La lotta alla malattia come missione di una vita. Salvatore Pucciarelli, 69 anni, di cui 45 trascorsi in sala operatoria, è professore ordinario di chirurgia all’Università di Padova e direttore di Chirurgia Generale 3 del Policlinico patavino. Nato in un piccolo paese della Basilicata, il professor Pucciarelli, con tenacia, concentrazione e grande abilità tecnica, è divenuto uno dei più importanti chirurghi dell’università padovana, punto di riferimento anche a livello nazionale per il trattamento del cancro colon rettale. Noi di www.enordest.it lo abbiamo intervistato in esclusiva.
Professor Pucciarelli, parlare di malattia spaventa ancora, ma la diagnosi precoce può salvare la vita, è così anche per il cancro del colon retto?

“Certamente, il consiglio infatti è quello di fare lo screening per la ricerca del sangue occulto nelle feci, proposto dalla Regione Veneto a tutti i cittadini, a partire dai 50 anni. Inoltre è fondamentale non trascurare importanti cambiamenti nell’attività intestinale (da ripetuti episodi di diarrea ad una stitichezza prolungata e inusuale) fino alle perdite di sangue nelle feci o ad una improvvisa e netta anemia. Questi sono sintomi infatti che potrebbero essere associati ad una grave patologia dell’intestino e per i quali è necessario rivolgersi subito al proprio medico di medicina generale per eventuali approfondimenti.
Di rigore, invece, esami come la colonscopia devono essere eseguiti per persone che presentano già in famiglia casi di cancro all’intestino. Ciò che mi sta a cuore è sottolineare che il cancro del colon retto, al secondo posto in Italia per incidenza, può essere curato con possibilità di guarigione davvero buone, se si interviene tempestivamente: il fattore tempo è decisivo, anche se i trattamenti sempre più avanzati, che associano alla chirurgia anche chemio e radioterapia permettono oggi una prolungata sopravvivenza a un numero sempre maggiore di pazienti”.
Come può descrivere la sua infanzia al Sud? Quali sono i valori fondanti della sua educazione?

“Sono nato in un piccolo paesino della Basilicata, in un periodo in cui non si nuotava nell’abbondanza. In tutto il paese c’era una sola automobile, tre televisori in bianco e nero, nessun telefono, insomma un altro mondo rispetto a quello attuale. Ritengo però di aver avuto una bella infanzia con genitori affettuosi e tanti amici. Si cresceva con i principi morali tipici dell’educazione cattolica: onestà, rispetto del prossimo in particolare verso gli anziani. I principi di solidarietà erano fondamentali, ma nello stesso tempo c’era anche la voglia di migliorarsi, riuscire a studiare per avere un futuro migliore rispetto alle difficoltà che caratterizzavano quel periodo di immediato dopoguerra”.
Professor Pucciarelli,come è nata l’idea di studiare medicina?

“È stata del tutto casuale. Casuale la facoltà che ho scelto, casuale la città e anche la specializzazione che ho scelto. Nonostante questo, sono contento di aver scelto di fare il medico e poi il chirurgo e infine di aver scelto Padova. Ho amato tutto quello che ho scelto, ma dopo averlo scelto”.
Qual è stato il primo impatto con la professione medica?

“Il primo impatto con la professione medica, ed in particolare chirurgica, non è stato facile, ero come un corpo estraneo, nessuno mi badava e la prima volta che mi sono permesso di fare una domanda al chirurgo, preposto a farmi da tutor, costui mi ha risposto seccato che invece di fare domande, avrei dovuto studiare ciò che non sapevo, evitando di fargli perdere tempo. Per fortuna i chirurghi che ho conosciuto dopo non erano tutti così”.
Professor Pucciarelli la sala operatoria, cosa rappresenta per lei? Quali sono i principi che un chirurgo non dovrebbe mai dimenticare?

“Per me, come per molti chirurghi, la sala operatoria è come un rito religioso. Vai in sala operatoria con valori di adrenalina quasi sempre alti, per dare il meglio di te stesso. È difficile da spiegare e non vorrei enfatizzare la cosa, ma la sensazione che si prova è coinvolgente, emozionante e, stranamente, il passare degli anni non attenua questa sensazione, che si ripete ogni volta che operi. Su come sta evolvendo la chirurgia grazie alle nuove tecnologie, si potrebbero scrivere libri.

La chirurgia di oggi non ha nulla a che vedere, non solo con quella di 60 anni fa, ma anche con quella di 20 anni fa! Si fa fatica a star dietro alla innovazione tecnologica, alle nuove linee guida, a nuovi farmaci che cambiano gli approcci e le indicazioni alla chirurgia. Non è solo una questione di tecnologia, ma anche di mentalità: approcci innovativi, outcomes che sono cambiati nel tempo. In tutto questo io credo fermamente che il rapporto medico-paziente costituito da empatia, gentilezza, comprensione, rispetto reciproco fra medico e paziente non dovrebbe cambiare ne adesso ne mai”.
Quanti interventi ha eseguito finora? Ne ricorda qualcuno particolarmente difficile?

“Credo di averne fatti migliaia ormai. I più belli sono proprio quelli più complessi, quelli che altri non si sono sentiti in grado di fare e che tu invece riesci a fare. Ti senti gratificato e orgoglioso di quello che hai fatto, così come ti senti deluso e arrabbiato quando non sei riuscito a curare un paziente che speravi di guarire. Passi dalla gioia per aver forse dato la possibilità a una persona di guarire e vivere, alla tristezza di non aver potuto fare di più, ma in ogni caso si è gratificati anche dalla certezza di aver fatto comunque del proprio meglio. Credo onestamente che la professione di medico, e in particolare di chirurgo, sia fra le professioni più gratificanti, oltre che fra le più dure e stressanti”.
Professor Pucciarelli, cosa pensa prima di iniziare un intervento? Come si prepara ad un intervento difficile?

“Penso solo a quello che devo fare e a come lo devo fare. Un intervento difficile lo si prepara passando in rassegna tutti i problemi che si potrebbero avere in sala operatoria, conoscendo bene le problematiche dei pazienti e della patologia trattata. Con il tempo ti viene in aiuto l’esperienza, il fatto che già hai vissuto quelle sensazioni, hai già fatto altri interventi simili e tutto questo attenua lo stress, ma non lo elimina”.
Professor Pucciarelli, spesso lei si trattiene, anche la sera, in corsia con gli specializzandi: quanto è importante formare i nuovi chirurghi?

“Può capitare di fare il giro in corsia, anche la sera tardi o il sabato, qualche volta anche la domenica, insomma quando serve. Un direttore deve sempre avere il polso della situazione, deve sempre sapere quello che succede. Gli specializzandi sono la linfa dei reparti, la loro voglia di crescere, di “fare”, l’entusiasmo che hanno, mantiene tutti più giovani. Sarà perché ormai gli specializzandi del mio reparto hanno l’età dei miei figli, ma mi viene sempre da sperare per loro il meglio. Noi chirurghi più anziani abbiamo il dovere di formare i medici giovani, non possiamo esimerci”.
Quali sono i vantaggi di una medicina/chirurgia super tecnologica? E quali sono i rischi?

“Io credo che la supertecnologia abbia pochi rischi, sempre che essa sia asservita ai bisogni del paziente e che sia usata da medici il cui ultimo scopo è far stare meglio i pazienti, sia guarendoli dalla loro malattia, se questo è possibile, sia aiutandoli ad affrontare il dolore e lo stress che una malattia può provocare in qualsiasi ammalato”.
Professor Pucciarelli, lei è un grande sostenitore del sistema sanitario nazionale, che è stato un modello ammirato in tutto il mondo, ma quali sono oggi i pericoli all’orizzonte?

“Io spero che il sistema sanitario nazionale continui a farsi carico della salute di tutti i cittadini – e sottolineo tutti – e che continui ad essere un sistema sanitario equo. È indubbio che i costi di farmaci, prestazioni, della stessa tecnologia aumentano in maniera esponenziale e che la sostenibilità di questo sistema sanitario sia traballante, tuttavia questa è una scelta politica che spero sia sostenuta da qualsiasi governo di qualsiasi coalizione. Mi permetto di spezzare una lancia per il personale che lavora nelle strutture pubbliche: stiamo assistendo a un disamoramento verso le professioni sanitarie, sia mediche che infermieristiche. Si fa fatica a trovare medici e infermieri e questo, non solo perché c’è il numero chiuso. In realtà mancano le “vocazioni”.
C’è una crisi di chirurghi perché a questa professione si chiede molto in termini di orari di lavoro, reperibilità, guardie diurne e notturne, stress in sala operatoria, rischio di denunce civili ma anche penali, costi di aggiornamento etc. senza che in cambio ci sia un giusto equivalente e non parlo solo di equivalente economico. Quest’anno le iscrizioni alla specializzazione di chirurgia generale sono calate, a livello nazionale, di circa il 40%. Il rischio reale che corriamo è che, fra qualche anno, potremmo non avere chirurghi così come adesso non abbiamo anestesisti”.
La pandemia come ha cambiato la medicina e la chirurgia? Quali sono le lezioni che NON abbiamo imparato?

“La pandemia ha cambiato la vita a molte persone, ha modificato il nostro modo di lavorare, ha chiuso le sale operatorie a persone con patologia “normale” come ernie, calcolosi della colecisti etc. E’ stata preservata, e nemmeno sempre, la cura delle malattie neoplastiche e delle urgenze, lasciando che le liste di attesa per le altre patologie benigne diventassero lunghissime e difficili ormai anche da smaltire”.
Professor Pucciarelli, cosa significa per lei essere medico? E chi vuole ringraziare?

“Faccio il medico da 45 anni e raramente sto in ospedale meno di 12 ore al giorno. Lascio a chi legge la risposta a questa domanda. Dovrei dire grazie a una miriade di persone, in particolare alle migliaia di pazienti che ho incontrato. Se io ho dato qualcosa a loro, non c’è il minimo dubbio che loro hanno dato qualcosa a me. Ma alcune persone forse meritano di essere ringraziate singolarmente: i miei genitori che mi hanno permesso di studiare con tanti sacrifici ed il mio maestro, il professor Mario Lise, persona schiva, ma illuminata e con intelligenza fuori del comune, oltre che persona di riconosciuta onestà umana e intellettuale. Da lui ho appreso molte cose, non soltanto ad essere un bravo chirurgo”.
Sono stato operato dal Prof. Pucciarelli nel luglio 2020; persona eccezionale e chirurgo indiscusso a capo di una equipe di medici straordinari.
Il Professor Pucciarelli fu colui che mi operò nel 2018 per un tumore ( al quarto stadio ) al colon retto.
Bella intervista nella quale non solo l’altissima professionalità del professore, ma la sua umanità, viene messa in luce. Io ho avuto la grandissima fortuna non solo di essere operato da questo immenso chirurgo, ma di poter godere della sua affabilità e gentilezza. Il quadro che è nella foto in testa all’intervista ( un toro che guarda la luna ) è un piccolo omaggio che feci alcuni anni fa al Professore. Questo quadro, a me molto caro, che ha fatto parte per oltre cinquanta anni della mia vita, prima in casa dai miei e poi in casa mia, oggi presente nello studio del Professore, mi rende orgoglioso e felice per l’apprezzamento che questo mio gesto ha avuto da una persona che stimo enormemente e che mai potrò scordare. Nel mio percorso tumorale ho avuto una grandissima fortuna: incontrare una persona che coniuga altissime doti professionali unitamente a rare doti umane. Grazie Professore. Con stima. Stefano Parentella
Grande professionista e grande uomo.
Sono stata operata dal Prof Pucciarelli nel novembre del 2018 per adk al colon, un Grande chirurgo e una bellissima persona, ringrazierò sempre di aver incontrato lui e la sua equipe in questo cammino.