L’Italia ultimamente è concentrata su cosa accadrà per le festività natalizie e la paura della pandemia, così tanto da trascurare la vicenda del ricercatore triestino Giulio Regeni, torturato e ucciso esattamente 5 anni fa, pare dai servizi segreti egiziani. Ma anche la vicenda dello studente egiziano Zaki, imprigionato da molti mesi nelle carceri egiziane dopo essere rientrato dall’Italia.
Regeni e la chiusura delle indagini
Qualche giorno fa, la magistratura italiana ha chiuso le indagini, notificando l’avviso di garanzia ad alcuni agenti dei servizi segreti egiziani, colpevoli di aver cagionato la morte di Regeni. Con le approfondite indagini da parte dei magistrati sembra chiudersi il cerchio sui responsabili dell’omicidio e dei tentativi di depistaggio, appena fu ritrovato il corpo senza vita del giovane ricercatore.
Pur avendo chiuso le indagini i magistrati italiani hanno sempre lamentato la scarsa collaborazione da parte del governo egiziano. Gli inquirenti italiani hanno focalizzato la responsabilità degli organi dei servizi segreti egiziani che va dalla violenza fisica sino alla morte del giovane italiano, al minuzioso pedinare, con la complicità di una inquilina che faceva da informatrice ai servizi di sicurezza egiziani e non solo.
L’Egitto si chiude in sé stesso
Anche se dalla Procura di Roma verranno emesse richieste di estradare alcuni uomini dell’agenzia per la sicurezza nazionale egiziana, arduamente il governo di Abdel Fattah al-Sisi, capo dello Stato egiziano addiverrà alle richieste di estradare i suoi uomini. Comportamento di totale menefreghismo (mi si perdoni per l’espressione) alle richieste delle autorità giudiziario di uno Stato che vogliono dare delle risposte alla famiglia del friulano Regeni.
Come Regeni anche Zaki
Non va, però, dimenticata un’analoga vicenda di un cittadino egiziano che studiava in Italia. Recatosi in Egitto per passare un paio di settimane dai propri cari. Patrick Zaki, arrestato a febbraio ed ancora oggi detenuto senza una ragione di fondo. A prescindere delle pseudo accuse di far propaganda contro il governo egiziano. Una cosa certa: il sistema giudiziario egiziano ha un accanimento nei riguardi di chiunque reclami il rispetto dei diritti umani.
La debolezza del governo nel caso Regeni
Tutto questo, però, non fa dimenticare la debole azione di questo e dei precedenti governi italiani sulle due vicende. L’Italia non ha mostrato la forza sufficiente per avere giustizia sulla morte di Regeni e per ottenere la libertà di Patrick Zaki. Per quale ragione il governo italiano non affronta a muso duro l’Egitto? A tutti è ben noto che il Paese dei faraoni, della grande Cleopatra, è considerato fondamentale per il nostro Paese sul lato dei rapporti economici. Data la forte presenza di imprenditori che hanno aperto proprie aziende sul suolo egiziano, come ad esempio il colosso ENI. Dal lato commerciale militare, dove sono state vendute un paio di fregate. Dal lato degli equilibri geopolitici in particolar modo nell’area del mare Mediterranea dove ci sono turbolenze non solo migratorie, di terrorismo. Ma anche sulla questione delle delimitazioni marittime, dove l’Italia è coinvolta.
Un dubbio
Una cosa si può aggiungere. Forse mancano oggi uomini di un certo spessore che sappiano gestire lo strumento politico estero e tenere l’Italia come attore principale sullo scacchiere internazionale.
Diplomazia per avere giustizia su Regeni
Anche se i magistrati di Roma insisteranno nella rogatoria per far arrivare gli uomini sospettati di aver causato la morte di Regeni in Egitto, i loro colleghi egiziani hanno già fatto sapere che non accoglieranno tale richiesta. Per la ragione che le indagini concluse dalla magistratura italiana sono state da loro giudicate scarse e insufficienti. E’ questo il momento in cui la forza di una buona diplomazia potrebbe servire per l’affermazione, finalmente, della giustizia.