C’è stato un periodo non troppo remoto, in cui dare del bugiardo a qualcuno significava offenderlo duramente. Con conseguenze a livello personale e sociale: perdita di un’amicizia, per esempio, oppure risentimenti che duravano anni con la nascita dello spirito di rivalsa e a volte addirittura con lo scontro fisico: esperienze che facevano parte dei costumi di allora. Ma erano altri tempi, si dice ormai, quasi con rassegnazione.
Oggi la situazione è mutata, e ce ne accorgiamo purtroppo ogni giorno: le bugie scorrono fra noi come un torrente che ha rotto gli argini, penetrando in profondità nelle fibre della vita sociale.

Considerata dal punto di vista non dico morale ma almeno sociologico, la bugia insieme alla sua sorella menzogna è una forma di comunicazione di cui faremmo volentieri a meno.
Entrambe hanno delle caratteristiche proprie: la bugia, infatti, ha una sua leggerezza che a volte può essere scambiata per gioco come avviene tra i bambini; la seconda è più pesante e perfida.
Il bugiardo è simile a un inventore la cui materia prima è costituita dalle parole: si inventano realtà parallele a volte assurde, ma possono fare danno alle persone. La menzogna, che è più elaborata e quindi più pericolosa non ha limiti perché si sposa oscenamente con la potente Tecnologia universale. Le fake news sono la maschera di un antico vizio, quello di gabbare il prossimo.
Le case del silenzio
Li chiamano enfaticamente Buchi Neri, come fossero di origine cosmica, ma si tratta di una semplificazione giornalistica. In realtà si parla di edifici dismessi, cioè svuotati della presenza umana, e per questo io preferisco la definizione Case del silenzio. Ce ne sono in ogni città e sono la testimonianza di una politica del territorio quanto meno miope, che trascura l’integrità dell’ambiente umano che in tal modo si degrada fino a morire.

Le case del silenzio sono un triste documento di povertà civile, un limbo dove granfi palazzi, ex fabbriche, qualche centro acquisti, centrali elettriche chiuse e tante altre attività dismesse come per esempio un cinematografo: un patrimonio senza vita, anzi di vita sospesa, dove si accampano tossici, sbandati, stupratori, ladri e altri disperati e violenti. Un piccolo mondo sospeso centinaia e migliaia di opere umane che aspettano – nel loro silenzio di pietra- di risorgere
L’inciampo

(poesia)
Come un vecchio albero che si spezza
così sei caduto di schiena sul cemento
e dal basso hai scoperto
come un’illuminazione
la vastità azzurra del cielo
e poi subito i volti ansiosi
scolpiti da quella luce.
Quella pietra d’inciampo che hai toccato
ti ha restituito un inedito “punto di vista”
che avevi dimenticato: quello del bambino
che sei stato. Guardiano e non vediamo.
Ah quell’azzurro sopra noi…
Anonimo ‘25
I tuoi articoli mi hanno fatto pensare. Sono tornata in dietro nel tempo. Ho pensato alla bugia dei bambini, non sempre ha la leggerezza del gioco, spesso è pura omertà, una serrata totale. I bambini fanno quadrato per difendersi l’un l’altro, cedono solamente al “ricatto” comminato dall’adulto quando capiscono che non ci sarà una punizione individuale. Affrontano le conseguenze in gruppo magari brontolando verso il vero responsabile del “misfatto”. Fra di loro non ci sono pentiti. Secondo me, è una forma di corresponsabilità sociale onestamente apprezzabile. V Ex insegnante
Nulli tacuisse nocet .
Nocet esse locutus.
Marco Porcio Catone