Secondo voi, una gondola, ovvero il simbolo acquatico di Venezia, è rimasta sempre uguale nei secoli, come Palazzo Ducale? Risposta: no. C’è stata una evoluzione, cantieristica, per cui se uno “squerariolo” ( costruttore di barche) cinquecentesco dovesse ammirare una gondola in giro oggi per Il Canal Grande, avrebbe difficoltà a riconoscere lo scafo originale. E forse ne sarebbe inorridito. La gondola è radicalmente mutata. È più alta oggi per via della violenza del moto ondoso, più incurvata, più larga rispetto alle immagini del Canaletto. Irriconoscibile. “Passar dal trasto alla centina”, è un modo di dire veneziano, e sta per cambiare radicalmente argomento.
Gondola dunque docet. Venezia, è una città museo, ok?

Ne esistono circa 22 di luoghi della conservazione in città, tra pubblici e privati. Ma se volete apprezzare veramente Venezia, basta visitare un sito, minuscolo, ma proprio minuscolo, in Calle de le Pignatte, sestiere di Cannaregio, non lontano dalla stazione ferroviaria. È un mini-museo. Lì troverete l’antico squero ((cantiere) Casal, in rio dei Servi. È un vero e proprio gioiellino. Doc.
La storia che narra

Narra la storia della famiglia dolomitica, originaria della Val Zoldana. Che dal ‘700 fino al 1920, costruiva gondole a Venezia. Anche se il loro “squero”, ereditato da altri montanari del legno, era originario del ‘400. Lo slogan pubblicitario delle gondole dei Casal, era degno di un Carosello. “Una gondola de Casal, e po’ no più!”. Ovvero l’abisso della qualità costruttiva, rispetto agli altri concorrenti. Al cimitero monumentale di San Michele in Isola a Venezia, la tomba dei Casal, è impressa nel marmo d’Istria, con tanto di gondole e di squero. Sullo sfondo le montagne. Non è un caso che Venezia sia una foresta di legname, ribaltata, come sosteneva il poeta russo Iosif Brodskij.
Arzanà

L’Arzanà, associazione per lo studio e la conservazione delle imbarcazioni veneziane, ha proprio sede nello “squero” dei Casal. Dal 1992 agisce circa una quarantina di volontari, per non dimenticare le nostre origini. Vanno in giro, da Chioggia e Jesolo, ovvero nord e sud della più grande laguna del Mediterraneo, alla ricerca di vecchi scafi in legno abbandonati. Se possono li recuperano, se non possono tracciano le memorie storiche. Il piccolo museo dei Casal, a Cannaregio, non lontano dal Ghetto, è diventato una specie di luogo della memoria marinara. Sono circa 75 le barche abbandonate che hanno tentato di censire. “Batele”, “topi”, “sandoli buranelli”, “peate”, altrimenti destinate all’estinzione. Ma l’Arzanà, formata solo da volontari e senza finanziamenti pubblici, si occupa anche di corsi di voga alla veneta per bambini della quarta e quinta elementare, di “freschi”, ovvero passeggiate serali in barca a remi, di corsi di storia.
Arzanà e il suo presidente

Pochi soci, trenta anni fa, ebbero la fortuna di andare in Francia, a Brest, in Normandia, dove la cultura delle antiche barche a remi è cosa sacra. Così, Giorgio Suppiej, ormai storico presidente, portò uno “s-ciopon”, piccola barca da vogare alla “valesana”, sul tetto dell’automobile, diretti in Normandia. I francesi apprezzarono molto la passione marinara, e così Alvise Chiggiato, Gigi Divari, Paolo Farnea, Giovanni Caniato, Fulvio Pellegatta, i primi soci, assieme alla famiglia Peretti, proprietaria dello squero Casal, si inventarono giusto trenta anni fa l’associazione. Giorgio Suppiej, avvocato, è uno dei pochi veneziani che può dire di avere fatto tutte le Vogalonghe dal 1975. “All’epoca – ora dice con orgoglio – non avevo ancora 15 anni. Così imbrogliai all’iscrizione. E per diverse edizioni appaio come diciottenne…”. .Credo che Suppiej sia stato l’unico a veleggiare con il suo topo nell’Oceano Atlantico.
Arzanà e le pubblicazioni

L’Arzanà pubblica articoli, scrive libri sulla nostra storia marinara che sono indispensabili per la conservazione della nostra cultura. Travolta dalla plastica. Le società remiere ora sono molto diffuse, soprattutto a Mestre, dove si collocano le più numerose, hanno il compito di trasmettere alle nuove generazioni, la voga alla veneta e le barche della tradizione. Non vi resta che entrare nella stretta calle de le Pignatte a Cannaregio. Nell’ultima porticina a destra, si apre una specie di Paradiso.
Un mito della voga veneziana che porta la memoria storica e cerca di divulgarla ad ogni possibilità . Complimenti all’avvocato . Ciao vecio
Bellissimo articolo e splendida iniziativa. Avanti gutta e ad majora!
Molto interessante !.
Grazie a chi ha postato .
Come Gruppo «Ultimi Veri Venexiani», invitiamo e proponiamo la politica nonché il Presidente dei Bancali, l’idea di insediare in luoghi strategici a Venezia delle scuole pubbliche dove, i maestri di voga alla Veneta, come quelli di scii nelle località di montagna, potrebbero insegnare l’arte ai giovani e perché no a turisti interessati in visita a Venezia. Siamo certi che questa iniziativa potrebbe contribuire non poco, all’immagine sportiva e di riqualificazione del turismo in Città.
Grande Giorgio e grandi gli altri dellAssociazione che mantengono alta e viva la memoria della nostra Serenissima .
Ora ( da quasi 35 anni milanese), ma nato( come i miei due fratelli) a S. Cassiano, sul Canal grande….
Gigi Decio
Caro Giorgio stai svolgendo un’opera bellissima e meritoria!!Saranno felici i tuoi nonni Suppiej e nonna Elena!!
Bell’articolo steso da un grande appassionato.
Mi fa “rabbia” il confronto con l’attuale .
Voga e tradizioni dovrebbero costituire materia di studio altrimenti il ricordo di affievolirà nel tempo.