Per il suo esordio narrativo, il giornalista, saggista e storico Pierluigi Rizziato ha scelto di cimentarsi con un giallo. Un giallo veneziano, come recita il sottotitolo del suo nuovo libro intitolato L’isola del rimorso (Pordenone, Biblioteca dell’Immagine, 2024).
Un giallo anomalo, molto originale, che si discosta dal canone del genere che pretende ci sia fin dalle prime pagine, a volte addirittura dalle prime righe, un cadavere con un mistero che un abile detective deve risolvere.
La storia si svolge tra Venezia e Mestre, ma con qualche deviazione a Bologna, Fonzaso (BL), l’Inghilterra e anche il lontano Venezuela, tra il 1947 e il 1993.
Seguiamo le vicende della famiglia Campaltin che abita in Calle de le do corti, nel sestiere di Cannaregio, formata da Arturo e Anita, marito e moglie, e dai loro quattro figli: Adelaide, Anselmo, Alessio e Angelo.
Rizziato e i misteri tra Mestre e Venezia
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Il primo mistero, quello sì, compare subito, già nell’incipit: perché Arturo Campaltin, il 13 ottobre 1948, complice una fitta nebbia, esce di nascosto, all’alba, di casa per inoltrarsi in laguna sulla sua barca? E che rito è quello che ripeterà, incidendo su una bricola (una data e due parole), per molti anni, ogni anno, sempre lo stesso giorno?
Altri misteri: la scomparsa dell’oste Perpetuo, prima, e poi della famiglia della cugina di Anita (Elena, il marito Renato Toffoletto e il figlioletto di pochi giorni, Lillo), che, partita per il Venezuela, dopo qualche anno non darà più notizia di sé.
Il tempo passa, i figli di Arturo e Anita crescono, tra tensioni e scelte che non sempre vengono accolte bene, soprattutto dal padre. La mentalità patriarcale, per esempio, impedisce ad Adelaide di studiare, mentre i fratelli maschi possono proseguire la loro carriera scolastica e questa frustrazione la porterà ad andarsene di casa ancor prima di compiere la maggiore età, costruendosi un futuro con le sue sole forze.
In città si è trasferito, dal Sud, il trentaquattrenne Ruggero Lo Monaco, giovane commissario nella sede di San Leonardo, che si annoia: Venezia in quegli anni non presenta eventi criminali importanti. Non certo quelle che Rocco Schiavone, il protagonista dei romanzi gialli di Manzini, chiamerebbe ”rotture del decimo livello”. Una tranquillità che invece piace molto al giudice istruttore di origine siciliana Ampelio Anticò.
Tranquillità che viene interrotta il 23 settembre 1968, quando viene trovato un cadavere al quinto piano della pensione “La risorsa”: si tratta di Mario Campaltin, il fratello di Arturo. E anche il corpo di Arturo, diversi anni dopo, nel 1983, viene ritrovato riverso ed esanime sull’isola di Campalto.
Rizziato e la sua meticolosità
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Tra le pagine, oltre alla trama poliziesca, si racconta la storia recente di Mestre e di Venezia, indissolubilmente legate eppur così diverse e l’autore non rinuncia a esprimere le sue idee al riguardo, lasciando parlare, per suo conto, il commissario Lo Monaco (p. 142): «Insomma, Venezia è in mezzo alla laguna, Mestre è più popolosa, adesso sarà sui duecentomila abitanti ed è nell’entroterra. A unirle è un ponte lungo cinque chilometri. In passato non c’era nemmeno il ponte e sono stati sempre due comuni distinti. Ma a un certo punto della sua storia, fra le due guerre, in epoca fascista […] hanno pensato bene di accorparle in un unico, grande comune… pensato bene?».
Rizziato descrive con cura una città piccola, dove sembra che tutti si conoscano. Dove il pettegolezzo, le ciacole (soprattutto di due betoneghe, le sorelle Alba e Alda Baldan) si insinuano nelle vite di tutti. Ma c’è spazio anche per la storia recente, quella che ha avvelenato gli anni 80, con gli attentati omicidi delle Brigate Rosse a Gori, Albanese e Taliercio. Così come, ogni tanto, compaiono sulla scena personaggi molto riconoscibili, come Jimmy, il chitarrista di strada.
Il giallo verrà risolto, naturalmente, alla fine, portando alla luce un tormento indicibile, un rimorso, appunto, imperdonabile, quello che viene messo in evidenza fin dal titolo.
L’autore
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Pierluigi Rizziato è nato a Mestre. Giornalista professionista dal 1982 è stato corrispondente di settimanali sportivi, di musica, cultura e attualità. Ha diretto un periodico sportivo e un altro di informazioni commerciali. Ha lavorato a Radio Venezia, nei quotidiani “Il Diario”, “La Nuova Venezia”, “Il Giornale di Vicenza”. E per trent’anni a “Il Gazzettino”, dove è stato vicecapocronista nella redazione di Mestre e capocronista nella redazione di Rovigo. Collaborato con l’Ordine dei giornalisti del Veneto nell’ambito dei Corsi di formazione professionale. È componente del direttivo del Centro studi storici di Mestre. Ha pubblicato Mestre, gli anni beat (2009, Comune di Venezia – assessorato alla Cultura), con Mazzanti Libri nel 2016 ha pubblicato Mestre Venezia. Baci, abbracci, bisticci, tradimenti. Per Biblioteca dell’Immagine ha pubblicato: La spiaggia di Mestre (2013), Storia di Mestre (2017), Storia di Chioggia (2019).
Pierluigi Rizziato, L’isola del rimorso. Giallo veneziano, Pordenone, Biblioteca dell’Immagine, 2024
Ringrazio èNordEst e ringrazio Annalisa Bruni per l’ottima recensione al mio romanzo “L’isola del rimorso”, giunta puntuale nel periodo dell’anno in cui ci si dedica anche ai regali per l’ormai imminente Natale. Nel mio piccolo sono molto contento perché, al momento, fra quanti l’hanno già letto ho riscontrato solo giudizi positivi, per dire molto positivi. In un paio di presentazioni, anche recentemente, sono stati espressi degli elogi che davvero non mi sarei aspettato. Probabilmente sarà perché il mio è un giallo atipico, sicuramente, ma è anche un viaggio, un viaggio nella bella Venezia del secolo scorso, la Venezia dei veneziani, non ancora subissata da moltitudini di turisti, è una passeggiata nella Mestre negli anni della sua suo ripresa, ma il lettore è preso per mano e viene portato anche un po’ in giro per il mondo, dalle Dolomiti, alla Sardegna, in Germania del Nord, in Inghilterra, fin sulle alte vette della Patagonia. Cosa c’entrano le alte vette della Patagonia con un giallo veneziano? i lettori lo scopriranno solo leggendo.
Grazie!