Sul lato nord di Marghera, all’inizio degli anni ’70 del secolo scorso, è nato un quartiere, la Cita, una sorta di “città dentro la città”, su iniziativa della Montedison nell’area abbandonata di un’impresa chimica, una fabbrica di concimi naturali che si chiamava, appunto, Cita, dal nome del proprietario, Alessandro Cita. Un quartiere pensato per rispondere alle esigenze abitative di una Venezia in crescita demografica ma che, nel concreto, si è trovato isolato, privo di servizi e di quella rete infrastrutturale necessaria per garantirne l’apertura al resto della città.
La Cita

I primi edifici vennero edificati in via Longhena, realizzati dalla società di costruzioni Cita s.a.s. e venduti a privati. I palazzi successivi e le quattro torri alte 12 piani, furono invece acquistati dall’Inpdap per offrire un alloggio ai dipendenti dell’amministrazione pubblica per cui in quegli anni gli appartamenti vennero abitati da famiglie molto giovani, provenienti da ogni parte d’Italia e impiegate nei settori dell’istruzione, della salute, dell’amministrazione e della polizia. Era il quartiere col coefficiente più alto di diplomati e laureati dell’intero comune.
Negli anni successivi, però, a causa di alcuni errori nella programmazione e dell’impianto urbanistico la situazione subì un notevole degrado. L’architettura degli edifici e l’assenza di luoghi di aggregazione, inasprirono le difficoltà di convivenza tra famiglie di diversa cultura e tradizione, impedendo di fatto lo sviluppo di senso della comunità. L’assenza di spazi e di momenti comuni creò un clima di sospetto, rese difficile la solidarietà e lasciò spazio al degrado sociale. La convivenza divenne difficile dando vita a delle vere e proprie guerre fra bande tra chi viveva al di qua delle «montagnole» e chi al di là, nei palazzoni di fronte.
L’alluvione di Ca’ Emiliani

Nel 1974 una terribile alluvione distrusse il quartiere di Ca’ Emiliani, quando si erano appena conclusi i lavori della torre 27, la quarta e ultima prevista dal progetto. Il Comune decise di acquistare gli appartamenti e destinarli agli sfollati. Ma quell’insediamento fu causa di ulteriori problematiche. Gli inquilini della torre 27, per esempio, «margherini» di origine e molto uniti tra loro, non legarono mai completamente con i vicini degli altri edifici e furono sempre considerati una realtà a parte. Oggi il quartiere è abitato da molte famiglie proveniente dalla Cina, dall’India, dal Bangladesh.
La Longo e la storia della Cita

Questa lunga premessa è d’obbligo per contestualizzare il romanzo di Rossella Longo, Che non ti basti. Cita 2040. Romanzo, da qualche mese pubblicato da Mazzanti Libri. Una storia distopica ambientata in un futuro prossimo, nel 2040, appunto, proprio in quel quartiere e raccontata attraverso gli occhi di un ragazzino che sta per compiere quattordici anni, età in cui si compie il rito di “passaggio” in questa città che è «cresciuta senza una “t”» e che lui percepisce «come una parola con un bel errore in evidenza». «Una città azzoppata, dove troppi grattacieli sfidavano le nuvole. Le Torri […] Celle di tanti alveari facevano da casa» (p. 16). Un mondo alla rovescia, dove i più abbienti abitano i piani bassi e, man mano che si sale, si trovano famiglie sempre più povere.
Tutto è regolamentato, ci sono giorni precisi in cui viene erogata l’elettricità, per esempio, quindi non sempre si può usare l’ascensore: per questo ai ricchi è risparmiato dover fare le scale a piedi. Anche l’uso del telefono e della rete internet viene concesso un giorno alla settimana. Ogni aspetto della vita è legato a un punteggio, determinando un equilibrio molto precario per la paura di perdere punti sulla tessera che ogni famiglia possiede. Il potere è nelle mani di un’unica famiglia, i Doro: il capostipite è il costruttore del complesso edilizio, e suoi membri sono anche il sindaco, il prete, di loro proprietà è anche il discount, luogo deputato agli acquisti di tutto il quartiere. Unico collegamento con il resto del mondo è il tram, così come anche l’unica via di fuga, ma i finestrini sono completamente oscurati impedendo di vedere cosa c’è fuori dalla Cita.
La Cita in ogni suo lato

L’autrice ha costruito questo mondo a parte, fatto di forti contrasti, dove ogni aspetto è denso di lati oscuri e inquietanti. Il protagonista, il piccolo Di Grande, abita nella Torre 25. E presto dovrà decidere da che parte stare in quella battaglia di trasformazione che è in corso alla Cita.
Questo romanzo visionario rappresenta una chiara metafora sui rischi di una società basata sulla limitazione della libertà. Sul controllo dell’individuo, su equilibri sociali fragili quanto le relazioni individuali. E induce a riflettere su quanto siano importanti le scelte di ciascuno di noi per riuscire a contrastare certi processi autoritari che nel nostro contemporaneo sono sempre più evidenti. Sottolineando tra le righe la necessità della consapevolezza e della coscienza informata.
L’autrice

Rossella Longo è nata a Venezia nel 1979, dove ha conseguito la maturità classica e la laurea in Architettura. Dopo un’esperienza da docente di Arte nelle scuole secondarie, lavora come architetto nel suo studio in Riviera del Brenta. Nel 2022 ha pubblicato il primo romanzo Fluido fil di ferro (Europa Edizioni), finalista al Premio “Caravaggio 2023 -VII Edizione e Premio “Victoria 3.0”, vincitore del 2° premio al “Concorso letterario nazionale Chiara Grillo”. Nel 2023 le sue poesie vincono un Contest letterario e trovano pubblicazione nell’antologia Fiera-mente raccontiamo presentata al Salone del Libro di Torino.
Rossella Longo, Che non ti basti. Cita 2040. Romanzo, Venezia, Mazzanti Libri, 2025.
Interessanti sia il libro che la recensione. Ottimo
Grazie!