L’Italia era assente quando l’hanno chiamata in campo a Berlino. La Svizzera sì e ha vinto e passato il turno, dritta ai quarti di finale. Un gol per tempo e gli azzurri tornano a casa dagli Europei 2024. La Nazionale ha giocato male, non ha avuto nessun tipo di coraggio, ha avuto paura, si è piegata prestissimo al gioco di una squadra solida ma poco più che modesta. Sia chiaro, la Svizzera si è qualificata con merito, è l’Italia che non ha giocato. Del resto, non ha mai giocato bene in questo Europeo. Quattro partite, due sconfitte, un pareggio a tempo scaduto, una vittoria contro l’Albania. E sempre in svantaggio, anche dopo pochi secondi. Il fatto che il solo “gigante” di questa squadra sia stato Donnarumma, il portiere, dice tutto su cosa è stata l’Italia.
Assente sin dall’inizio

E’ stata una spedizione fallimentare, appena l’avversario ha alzato il ritmo l’Italia si è smarrita, soprattutto non ha avuto un’idea, ha cincischiato senza ritmo, non sapeva fare pressing e nemmeno spingersi in avanti, si è affidata allo stellone che ci ha salvato in extremis contro la Croazia, ha sperato fino all’ultimo. Uno può dire che la Spagna ci ha dominato letteralmente, ma ha segnato solo su autorete. Può dire che contro la Svizzera sono stati colpiti due pali ed è stato negato un rigore agli azzurri. Ma per vincere bisogna fare gol e l’Italia non solo non aveva un centravanti o un attaccante di peso (problema che l’Italia ha da anni, l’ultimo vero è stato Balotelli), ma ha anche faticato a tirare in porta. Per imporre il gioco bisogna costruire e avere temperamento e grinta, non si cade al primo urto dell’avversario, non si deve avere paura del contrasto, del confronto. Il pallone deve correre, ma devi sapere dove mandarlo. Quest’Italia non aveva gamba e nemmeno testa. La cosa che emergeva di più era la paura degli azzurri appena avevano il pallone tra i piedi: non sapevano cosa farne, lo passavano al compagno più vicino, avevano fretta di sbarazzarsene. Mai un’azione in profondità, mai un’intuizione. Mai una sorpresa, eppure l’Italia ha abituato alle sorprese.
Non ha senso nemmeno dire che l’Italia era campione d’Europa uscente

L’avventura londinese è stata forse l’eccezione irripetibile. Il fatto è che questa Nazionale non aveva nemmeno la metà del talento di quella. Non aveva, per esempio, due come Bonucci e Chiellini in difesa; non aveva a centrocampo l’esperienza e il talento di Jorginho e di Verratti, entrambi nel momento clou della carriera internazionale; nemmeno la rapidità in avanti di Insigne e Immobile. E’ rimasto Donnarumma della grande squadra ed è il solo che ha mostrato tutta la bravura, fin qui è stato il miglior portiere dell’Europeo. L’altro superstite, El Sharawi, non ha avuto il modo di mostrare qualcosa.
Assente anche nelle idee

Questa Italia ha cambiato troppe volte modulo e formazione per averne dei propri. Ha mosso gli uomini come girandole, cercando una punta, una mezzala, uno stopper. Ha bruciato ambizioni e calciatori. Aveva un talento puro come Barella, anche lui torna a casa dopo alcune partite più che deludenti. Poteva contare sull’esperienza internazionale di Jorginho, lo ha messo subito in discussione. Aveva sulla carta due grandi terzini – Di Lorenzo e Dimarco – ma sono arrivati spompati dal campionato, nessuno dei due ha fatto vedere qualcosa di buono del loro repertorio. Si può contare su Bastoni; sorprendente in positivo Calafiori che ha sì segnato l’autogol contro la Spagna, ma ha inventato il pareggio con la Croazia e ha mostrato qualità sulle quali costruire la squadra di domani. In mezzo lascia ben sperare Fagioli, ma deve ancora mostrare cosa può fare. La giostra dei centravanti, veri o falsi, non ha prodotto niente. Alla vigilia si poteva scommettere su Scamacca che aveva riempito classifica marcatori e piegato portieri stranieri nel trionfo in Coppa. E’ anche vero che il centravanti non ha visto arrivare molti palloni giocabili. Si salva solo Zaccagni, con un gol bellissimo all’ultimo respiro contro i croati. Chiesa poteva dare di più. Frattesi ha deluso.
Un ct assente?

Insomma, c’è molto da fare; troppo forse. Spalletti si è preso tutte le responsabilità, il capitano Donnarumma non ha nascosto le difficoltà della squadra e ha chiamato tutti i compagni ad assumersi le colpe. Un discorso quantomeno onesto, il minimo che si poteva chiedere. Spalletti è al timone da meno di un anno, arrivato lo scorso ferragosto in piena estate, per sostituire Mancini volato nel calcio arabo. Ha il compito di portare l’Italia al prossimo mondiale, è stato preso per questo. Gli Europei erano sulla strada, bisognava attraversarli col danno minore. Spalletti e la sua squadra lo hanno fatto male, mettendo in evidenza due enormi problemi: non abbiamo campioni, non abbiamo nemmeno il gioco. E questo fa ripensare all’abilità di Spalletti come selezionatore, compito che richiede anche un talento diverso da quello dell’allenatore. Ma ai mondiali ci andrà quasi di sicuro, se non altro perché il numero delle squadre ammesse è notevolmente aumentato. Ci saremo perché le ultime due volte siamo clamorosamente e vergognosamente mancati. E non è un grande risultato per una Nazionale che ha vinto quattro titoli mondiali! Anche se di pagine nere ne abbiamo avute non poche: esclusi dai mondiali del 1954 proprio dalla Svizzera e fuori da quelli del 1958 a opera dell’Irlanda del Nord. Per non parlare della Corea ai mondiali inglesi del 1966. Insomma di discese ardite e risalite ne abbiamo avute più di una. E siamo sempre rinati, prendendocela una volta con gli “oriundi”, un’altra con i troppi stranieri, un’altra con l’arbitro venduto….
Ma è la Federazione che deve fare il mea culpa. Le responsabilità non sono soltanto di Spalletti e dei giocatori

La verità è che il calcio italiano è malato da tempo, non soltanto perché non ci sono più in giro eredi di Del Piero, Totti, Pirlo. Il calcio è cambiato, richiede meno tecnica e tanta preparazione atletica, forza fisica, corsa. Si parte dal basso e si rinuncia alla fantasia, alla giocata geniale. Si è finito per diventare prigionieri del Var, ogni cinque minuti una sospensione per controllare un fuorigioco millimetrico, per vedere se il sensore del pallone ha segnalato un impercettibile sobbalzo. Il calcio ha sempre compreso l’errore umano e il gioco aveva il suo fascino anche per quello.
Italia assente? Forse il problema è il livello

Purtroppo quello che si è visto agli Europei è il livello vero del calcio italiano. Le squadre sono affollate di stranieri, tra pochi giorni riaprirà il calcio mercato e tutto sarà dimenticato. Nessuno penserà a creare alternative italiane nei vari ruoli, più facile comprare. Gran parte delle squadre di serie A ormai è in mano di società straniere, molte sono controllate da fondi multinazionali che usano anche il calcio: sfruttano il momento favorevole, passano la mano appena s’affievolisce l’interesse del mercato. Chi arriva spesso non ha nessun legame con l’attività di chi è partito. Nessuna sorpresa se a breve anche le grandi squadre saranno di proprietà cinese. Altrove sono di emiri, come lo sono state di oligarchi russi.
Il giro di affari è enorme, può nascondere qualsiasi cosa. E gli interventi, compreso quello del Governo, non chiariscono bene la situazione.
Italia assente se non si punta sui settori giovanili

Alla base c’è il profitto non il calcio. Pochissime società delle massime serie curano i settori giovanili, iscrivono le loro squadre ai campionati minori. Da qualche anno c’è il tentativo per la A di iscrivere le squadre giovanili nella serie C, sinora hanno risposto in pochissime. Eppure chi lo ha fatto si è ritrovato talenti da far esordire nella massima serie. Il problema è di avere una politica per far crescere un calcio sano e allevare giocatori senza doverli per forza comprare chiavi in mano in giro per il mondo. In questo la federazione è assente.
Certo non abbiamo scoperto tutto questo con gli Europei, uscendo malinconicamente agli ottavi. In gran parte lo sapevamo già. Ma ci dovevamo sbattere il muso per capirlo meglio.
Per la cronaca la Germania ha sconfitto la Danimarca per 2 a 0 dopo che la partita era stata sospesa per oltre 30 minuti a causa di un forte acquazzone e grandine.
L’Italia deve cambiare mentalità, da tutto per scontato. Deve tornare indietro giocare con furbizia capire quando è il momento di rallentare e quando è il momento di accelerare l’azione.essere modesti quando di trova davanti ad un fuori classe lo deve marcare stretto e non lasciarlo respirare. Davanti alla porta avversaria bisogna essere lucidi