Forse sarà Gattuso il nuovo ct della Nazionale. Forse. Qualcuno obietta subito: ma “Ringhio” è all’altezza? Certo è campione del mondo del 2006 (come Cannavaro, Nesta, Gilardino, Inzaghi, De Rossi, Pirlo, Grosso, Oddo, Baroni: per restare a quelli che hanno intrapreso con varia fortuna la carriera di allenatore). Di sicuro è il più adatto per grinta e carisma a prendere a calci nel culo un po’ di azzurri presuntuosi, convinti di essere i più bravi perché li pagano tanto, ma incapaci di affrontare le cose quando si fanno difficili. C’era una battuta in un film famoso di qualche anno fa, ”Animal House”, la pronunciava John Belushi: “Quando il gioco si fa duro, i duri incominciano a giocare”. Siamo seri, quando contro la Norvegia il gioco si è fatto duro, l’Italia in campo è sparita, persino prima che si facesse duro. La disfatta in Norvegia mi è sembrata la fotocopia della disfatta dell’Inter nella finale di Champion’s.
Potrà Ringhio fare il miracolo?

È stato come se le due squadre fossero scese in campo con la testa da un’altra parte, un sacco vuoto che è crollato prestissimo e dentro non c’era niente dello spirito di una Nazionale, dell’orgoglio di reagire a un avversario. La Norvegia è una squadra discreta, ma non è all’altezza di questa Italia. Eppure è bastata a far sparire una Nazionale mai così impacciata e pasticciona. È vero che sia l’Inter sia l’Italia sono arrivate alle due partite con giocatori stanchi, logorati, sfruttati troppo dalle proprie società, costretti a riprendersi a ogni costo dagli infortuni. È il calcio di oggi, piovono i milioni in cambio di partite, basti pensare al mondiale per club che sta per iniziare negli Usa. Chi c’è guadagna solo per esserci, non conta lo spettacolo.
Il fallimento di Spalletti
Torniamo alla Nazionale. Spalletti ha lasciato con dignità. Ha deluso le aspettative, forse si aspettava il tempo di un percorso concordato per arrivare a un obiettivo. Adesso c’era da ottenere subito il pass per i mondiali, dai quali l’Italia manca da troppo tempo, ha sprecato il primo biglietto. Speriamo nel futuro. Non si licenzia senza classe un ct alla vigilia di una partita, raccomandandogli pure di far finta di niente. Spalletti ha fatto bene a parlare. Il problema vero è che i guai del calcio italiano nascono proprio nel vertice del calcio italiano, da tempo la Fgci non ne imbrocca una, assume e licenzia ct a ogni livello come se fosse comparse di un telefilm. Ancelotti il migliore in circolazione se l’è preso il Brasile, l’altro uomo del miracolo, Ranieri, ha detto di no a testa alta. Ma Ranieri era stato bruciato dalla stessa Fgci che lo aveva chiamato costretta a furor di popolo: la formula strombazzata non poteva essere accettata da un signore che ha fatto della coerenza la ragione di vita sportiva.
Le colpe della Federazione

Federazione che assiste senza intervenire al cambio di proprietà di quasi tutte le società italiane, all’uscita di scena per debiti di squadre che hanno scritto la storia del calcio italiano. Quello che resta italiano nelle squadre di serie A e B si può contare al massimo sulle dita di due mani. Si disinteressa del settore giovanile (l’idea di richiamare Prandelli per le giovanili è l’unica cosa seria di questi giorni), che poi è la vera base del problema, lascia che chiunque acquisti dall’estero pacchetti di ragazzi da buttare in squadra e spesso senza il talento necessario per le massime serie. Ma sono la base delle plusvalenze, funzionano per far tornare conti sempre più spericolati. Tollera traffici talvolta non limpidissimi, bilanci spesso pieni solo di ombre. Misteriosi fondi di multinazionali posseggono squadre intere. Infine, non raramente il vertice dello sport è debole verso il potere politico, non va esattamente dove lo porta il cuore e il pallone. Esercizio che riesce bene quando ci si candida a poltrone coll’intento di incollarsele al sedere. Tutto questo mescolato al business sempre più schiacciante che condiziona uomini, var, grandi e piccoli.
Ringhio ma la mancanza attuale dei vari Totti e Del Piero

È vero che la qualità del campionato e, quindi della Nazionale, non è esattamente all’altezza richiesta dal calcio di oggi. Non servono paragoni con i campioni del mondo del 2006, Totti e Del Piero sono un’altra storia. Un bravo ct fa la formazione con quello che ha sul campo, ma deve avere anche la consapevolezza del capitale umano a disposizione. Deve guardarsi, poi, dalle illusioni, dalle esagerazioni, dai procuratori, da campioni presuntuosi, da chi rifiuta la maglia azzurra per un malinteso senso dell’orgoglio. Forse non abbiamo campioni veri ma solo buoni calciatori, forse abbiamo gli allenatori più bravi che siedono sulle panchine di mezzo mondo. Certo non abbiamo la migliore classe dirigente del calcio che il momento richiede. Il problema è che il calcio, come la politica, guarda al momento, si nasconde dietro i sondaggi, non prova a programmare il domani. Non costruisce, conserva se va bene. Tanto un ct da licenziare si trova sempre. E se è colpa dei ct i giocatori sono salvi. Il capitale prima dei sogni.