Che alcuni settori a causa della pandemia siano in difficoltà estrema è chiaro. Si stima che per assorbire il colpo degli effetti di un 2020 che ha visto abbassare innumerevoli serrande e con un 2021 che non arresta la presa, ci vorranno anni. Ma oltre ai settori, alcune categorie ci hanno rimesso più di altre, tra queste i giovani. A dimostrarlo sono i dati elaborati dal Centro Studi Cisl Vicenza. Evidenziano come il Covid abbia colpito in particolare il lavoro giovanile, aggravando una situazione già delicata.
Mercato e lavoro giovanile

Ottenere il fatidico “pezzo di carta” e affacciarsi finalmente sul mercato del lavoro, scoprendo però che quel mondo che avrebbe dovuto accoglierli si è in realtà come congelato. E’ questa la situazione che stanno vivendo migliaia di giovani vicentini per effetto della pandemia. I dati offrono la fotografia della realtà e confermano i timori legati alle prospettive occupazionali dei più giovani. Evidenziando gli importanti cambiamenti che già erano intervenuti negli ultimi anni. In provincia di Vicenza i giovani tra i 15 e i 30 anni sono 142.191, pari al 16,6% della popolazione residente. E al 25,85% della popolazione di potenziali lavoratori (ovvero tra i 15 e i 64 anni). Non stupisce – ma preoccupa – che la crisi economica innescata dalla pandemia si sia abbattuta con particolare forza su questa fascia di popolazione. In provincia di Vicenza, infatti, tra il 2020 e il 2019 il tasso di occupazione è diminuito di 3,8 punti percentuali nella fascia di età 15-64 anni (dal 68,1% al 64,3%). Ma di ben 7,7 punti percentuali – praticamente il doppio – nella fascia di età 18-29 anni (dal 54% al 46,3%).
Il lavoro giovanile e i numeri
I numeri assoluti aiutano a comprendere come le assunzioni degli under 30 nel 2020 siano praticamente crollate: – 18,2%, ovvero 34.365 contro le 42.005 del 2019 e le oltre 47 mila del 2017 e 2018. Se non siamo ai livelli dell’anno più duro della crisi post 2008 (nel 2009 erano state 29.960), poco ci manca. Un paragone, questo, che non è casuale. Infatti proprio il confronto con l’andamento delle assunzioni degli under 30 dopo la crisi finanziaria dello scorso decennio lascia prevedere che la ripresa delle assunzioni per i più giovani sarà un processo lungo. Era stato così infatti anche nel post 2008, con un incremento significativo delle assunzioni arrivato solo sei anni dopo, nel 2015. E comunque ancora ben lontano dall’anno precedente alla crisi (38.840 nel 2015 contro 45.225 nel 2008).
I contratti

A cambiare sono inoltre la tipologia di contratti che rappresentano un indicatore significativo dell’andamento del mercato del lavoro. Se i nuovi contratti a tempo indeterminato sono diminuiti del -27,8% (dalle 5.015 assunzioni del 2019 alle 3.620 del 2020) e quelli a tempo determinato del -10,5%, il calo più significativo ha riguardato le forme contrattuali più “deboli”. Come i contratti di apprendistato (-33,7%, lo scorso anno sono stati 5.360 contro gli 8.085 del 2019) che, tra l’altro, sono quelli che spesso si traducevano in forme contrattuali più stabili. E che iniziavano il giovane lavoratore alla carriera. C’è da tenere conto, inoltre, che molti dei giovani lavorano (o lavoravano) proprio in quelli che sono stati i settori più colpiti. Ad esempio ricettività e ristorazione (56,4% del totale), nel commercio (49,1%), nelle attività artistiche, sportive e di intrattenimento il (37,2%) .
Lavoro giovanile e Veneto
Questi dati, oltre ad avere un forte impatto statistico, lanciano un forte messaggio alla politica. Una riflessione che ben si presta al nostro territorio, risiede nel fatto che in Veneto (e non solo) il tessuto economico da decenni si fonda nel settore manifatturiero che, tra le varie cose, è quello che sta assumendo meno. Il settore che ci ha resi forti ed eccellenze riconosciute nel mondo da un lato non risulta più attrattivo per i giovani che non scelgono percorsi scolastici, formativi e professionalizzati per entrare nella filiera, dall’altra evidentemente non risulta attrattivo e innovativo.