Ci vengono addosso, si infiltrano nei pensieri, si annidano nella memoria con effetti diversificati, a volte negativi: succede ormai troppo spesso, quando sono carichi di tragedia, quando il loro significato si insinua nel nostro disagio e lo rende più cupo e insopportabile. Quelli negativi sono i numeri che la realtà ci trasmette con mezzi asettici, tecnici, indifferenti e nutrono i ricordi e, ahimè, sconvolgono le coscienze. A volte le cronache si caricano di cifre violente come le scritte graffite sui muri delle periferie. E parlano di immensi drammi.
Sia le catastrofi naturali sia le catastrofi della violenza umana vengono misurate con numeri a cinque cifre dove la statistica prevale sull’umano. La quantità di male che i numeri da soli portano alla nostra conoscenza va rubricata sempre come vittime, come dolore moltiplicato migliaia di volte come purtroppo avviene ogni giorno anche oggi.
I numeri di una umanità distrutta

Ma, ci suggerisce la ragione, quei numeri che parlano di umanità distrutta sono simboli matematici che non colpiscono i nostri cuori: sono anonimi, cioè alla lettera, senza i nomi delle vittime. Infatti, sono i nomi che ci definiscono in vita e in morte. Chi sussurra il nome di un morto ne rigenera la figura viva, il respiro.
A proposito di numeri e nomi, c’è un passo negli atti degli apostoli che evidenzia il valore del nome. Accade quando il narratore biblico descrive lo stupore della folla davanti al prodigio della Pentecoste e indica con il loro nome di origine i presenti a Gerusalemme in quel momento.
Quando i numeri parlano

Ecco il racconto:
“Erano stupefatti e fuori di sé per lo stupore dicevano: “Costoro che parlano non sono tutti galilei? “E com’è che li sentiamo parlare la nostra lingua nativa? “Siamo Parti, Medi, Elamiti e abitanti della Mesopotamia, della Giudea, della Cappadocia, del Ponto e dell’Asia, della Frigia e della Panfilia, dell’Egitto e delle parti della Libia vicino a Cirene, stranieri di Roma, Ebrei e proseliti, cretesi e Arabi e li udirono annunziare nelle nostre lingue le grandi opere di Dio “.
Forse non sarà inutile aggiungere che in quelle poche righe del testo sacro si concentra, anche in modo simbolico, la straordinaria, eterna varietà dell’umano.
La festa, il fantasma

poesia
Passano a bassa quota nel dì
di festa le frecce tricolori:
nell’azzurro il loro fragore
frantuma il cielo su di noi:
quel volo ridesta un fantasma
che viene dal profondo passato,
il fantasma della guerra che fu,
si insinua gelido nei nostri cuori:
sono pochi istanti che passano
come le Frecce, invisibili
e fuggono fino a svanire nell’aria
innocente. Di tutto quel tumulto
e della festa che l’ha celebrato, questo
ci resta: un’eco segreta, il nostro
veloce batticuore di bambini.
Anonimo 25
Ps: io il commento l’ultima volta l’ho lasciato – ma non lo vedo più. Mi dispiace, il digitale non mi è amico. Chissà che cosa avevo sbagliato.
Grazie comunque per la condivisione dei tuoi pensieri che apprezzo ogni volta, un momento di riflessione e chiarimento. A presto !