Sarà perché sono ancora scosso dalla lettura dell’ultimo libro di Aldo Cazzullo: “Mussolini il capobanda – perché dovremmo vergognarci del fascismo”, (dove sono dedicate diverse pagine sulla triste sorte dei 246 ebrei veneziani), che la scoperta fatta in questi giorni in un palazzo veneziano del ‘500, mi ha fatto accapponare la pelle. Si tratta di un nascondiglio rimasto intatto e con la stessa polvere del 1943, 80 anni fa, quando un gruppo di ebrei dovette sistemarsi in un nascondiglio della soffitta, al limite della sopravvivenza, per sfuggire alle persecuzioni nazi-fasciste.
Quegli ebrei salvati in una soffitta


La proprietaria del palazzo, Patrizia Nicolai, mi aveva invitato per ricordare i 100 anni della ditta di suo nonno, il capitano di Marina, Natale Nicolai, diventato famoso nella Venezia di inizio secolo come produttore di vele e salvagenti per l’Arsenale. Correva l’anno 1923 e pochi immaginavano quello che stava succedendo. Molti operai della ditta, di origine ebraica, vennero poi salvati dalla sua famiglia, a partite dalle leggi razziste del 1938.
“Vuoi vedere anche la soffitta? -mi dice Patrizia Nicolai – guarda che ci resti male”. Avevamo appena visitato i due stupendi piani nobili, trasformati in locazioni d’epoca, con mobili antichi, pavimenti e mosaici originali del ‘700 e una vista da sballo sul campanile di San Marco.
Un nascondiglio perfetto


La salita è segreta e si accede attraverso un muro finto, nascosto da un vecchio armadio, e una ripida scala in legno. Nella mansarda buia con ancora intatte le due stufe dell’epoca, si ha subito l’impressione che il tempo si sia fermato. L’odore che si respira è quello del mistero e della disperazione.
Camminando sotto i travi con un muretto di mattoni rabberciato, si intravvede un buco dove a malapena ci passa una persona. Una scaletta ti conduce alle stanzette segrete. Lí si nascondevano le famiglie ebree, per sfuggire alle delazioni e alle spiate, purtroppo dei veneziani stessi. Magari erano conoscenti che avevano avuto gli stessi figli a scuola.








In un altro stanzino, un buco con un tubo di scarico serviva come wc. Una delle cose che fa più impressione è vedere la stia, la gabbia per le galline e per le uova, le reti metalliche ancora intatte. Erano la sopravvivenza. Da una finestra si accede ad una piccola altana nascosta. Per il cambio d’aria.
La memoria storica del Ghetto


Riccardo Calimani, lo storico del Ghetto di Venezia, mi dice che sua mamma e suo papà si sposarono lo stesso giorno del suicidio del dottor Giuseppe Jona, il 16 settembre del 1943. Era il presidente della comunità ebraica e si rifiutò di fornire ai fascisti l’elenco dei residenti veneziani. Dopo l’immediata fuga, i genitori, si nascosero tra i boschi dell’Alpago. E li andò bene. Altri riuscirono a beneficiare di amici che rischiarono la vita per proteggerli. Ad un bimbo ebreo fu insegnato il Padre Nostro e l’Ave Maria; camuffato da chierichetto, si salvò la vita.
Palazzo Pisani fu la fortuna di quegli ebrei




Palazzo Pisani a guardarlo dal rio di Santa Marina ha una facciata stupenda, dal ponte non si vedono le soffitte, ecco il motivo di tanta sicurezza. E la fortuna degli scampati ai lager.
Nel 1898 la famiglia Jesurum che produceva biancheria e stoffe, lo vendette ad una famiglia ispano-ebraica, i Levi Morenos, e da questa passò ai Nicolai, imprenditori di origine sarda (erano proprietari nell’isola della Maddalena) con centinaia di operai a Cannaregio. Producevano articoli per il mare.
Gli unici della vecchia generazione del 1943, per poter ricostruire la storia degli ebrei salvati a palazzo Pisani, sono anziani che vivono a Roma. Ulderico Nicolai, il nonno della proprietaria, ricordava benissimo la storia e il nome dei sopravvissuti.
L’importanza di ricordare


Se esiste ancora in giro a Venezia qualche negazionista della Shoah, gli consigliamo una giornata in soffitta al buio, dentro palazzo Pisani.
“Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario”.
Primo Levi, “Se questo è un uomo”.
Molto bello questo articolo!
veramente Elisabetta mi ha colpito per la sua originalità