A Castelfranco Veneto, nel centro storico, si trova la Locanda alla Speranza, un locale che ha una storia, quella locanda che serviva ai viandanti per sostare, mangiare e riposare: sia per loro che per gli animali, cavalli e asini, anch’essi stanchi per quello che trasportavano. Di locande “alla Speranza” se ne trovano diverse nel territorio, come quelle più “nobili” che venivano chiamate “alla Posta”. Davide è il patron di seconda generazione della famiglia Mion che gestisce (assieme al fratello Nicola) questa locanda accogliente e solare nel centro storico di Castelfranco, appena fuori delle Mura.
Davide e una storia antica
“Questa locanda esiste sin dai tempi del Giorgione” sottolinea Davide. Il locale è gestito dalla famiglia Mion. Il padre Dilario, che faceva il camionista, abbandonò il suo lavoro di autotrasportatore e il primo Maggio 1966 iniziò a lavorare in questa trattoria. Nel 1990 è stata abbellita e sistemata con il grande focolare per la cottura delle carni.
Davide e una magia da mille e una notte

La storia della locanda si perde nella notte dei tempi, qui è passato e ha mangiato il grande pittore Giorgio Zorzi di Castelfranco noto nel mondo con il nome di Giorgione (attribuito per la sua altezza). Ma veniamo ai tempi più vicini. Dilario Mion faceva l’autotrasportatore, ma aveva una attenzione per la cucina e i prodotti buoni. Parliamo degli anni del boom economico, quando nell’Oltralpe nasceva la nouvelle cousine dei gastronomi francesi Henry Gault e Christian Millau: non più piatti grassi, tradizionali, abbondanti bensì piatti ricercati, dove la cromaticità poteva essere superiore alla qualità. Erano i tempi dell’abbandono del vecchio in cerca del nuovo.
Nouvelle cousine? Mai e poi mai
Ma Dilario continuava la sua strada nel servire i piatti tradizionali e buoni insieme al fratello Antonio. La mamma di Davide, la signora Gemma, passava le sue giornate in cucina a preparare da mattina a sera i piatti, quelli tradizionali, veneti… manco le veniva in mente di preparare il paté de l’oca o la brasserie, o la omelette… Alla Speranza si mangiava (e si mangia) l’oca, il musso (asino), il risotto con i fegatini, le uova, la costata, pasta e fagioli,o la minestra alla sbirraglia….
Davide e gli altri bambini
La vita dei bambini di allora era quella di aiutare sempre i genitori nel lavoro, dopo la scuola ritornavano a casa e vivevano nel posto di lavoro. Davide lo ricorda sorridendo. “Non avevamo le nostre camere da letto, la nostra giornata dei bambini la vivevamo tra i tavoli della trattoria, si mangiava nella sala (cosa che in famiglia Mion fanno ancora dopo aver servito i commensali) e negli anni 70 noi vedevamo la televisione : Rai1, Rai2 e Capodistria”. E Carosello.
La carriera
Dopo la scuola media Davide frequentò l’alberghiero, a 30 metri dalla locanda. Per la verità la scuola lo annoiava, l’insegnamento che i professori volevano impartire lo aveva imparato direttamente alla Speranza. Castelfranco era un grosso paese dove c’era movimento, il mercato era quello del martedì e del venerdì. Quest’ultimo era quello del bestiame. Erano gli anni che nella stagione autunnale si uccideva il maiale e qui era un lavoro per tutti, compresi i ragazzini.
I suoi ricordi
“Mi ricordo quei momenti di iper attività nelle nostre case” ricorda Davide “si uccideva il maiale, si tagliavano le carni, si confezionavano le pancette, i salami, i prosciutti… ma le prime cose che mangiavamo del maiale erano le frattaglie, ovvero il “quinto quarto”.
Lo scherzo della martondella ….
A Castelfranco e nelle zone limitrofe era usanza preparare la martondella, con la “a” come seconda lettera, una sorte di salume con le frattaglie, da non confondere con la nobile mortadella bolognese. Un cibo povero, di poco prezzo. Allora correva lo scherzo della martondella, molti ragazzini (e anche più grandicelli) ci cascavano.
Anche Davide vittima dello scherzo
“Và a prendere da Tizio il sacco degli attrezzi per la preparazione della martondella” diceva il burlone a colui che ignorava cosa gli sarebbe capitato. Così quest’ultimo andava a casa del tizio che gli consegnava un sacco chiuso, pesante. Ovviamente era il complice del burlone. Il povero ragazzo prendeva il sacco, percorreva il tragitto con il pesante fardello, sino a raggiungere il posto dove il burlone (e altri) lo aspettava. Nel momento in cui apriva il sacco si accorgeva che all’interno c’erano solo grosse pietre…
La terza generazione

Davide e la sua spassionata voglia di trasmettere una cucina Castellana tanto è vero che questa passione l’ha ereditata il figlio Marco di 26 anni. Pure il fratello ventenne gli dà una mano.
Ora Davide e Nicola hanno in cucina il cuoco provetto Massimo Stocco, 30 anni di esperienze, proveniente dal famoso ristorante Fior. Una tradizione che Davide vuole portare avanti, e far conoscere anche a coloro che vengono a provare i suoi piatti da lontano.
Ma qual è la passione di Davide?
“Io vivo da sempre qui nella mia locanda Alla Speranza. Mio padre e mia madre hanno trasmesso a me e a mio fratello Antonio la passione di questo lavoro che non lasceremo mai. Ora ho i miei figli, sono la terza generazione, continueranno le orme mie e dei miei genitori, nel rispetto della tradizione culinaria, quella veneta, quella di Castelfranco, quella che conosciamo bene. Poi io ho un’altra passione: rally delle auto. E’ il mio grande e unico hobby, se non mi vedete per almeno tre giorni all’anno sono a vedere una gara di rally in giro per l’Europa. E quest’anno ho avuto la fortuna di vederla a Monza”
Per i lettori di http://www.enordest.it Davide propone la minestra alla sbirraglia. Per decenni questa minestra è stata preparata da mamma Gemma ai clienti della Speranza. Una ricetta con il recupero delle rimanenze del giorno prima. Da provare. Ma forse vale la pena di venirla a provare in questa Castelfranco Veneto, una città da scoprire.
Minestra alla sbirraglia

Ingredienti (per 4 persone)
1oog di riso, 100g di capelli d’angelo, 150g di fegatini e durelli di pollo, mezza gallina lessata, il brodo, 100g di piselli, 1 pomodoro, sale e pepe qb, parmigiano.
Preparazione
In una padella mettiamo il brodo preparato per lessare la gallina e aggiungiamo il riso. A parte cuociamo fegatini e durelli che poi aggiungiamo nel brodo insieme al pezzo di gallina lessa che abbiamo preventivamente tagliato a pezzetti. Aggiungiamo poi i piselli, il pomodoro e i capelli d’angelo. Possiamo aggiungere del pane raffermo. A Termine cottura impiattiamo con abbondante parmigiano.
Il vino in abbinamento

E’ un piatto tipicamente veneto e di Castelfranco, ma nella sua logica assomiglia a certi piatti poveri toscani di una volta, dove veniva recuperato il cibo non usato il giorno prima. Questa volta proponiamo pertanto un buon vino toscano, un Sangiovese proveniente da Montepulciano chiamato anche la Piccola Firenze. Qui c’è il vino Nobile di Montepulciano DOCG, ( da scegliere su www.enolitecavinonobile.it), un rosso strutturato adatto per un piatto come quello che prepara la signora Gemma della Locanda La Speranza.
Ottimo articolo, trasmette la voglia di venire a Castelfranco ad assaggiare la cucina della Locanda alla Speranza.
Complimenti Maurizio! Sono stato a Castelfranco Veneto lo scorso martedì per una attività presso il Parco Revedin Bolasco ma mi sono riproposto di tornarci quanto prima possibile per visitare questa bella cittadina che non conosco abbastanza; sarà l’occasione per andare magari a mangiare la minestra alla sbirraglia presso questa tradizionale locanda “della Speranza”.
Ciao.