Nel 1985, quando Les Éditions de Minuit pubblicò il romanzo breve La Salle de bain, l’autore, Jean-Philippe Toussaint, era uno sconosciuto al suo esordio. Eppure ebbe uno straordinario successo. La critica lo salutò come “un’eccezione, una meraviglia, l’emergere di uno scrittore inclassificabile e perfetto”: così Jacques-Pierre Amette sulla rivista “Le Point”. Questo libro divenne presto un vero fenomeno, al punto che si coniò l’espressione “generazione salle de bain”. Una analisi ironica, spietata e solipsistica dei trentenni dell’epoca, come ebbe a dire Mario Fortunato su “L’Espresso” nel 1986, anno in cui Guanda ne pubblicò la traduzione italiana (La stanza da bagno), a cura di Leonella Prato Caruso.
Una nuova traduzione de La stanza da bagno

Nel 2021 l’editore veneziano Amos l’ha riproposto con una nuova traduzione, affidata allo scrittore venezianissimo Roberto Ferrucci e con la consueta veste tipografica raffinata che contraddistingue queste pubblicazioni.
La trama
Seguire le pigre giornate del protagonista che si muove (poco) tra cucina, corridoio e, soprattutto, la stanza da bagno del suo appartamento a Parigi, ci porta a osservare la sua realtà fatta di oggetti, persone (poche) e situazioni descritti con chirurgica precisione e predilezione per l’assurdo. A nulla valgono le sollecitazioni della compagna, chiamata Edmondsson – immaginiamo con il cognome (?) – a uscire, tanto che si rende necessario avvisare i suoi genitori. Nemmeno l’improvvisa decisione di prendere il treno e partire senza avvisare nessuno cambierà questa vita immobile. Approdato a Venezia, rimarrà per lo più in albergo, con rare capatine alla Standa per qualche acquisto, infinite partite e addirittura solitari tornei a freccette. La città più bella del mondo non sembra interessargli, anche quando Emondsson lo raggiunge e passa le giornate a visitare chiese e musei o a sentire qualche concerto, lui l’accompagna di rado senza dimostrare il minimo entusiasmo.
Anche Venezia come un mondo in una stanza da bagno

“La chiesa – San Marco era buia. Seguivo Edmondsson svogliatamente, le mani affondate nelle tasche, facevo strisciare le suole sul pavimento di marmo disomogeneo. Qua e là sul pavimento c’erano dei mosaici. Lasciai Edmonsson andare avanti, a grandi passi verso le dorature e, mentre l’aspettavo, mi appoggiai a una colonna guardando gli archi sopra la mia testa. […]” Fuori, la luce mi abbagliò. Edmondsson mi aveva raggiunto sul sagrato e si proteggeva gli occhi con una mano. Fianco a fianco, avanti alla chiesa, strizzano gli occhi, ci chiedevamo cosa fare. Edmondsson, che sfogliava il libro sulla pittura italiana, voleva continuare le visite. Cercai di dissuaderla. Davanti alla sua serena determinazione (non mi stava a sentire), capii che non sarei riuscito a farle cambiare idea. Ritornai da solo in albergo.” p. 71-72.
Chiuso nella sua stanza continua a giocare e, esasperato per l’insistenza con cui la donna lo invita a smettere, la prende a bersaglio conficcandole una freccetta in fronte e facendola finire all’ospedale.
Una Venezia prosaica

La Venezia di Toussaint è dunque una città piuttosto lontana dall’immagine che di essa viene data solitamente in letteratura. Una Venezia “terra terra, concreta, prosaica, la Venezia reale di un giovane reale della fine del XX secolo […] e non la Venezia estetica e romantica della maggior parte delle solite evocazioni letterarie”, come afferma l’autore nella sua nota alla riedizione italiana (p. 12-13).
La sua scrittura è sorprendente, asciutta e curata nei dettagli che ci conducono poco alla volta ma inesorabilmente nel mondo di un personaggio fuori dal comune, esasperante ed eccessivo, maniacale e disperato. Ci avviluppa nelle sue spire che stritolano prima di tutto se stesso.
Il testo si sviluppa in tre parti o capitoli: Parigi, Ipotenusa, Parigi

Ogni capitolo è suddiviso in brevi paragrafi numerati (1- 47, 1-80, 1-50). Leggendolo non può non venire in mente il Viaggio intorno alla mia camera di Xavier de Maistre, con la differenza però che in quel caso la segregazione non era volontaria, ma coatta. Il celebre scrittore francese infatti scrisse quel libro nel 1794 durante un periodo di arresti a seguito di una punizione. La scelta di chiudersi in bagno, poi, ricorda anche la situazione al centro di un romanzo di Massimo Vitali (Se son rose, Fernandel, 2011), da cui è stato tratto un film uscito di recente nelle sale: Nel bagno delle donne. Anche in questo caso, come nel romanzo di Toussaint il protagonista è un trentenne. Disoccupato, litiga con la moglie e si rifugia in un cinema. Rimane bloccato nel bagno delle donne e decide di rimanere lì dentro, scelta che viene interpretata come un atto di protesta e diventa un caso mediatico.
Si uscirà dalla stanza da bagno?
Stasi, immobilità, rifiuto della realtà declinate in diversi modi, ma specchio di una generazione (pur a decenni di distanza dal romanzo francese) di giovani adulti in crisi che preferiscono evitare il confronto e sembrano chiudersi alla vita. Ma forse, in entrambi i casi, uno spiraglio si aprirà.
L’autore

Jean-Philippe Toussaint, nato a Bruxelles nel 1957, è considerato uno dei più importanti scrittori di lingua francese. I suoi libri in Francia sono usciti per le prestigiose Editions de Minuit, la casa editrice di Beckett e del nouveau roman. In Italia sono stati pubblicato da Guanda, Einaudi, Nottetempo, Fandango e Clichy. Nel 2005 Amos Edizioni ha pubblicato in anteprima mondiale il libro Mes boureaux. Luoghi dove scrivo.
Roberto Ferrucci (Marghera, 1960), ha pubblicato tra gli altri: Terra rossa (Transeuropa Edizioni, 1993), Andate e ritorni, scorribande a nordest (Amos Edizioni, 2003), Cosa cambia (Marsilio, 2077 e People, 2021), Venezia è laguna (Helvetia Editrice, 2019). Insegna scrittura creativa nelle Università di Padova e Venezia, oltre che a Parigi, Lille, Montpellier. È il traduttore italiano di Jean-Philippe Toussaint e di Parick Deville.
Jean-Philippe Toussaint, La stanza da bagno. Traduzione di Roberto Ferrucci, Venezia, Amos edizioni, 2021.