C’è una magra consolazione. Anche il centro storico di Vienna, patrimonio dell’umanità, rischia di essere inserito nella black list del World Heritage Centre dell’Unesco, per via di un grattacielo enorme che si vuole costruire attorno alle case jugendstil-secessione sulle rive del Danubio. Un po’ e sulla falsariga del grattacielo che si vuole costruire in viale San Marco a Mestre. Non a caso nelle osservazioni dell’Unesco, che si riunirà il prossimo settembre a Riyad in Arabia Saudita, dicono che deve essere protetta anche la terraferma veneziana. Mestre come “città cuscinetto”. Chissà se penseranno anche a Portomarghera, come “porto cuscino”.
Un po’ di ironia non fa male
Due ex-sindaci di Venezia, di lunga navigazione, Massimo Cacciari e Paolo Costa, non hanno preso bene questa nuova mossa dell’Unesco che già nel 2021 minacciò l’esclusione dal prestigioso sito per via delle grandi navi. All’epoca, ci pensò un decreto ad hoc del nostro Mario Draghi a sistemare le cose. E Venezia fu salva, si fa per dire. Per la precisione, due anni fa fummo anche salvati per merito di un emendamento etiope, di uno sconosciuto rappresentante africano. Potere dei numeri.
Cacciari si scaglia contro l’Unesco
Massimo Cacciari, la butta però sul pesante. “L’Unesco non parli a vanvera e tiri fuori i soldi per opere che servono”. Già i soldi, che l’Unesco proprio non ha. Cacciari non cita a vanvera… la “vanvera”. Era un originale oggetto che le patrizie veneziane si portavano nei balli e nelle feste per non vergognarsi di peti e fastidiose flatulenze. Insomma un argomento veneziano. Giochiamo in casa.
Paolo Costa, già rettore di Ca’ Foscari, mette in risalto le contraddizioni dell’Unesco
Si creano i siti, per dare pubblicità storica e culturale e per far venire i turisti per finanziare i restauri. L’esatto contrario nel caso veneziano. Per Costa è ora che Venezia si separi dall’Unesco. Così, senza rancor. Amici come prima. Gli Stati Uniti lo hanno già fatto due volte dai tempi di Reagan a Trump, per poi re-iscriversi quest’anno. Con gli arretrati.
Venezia patrimonio mondiale con o senza Unesco
Nella polemica politica si è inserito anche il sottosegretario alla Cultura, Vittorio Sgarbi. “Con o senza Unesco, Venezia resta patrimonio mondiale”. Solo un piccolo esempio casalingo sul grande business Unesco. Per poter inserire i prestigiosi colli del Prosecco trevigiano, sono stati sborsati circa 500 mila dollari. Anche il merletto di Burano ha chiesto il prestigioso marchio Unesco. Ma la vedo dura.
Sulla questione Unesco era intervenuta anche la Gabanelli
Molto corrosiva tre anni fa una ricerca di Milena Gabanelli apparsa sul Corriere della Sera: “L’Unesco certifica che siamo belli, ma alla tutela concreta devono pensarci gli Stati membri”. Il budget Unesco, con sede mondiale a Parigi dal 1946, parla chiaro. Dei 780 milioni di dollari garantiti dai sottoscrittori, oltre la metà vanno in stipendi e mantenimento uffici (319 milioni) e costi per l’istruzione (210 milioni). Sono un modesto 3% per la tutela del patrimonio.
Il filosofo Cacciari ha messo quindi il dito nella piaga
L’Italia può dire la sua. È il settimo finanziatore mondiale (con 13 milioni annui) e il primo al mondo (29 milioni) per contributi volontari. Siamo anche il paese con più siti. Ben 54 contro i 53 della immensa Cina. I patrimoni sono divisi in storici, naturali, immateriali (dal 2003, noi abbiamo la pizza…) e misti. Venezia e la sua laguna è da considerare patrimonio misto. Le annotazioni critiche in previsione del 45esimo World Heritage sono state diffuse giorni fa dal quotidiano parigino “Le Figaro”. I nuovi mali di Venezia sono il turismo becero di massa, il moto ondoso, le torri e le costruzioni maxi alberghiere a Mestre, i pericoli dovuti al cambiamento climatico e all’innalzamento marino.
Ora che faranno a settembre?
L’amministrazione comunale mette sul tavolo il programma già predisposto per il contributo d’accesso. Dopo anni di pausa Covid e l’eliminazione dei fastidiosi tornelli, è previsto per il 2024. Per le feste comandate: Pasqua, 25 aprile, primo maggio, ponte dei morti, ecc. Ci sarà un QrCode di 5/6 euro per i giorni più affollati. L’opposizione si era in parte già schierata. Per il contributo d’accesso la parola ai cittadini, si disse in una infuocata assemblea a Rialto e poi manifestazione a Campo Santa Margherita. Per il Pd il contributo d’accesso era “inadeguato e ininfluente”. Per il consigliere Marco Gasparinetti addirittura una “gabella medievale”. Nell’opposizione, solo la consigliera Cecilia Tonon di “Venezia è tua”, i disincentivi per i limitare i flussi, andavano bene.
Con il nuovo intervento a gamba tesa dell’Unesco si attendono reazioni e polemiche
Da oltre 70 anni il centro storico perde abitanti. La cifra simbolo “49.999” cara a Venessia.com e alla farmacia di Campo San Bortolomio, è stata superata. La contesa ora è tra il numero dei posti letto per turisti (49.272) che appare in una libreria di Campo S.Margherita e i residenti (49.346). Il centro storico perde centinaia di abitanti ogni anno (oltre 8 mila negli ultimi dieci..). Tanti vecchi (oltre 5 mila tra ottantenni e novantenni), mentre il rapporto tra gli ultra 65enni (16.000 circa) supera di quattro volte i 15-20enni, circa 4 mila. Secondo una ricerca della Spi-Cgil, tre veneziani su dieci superano i 70 anni. Dati da patrimonio archeologico Unesco.
A cosa mirava l’Unesco
Il celebre rapporto su Venezia del 1969 (tre anni dopo la grande alluvione e sette dopo il celebre convegno del 1962 alla Fondazione Cini, dove si etichetta per la prima volta “il problema di Venezia”), l’Unesco puntava sulla conservazione dei monumenti, sull’ambiente, sul rapporto “perverso” tra centro storico-terraferma e zona industriale. Della sorte dei veneziani, all’epoca, nessun accenno.
E se l’Unesco avesse forzato la mano?
Per il prof. Amerigo Restucci, già rettore Iuav, il segnale del World Heritage Centre è stato “troppo secco”, per non dire antiquato. Insomma l’Unesco ha un po’ forzato la mano. C’è ancora tempo per rimediare. E da qui a settembre, discussioni e polemiche non mancheranno. Tra campi, calli e campielli, siamo abituati.