Parafrasando l’amico Isgrò, si può dire che oggi l’arte viene – necessariamente – “teatralizzata”. In questi giorni ne ho avuto la prova a Pesaro dove la transizione dell’Arte verso l’ultra moderno ha raggiunto un confine, che è un esempio di nuova creatività: oggi l’arte visiva contemporanea alloggia in un museo del capoluogo marchigiano che già vanta la grande Sfera lucente di Arnaldo Pomodoro.
Il Museum è un albergo, anzi – e simmetricamente – un albergo che è un autentico museo con opere di Sandro Chia, Enzo Cucchi e Mimmo Paladino esposte nella hall: spettacolare parterre che si lega con le 63 stanze firmate, cioè “arredate” liberamente da artisti italiani e stranieri.
Tutto esaurito, naturalmente, da turisti di buona cultura, appassionati dell’arte di questo nostro tempo, e curiosi di vivere un’esperienza dei sensi dentro una gigantesca opera d’arte: l’opera contiene il suo fruitore.
In effetti, questo Alexander hotel che chiude la palazzata balneare pesarese “là dove la città finisce”, ha conservato soltanto il nome dell’edificio originale: lo ha fatto ri-nascere un manager visionario e artista, nonché ex diplomatico e poeta, il conte Alessandro-Ferruccio Marcucci Pinoli di Valfesina (Nani per gli intimi).
Questo singolare personaggio dalle molte vite non ha realizzato un coraggioso recupero ma ha operato una vera e propria trasfigurazione: il vecchio Alexander Palace è diventato, alla fine, una architettura scultorea, una specie di autoritratto su scala teatrale del suo proprietario. In fondo, i sogni d’artista si trasformano in opere che danno significato al presente e proiettano la loro ombra fatata sul futuro mentre arricchiscono la vita di tutti.
Intermezzo
L’angelo perduto, a Venezia
Gli angeli sono esseri di varie categorie, e non cadono sulla Terra, per la semplice ragione che non vivono in cielo fra le nuvole: escono dalla loro sacra dimensione ed entrano nel nostro tempo attraverso fessure casuali che si chiamano distorsioni temporali. E’ noto, comunque, che la materia umana attira molto i quattro-ali, l’aristocrazia celeste che fornisce – come dire? – i custodi ad personam. Ma ci sono angeli a due ali, paragonabili alle api operaie: cito la classificazione del professor Adam Kurz.
A volte capita che un alato “semplice” si impigli nel nostro tempo, come adesso racconto. Angelo Ics emerge in un campo di Venezia in un’alba fresca d’autunno e si mette subito a cercare un contatto con un umano perché non può esistere se non in simbiosi con noi. Non è fortunato. Il primo vivente è una signora che fa la spesa e il suo custode lo disillude con un secco e ironico “Occupato!”
Questa scena si ripete venticinque volte: tutti i veneziani erano dotati di angelo quattroali. Angelo Ics sarebbe finito nei guai (sono i terrestri che ossigenano gli angeli come lui caduti in terra), ma la favola non è crudele… Arrivato a una vetusta cavana verso la Laguna nord, la trova occupata da una Sirena, anche lei fuori posto, ma umana a metà e dunque tenta con lei: “Scusa, sono Ics… e…” .
“Chiamami Theodora la Bionda” dice lei, senza preamboli. “Vuoi che ti legga l’anima?”
“Sono un angelo perduto, devo trovare un essere materiale che mi aiuti in questo mondo”.
“Se è per questo, puoi venire da me, fratello. Se non ci aiutiamo fra noi dell’altro mondo…”
E’ stato così che Ics ha avuto un corpo in cui rifugiarsi, più o meno regolamentare, è vero, anzi proprio bizzarro, ma sufficiente a diventare una creatura magica.
Grovigli inestricabili
Le parole, qualche volta, feriscono: è vero, esiste una violenza verbale specifica del male, quello fatto e quello subìto. Le cronache ne sono piene. Ma c’è in giro, scritta o verbale un’altra violenza che potrebbe esserci risparmiata. Non per voler essere originale, alludo, per esempio, a chi farcisce il proprio discorso di termini tecnici che all’orecchio non allenato del cosiddetto uomo della strada arrivano all’astruseria. Penso al giornalismo di certi professori che emettono sentenze inappellabili (in realtà masticano parole come chewing gum). C’è una oscurità espressiva che suona minacciosa alla nostra capacità di comprensione: Mi viene da pensare al Foscolo, alla sua indignata invettiva contro “cotal lingua bastarda” (1799). Ma c’è di meglio cioè di brutto anche al presente.
Ritaglio di giornale: Queste opere “rivelano un magnetismo privo di ogni flessione decorativa ma, al contrario definiti da interna austerità strutturata dall’hasard della macchina, offrono una perentoria immagine di eloquente dissolvimento” ecc. ecc.
Un groviglio spinoso, ma si potrebbe dire in altro modo… Intanto, e per fortuna, vola la parola sostenibilità e porta con sé pensieri condivisi.
I cavalli del tempo
(poesia)
Quando i cavalli del tempo si fermano alla mia porta
non so stare se non li guardo abbeverarsi
ché spengono nel mio sangue l’arsura.
Girano l’occhio riconoscente al volto mio
mentre quelle sorsate m’empiono di languidezza
e mi lasciano deluso fiacco e solo
al punto che una notte passeggera mi ottenebra
e m’occorre rifarmi subito le forze
perché un giorno quando vengano assetati
possa essere vivo e dissetarli.
Jules Supervielle
Traduzione di Mario Luzi
Straordinario, come sempre, Ivo!
Mi piaci tanto quando fai l’inviato speciale ivo!