Restano disperate le condizioni di Nathanel Baffoe Adoma, il 14enne di Sant’Antonio, originario del Ghana, risucchiato dalle acque del fiume Meduna. Ricoverato nel reparto di Terapia intensiva dell’ospedale di Pordenone, dov’è tenuto in coma pilotato, i medici hanno tentato di risvegliarlo. Dopo le prime valutazioni, hanno preferito rimandare la delicatissima fase. Sarà importante osservare come reagirà il suo corpo, dopo che per 20 minuti è rimasto sott’acqua. Senza che l’ossigeno potesse arrivargli al cervello.
Le indagini
I carabinieri della stazione di Pordenone, guidati dal maresciallo Mirko Moras, hanno ascoltato i tre ragazzi tutti maggiorenni che, una volta recuperato il corpo esanime dell’adolescente, hanno cominciato a praticargli le manovre di primo soccorso in attesa dell’arrivo di 118 e vigili del fuoco. A Porcia sono ore di angoscia per le sorti del ragazzino, promessa del basket.
20 minuti senza ossigeno
Il sindaco Marco Sartini ha espresso, a nome dell’amministrazione, vicinanza alla famiglia. Martedì pomeriggio Nathanel avrebbe dovuto partecipare al solito allenamento pomeridiano al PalaCrisafulli. C’era, però, un problema: il certificato medico gli era scaduto ed era in attesa del rinnovo «Mi ha mandato un messaggio – spiega coach Matteo Silvani -dicendomi che sarebbe andato con gli amici in piscina. Gli ho risposto che andava bene, del resto è sempre stato un ragazzino con la testa sulle spalle».
Il destino avverso
Il destino, invece, ha voluto altro. In piscina il 14enne non è mai andato. Si è dato appuntamento con un gruppetto di 5 amici in riva al Meduna (accesso da via Levade a Pordenone). Tutti, tranne due, sono entrati in acqua. «Quando è scomparso improvvisamente dalla vista – ha ricordato Mirko Marcuzzi, uno di quelli che è rimasto a riva – nessuno ha pensato fosse una cosa seria. Si pensava ad uno scherzo».
Il terrore dei 20 minuti
Più il tempo passava e più, invece, il terrore dipinto sul volto degli amici. A trovarlo a pancia in giù, a 200 metri di distanza dal punto in cui era stato notato l’ultima volta, sono stati altri due giovani di Pordenone. Mattia Pozzan e Marco Gortana per i quali il Comune sta valutando se concedere un riconoscimento. Facevano parte di un altro gruppo. «In tre a turno – racconta Marcuzzi – ci siamo alternati per praticargli il massaggio cardiaco. Non dava segni di vita, poi il suo cuore ha ripreso a battere per un po’ per poi arrestarsi nuovamente. Ormai quello che è stato è stato, il nastro non si può più riavvolgere. Mi sto chiedendo ancora che cosa avrei potuto fare per evitare che non succedesse. Sono sconvolto e più ci penso e più sto male».