“Si deve dire, in piena sincerità che molti cori hanno ripreso le canzoni degli alpini che cantano, con intendimenti e risultati sicuramente artistici, per eseguire questi canti in maniera dignitosa. (….) Sol che, per una ragione di carattere tecnica ed artistica, dovuta essenzialmente ai direttori dei cori, l’esecuzione risultava infedele nei confronti dell’originale (…) perché i direttori dei cori presentavano le canzoni alpine con elaborazione e trascrizione che tenevano conto più del lato artistico e musicale che della fedeltà storica delle canzoni stesse”.
Affermazione ingenerosa di alcuni incontentabili puristi o osservazione puntuale e preveggente di un inguaribile pessimista? In che cosa consiste “il lato artistico e musicale”? Non è dato saperlo. O meglio possiamo tentare delle ipotesi.
Due esempi di Alpini che cantano
Gli Alpini che cantano secondo Bepi De Marzi

Afferma un grande Maestro della musica corale, Bepi De Marzi. “La montagna? In montagna non si è mai cantato così. Nelle valli alpine, questo genere vocale e armonico è arrivato dalle città con l’escursionismo. Alla fine degli Anni ’60, in un convegno a Cortina, si è detto che i cori maschili erano tutti “trentinizzati”. Ma se non ci fosse stato il Coro della SAT, nessun coro maschile sarebbe sorto nel secondo dopoguerra.”
Le nuove armonizzazioni

Alla fine del conflitto mondiale il fondatore del ricostruito coro della SAT, il maestro Antonio Pedrotti, avviò lo stesso sulla via di nuove armonizzazioni dei canti. In sostanza Pedrotti, ma anche Arturo Benedetti Michelangeli, Andrea Mascagni ed altri musicisti di valore applicarono ai brani del repertorio SAT le “regole” della polifonia franco-fiamminga, una scuola musicale che, nata tra Francia e Belgio attorno alla metà del Quattrocento, si diffuse in buona parte dell’Europa già all’inizio del sedicesimo secolo. “Trentinizzati” i cori maschili? No, al massimo “fiamminghizzati”. Che non è una brutta cosa! Al contrario è un’operazione di cultura musicale estremamente interessante e ben costruita. Ma perché chiamarla “popolare”? Perché di montagna? Perché Cori Alpini.
Parliamo del perchè gli Alpini cantano

Nelle lunghe traversate e scalate, nelle sere al campo o nelle retrovie gli alpini, (ma anche gli altri soldati) cantavano per darsi il passo, per condividere le loro storie, per mettere in comune l’esperienza che stavano vivendo. In tale esperienza un popolo si è scoperto tale incominciando a conoscere e il più delle volte ad apprezzare questa variopinta realtà fatta di tante lingue, tante diverse usanze e culture, ma anche da eroiche paure, storie personali da condividere, amori, desideri e speranze universali.
In quelle occasioni, nei giorni di riposo nelle retrovie e nei lunghi trasferimenti a piedi sono nate numerose canzoni che hanno tracciato il fronte della guerra alpina nel nord est, rappresentandone i momenti di grande sofferenza, di immensa fatica, ma anche di soddisfazione. La prima raccolta di Canti di soldati fu effettuata da Piero Jahier, allora ufficiale di fanteria, dedicandoli “al compagno soldato” per conforto del fante in trincea.
Che cosa cantavano dunque questi fanti?
Uno spaccato significativo della vita militare, una grande nostalgia per la vita senza divisa e senza guerra, alcuni canti sulla condizione di soldato e altri di contenuto sociale come il disertore, emigranti, e in chiusura un buon numero di canti friulani.
Annota Jahier ”Queste villotte friulane sono scelte fra quelle che più si sentono nel paese e più volentieri cantano i soldati friulani”
Altri due esempi
I versi dei canti riportati dal fronte hanno tracciato itinerari tra le cime delle nostre Dolomiti, dolorosamente attraversate e difese. Ritroviamo montagne rese famose oltre che dalla loro bellezza, dalle battaglie infuriate nei loro picchi, dalle canzoni che tutto ciò hanno portato sino a noi: Monte Canin, Adamello, Cristallo, Tofane, Monte Grappa, Ortigara, Pasubio…. Difesi da queste cime troviamo paesi e località che ci accompagnano fin sulla pianura, attraversata prima da Italiani in fuga, poi da Austro-Tedeschi in ritirata, anch’essi enumerati in versi dolenti o in strofette alleggerite da note di ironia: Cortina, bombardata con i fiori, Bassano, con il suo storico ponte, giù, giù fino al Piave con il Ponte della Priula completamente distrutto. Ironia dicevo:
“I fregni che ogni giorno ti schiaffano un discorso
invece che sul Carso poi marciano sul Corso”.