

È drammatico il problema dei suicidi nelle carceri, che da troppo tempo non dà segni di arresto; una vera emergenza sociale.
L’inadeguatezza strutturale e la mancanza di personale sufficiente, rende gli istituti dei luoghi di abbandono della speranza, di sofferenza ineliminabile e costante, condivisa dai due lati delle celle, dai detenuti e dagli operatori.
E’ il risultato da molti diversi elementi di diversa origine e rilevanza ma tutti concorrenti nel rendere invivibile l’ambiente carcerario, al di là e ben oltre la normale afflittività prevista, un luogo nel quale la frustrazione dei pochi operatori presenti deriva anche da condizioni di lavoro e di retribuzione assolutamente inadeguate, alla mancanza di prospettive di miglioramento, all’insufficiente ruolo sociale riconosciuto che ne deprime l’immagine e la percezione. Un fattore particolarmente negativo in un ambito difficile e particolare nel quale l’autorappresentazione di sé risulta un elemento fondamentale per affrontare il pesantissimo stress emotivo che può portare al burn out.
Suicidi in carcere: non solo tra detenuti

La piaga dei suicidi coinvolge infatti detenuti ed operatori accomunati – su fronti opposti – da una progressiva perdita di speranza opprimente.
Recente è il suicidio di un sovrintendente del Corpo di polizia penitenziaria di 58 anni: si è tolto la vita sparandosi nel parcheggio della Casa Circondariale di Secondigliano, portando a tre il numero dei suicidi di agenti avvenuti nel 2025, che devono purtroppo aggiungersi ai 36 detenuti “ufficiali” dall’inizio dell’anno
I dati complessivi del sistema carcerario danno 16mila detenuti in eccesso e 18mila agenti mancanti, con carichi di lavoro assolutamente ingestibili se non ricorrendo a livelli enormi di lavoro straordinario che, come per altri settori della sicurezza pubblica, ha retribuzioni minori e pagamenti ritardati di varie mensilità, con il conseguente aumento della frustrazione che prova chi deve – con il proprio sforzo indotto – sopperire a limiti strutturali ed organizzativi antichi.
Quale la situazione locale?

Il punto sui penitenziari del Veneto lo fanno il procuratore generale di Venezia e il presidente della Corte d’Appello, ricordando come siano stati sei i suicidi di reclusi in un anno in regione.
Il presidente Citterio ricorda che è un problema che va affrontato e che continuano a essere anni neri per le carceri italiane, alle prese con sovraffollamenti, cattive condizioni di vita e suicidi, descrivendo un quadro che vede gli istituti veneti ospitare un numero di detenuti ben superiore a quello che potrebbero regolarmente contenere.
L’intervento del procuratore generale di Venezia

Il procuratore generale di Venezia, Federico Prato, ha eloquentemente riassunto i dati delle carceri della nostra regione: a luglio 2023, erano presenti 2.481 detenuti, quasi 500 in più rispetto ai 1.947 che potrebbero essere ospitati, con un trend all’aumento.
Le presenze sono in costante aumento – ha spiegato Prato -, e la situazione di sovraffollamento degli istituti di pena è particolarmente preoccupante.
Delle persone recluse, circa la metà (1.250) erano stranieri, 131 le donne, con una netta prevalenza di detenuti definitivi rispetto a quelli non definitivi., il cui destino sarà probabilmente quello della scarcerazione alla sentenza, permanendo perciò in istituto lungamente senza necessità.
Le case circondariali contengono più persone di quante potrebbero e dovrebbero, e questo comporta l’aumento di suicidi e tentati suicidi, sintomo di un profondo malessere della popolazione detenuta, a cui si aggiunge l’alta percentuale di carcerati che soffrono di disturbi psichici
Alcuni dati sui suicidi in carcere

In un anno, tra luglio 2022 e giugno 2023 (cui si riferiscono i dati), sono state in tutto 6 le persone a togliersi la vita, 2 in più rispetto ai 12 mesi precedenti, mentre i tentati suicidi sono stati 99 (circa due alla settimana) e gli atti di autolesionismo hanno toccato quota 787.
È significativo – ha sottolineato il presidente della Corte d’Appello di Venezia, Carlo Citterio – che siano soprattutto gli istituti che hanno una maggiore sovraoccupazione a presentare un numero maggiore di queste situazioni. È un problema che va affrontato
Una situazione di gravità che si estende al carcere di Santa Maria Maggiore a Venezia dove, nei primi giorni di dicembre si è registrato un tentativo di rivolta, nel corso del quale, dopo aver sventato un tentato suicidio, gli agenti in servizio hanno dovuto far fronte a una vera e propria sommossa, con incendio di suppellettili e lancio di oggetti.
Una situazione del carcere “esplosiva”

Condizioni problematiche, secondo Giovanni Vona, segretario del sindacato autonomo regionale di polizia penitenziaria (Sappe),che ha evidenziato una situazione esplosiva causata da affollamento e carenza di personale in servizio.
Abbiamo sempre detto che la morte di un detenuto è una sconfitta per lo Stato. Abbiamo segnalato la gravità del momento storico, la carenza di personale, i turni massacranti», per questo «abbiamo avvisato, congiuntamente con tutti i sindacati, gli uffici superiori e il prefetto di Venezia.
Lo stesso sindacato era intervenuto anche in merito ai tre suicidi registrati nel corso del 2023 nel penitenziario lagunare.
Situazione difficile a Venezia

La Casa circondariale di Venezia, in pieno centro storico, ospita attualmente 275 persone su una capienza di 160; la carenza del personale addetto è cronica e pesante, al punto che i dieci nuovi agenti della polizia penitenziaria promessi dal ministro Nordio nei giorni scorsi, possono rappresentare una boccata di respiro.
Ugualmente difficile è la situazione dell’Istituto femminile della Giudecca che vede una nuova direzione orientata ad una dimensione più aperta della gestione.
Positivo per altro il bilancio del movimento istituzionale e sociale che si è messo in moto – con la partecipazione della Chiesa stessa, ma anche di associazioni di volontari e di categoria, del mondo delle imprese, della direzione penitenziaria – per offrire opportunità di formazione e lavoro adeguate, dentro e fuori il carcere, per consentire di affrontare la parentesi della detenzione come una effettiva opportunità di svolta e ricostruzione di sé e del rapporto con la società.
Nordio e Moraglia e il problema dei suicidi in carcere

Nei gironi scorsi il patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, e il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, hanno avuto un lungo colloquio in merito alla situazione delle carceri lagunari, confrontandosi sugli elementi di maggior criticità delle case circondariali e nuove prospettive di collaborazione.
La questione relativa alla carenza di personale negli istituti penitenziari della città incide in maniera decisa sulla gestione quotidiana e sulla qualità delle condizioni dei detenuti e, su questo punto, ministro e patriarca hanno concordato sull’urgenza di potenziare le risorse umane, dando maggior sicurezza e dignità che porti al reinserimento adeguato ed efficace.
Il ministro ha garantito l’arrivo di un nuovo direttore del carcere femminile alla Giudecca e di 10 nuovi agenti dall’autunno prossimo.
Il patriarca Moraglia ricorda come la Chiesa veneziana abbia sempre focalizzato delle attività nel campo dell’integrazione dei detenuti, accanto a momenti straordinari come la presenza del padiglione della Santa Sede per la Biennale nel carcere femminile della Giudecca, visitato da papa Francesco e con le detenute impegnate nell’accompagnare i visitatori.
Inoltre i progetti di educazione e reintegrazione sociale a favore di chi è sottoposto a misure detentive, per favorirne l’esecuzione penale esterna, la promozione umana, l’integrazione-inclusione sociale ed anche il reinserimento lavorativo, attraverso l’opera della Caritas diocesana, contribuiscono a favorire il reinserimento ed alleviare la tensione.
Le proposte per alleggerire la situazione del carcere

Nei mesi scorsi sono stati realizzati 8 mini alloggi alla “Casa San Giuseppe” alle Muneghette di Castello e si stanno preparando altri 24 posti letto per detenuti e detenute, per garantire loro un graduale accompagnamento verso l’esterno e la ricostruzione di una propria autonomia e dignità.
Anche sul fronte del lavoro la connessione tra istituzioni e realtà veneziana è attiva: nei giorni scorsi è stato sottoscritto un accordo tra il Patriarcato e il direttore del carcere maschile Enrico Farina, teso all’occupazione dei reclusi ammessi al lavoro esterno che verranno inseriti come restauratori, carpentieri, operai e guardiani della Basilica di San Marco.
Sono previste anche altre attività rivolte sia ai detenuti sia al personale di Santa Maria Maggiore, tra le quali alcune visite guidate alla Basilica a cui si affiancheranno visite ai reclusi in carcere da parte di collaboratori della Procuratoria di San Marco, nel corso delle quali verranno proiettati filmati e sulle opere d’arte del patriarcato.
Il monito del Presidente Mattarella, in questo come negli altri casi, è sempre preciso e puntuale nell’evidenziare problematiche pubbliche che, attraverso l’impegno e la partecipazione attiva di istituzioni e cittadini, possono costituire momenti di crescita sociale e di consolidamento delle strutture democratiche del Paese.