Dopo essersi cimentata con racconti pubblicati in diverse antologie, Nilla Patrizia Licciardo, nata e residente a Mestre, ma di famiglia siciliana, approda ora al romanzo, con una storia che rende omaggio alla sua terra d’origine. La disobbedienza (Roma, AFFIORI editore, 2024) è infatti ambientata ad Acireale e altre località siciliane e si svolge tra il 1858 e il 1922, anni cruciali per la storia non solo dell’isola, ma anche dell’Italia tutta.
Abbiamo incontrato l’autrice, per farci raccontare come è nata l’idea alla base del suo esordio nella narrazione lunga.
“Questo romanzo nasce in primo luogo dalla mia passione per le storie familiari e dal desiderio di non perdere la memoria del passato. Penso di condividere con molti l’esigenza di cercare le tracce di chi ci ha preceduto, soprattutto quando le vicende degli antenati hanno lasciato impronte importanti, che hanno in qualche modo condizionato la vita di chi è venuto dopo. Allo stesso tempo ho voluto cimentarmi col romanzo storico, verso il quale ho sempre avuto particolare predilezione. Ho voluto inoltre fare una riflessione sull’evoluzione della condizione femminile, in ambito sociale e familiare, da metà Ottocento fino agli inizi del Novecento. Resta tuttora molto da fare sul versante dei diritti femminili e della parità tra i sessi, ma è importante non dimenticare quanto siano recenti e preziose le libertà e le opportunità di cui beneficiamo, che non dobbiamo mai dare per scontate”.
La disobbedienza, nelle vite di due donne, Eleonora e Nora, le protagoniste principali del romanzo, sembra essere un valore, che contrasta fortemente con il motto fascista, per esempio, “credere, obbedire, combattere”. Può accadere, infatti, di sentire il dovere morale di disobbedire a regole o dettami sociali che riteniamo ingiusti?

“La storia insegna che dalla ribellione e dal sacrificio di pochi eroi coraggiosi sono derivate le più grandi conquiste dell’umanità. Quando l’ingiustizia di alcune regole è lampante, quando un sistema malato fonda i propri principi sull’oppressione dei più deboli, non resta che ribellarsi e trasgredire, anche a costo di andare incontro a un’inevitabile ritorsione”.
E quanto coraggio devono avere le donne, in particolare, per disobbedire e per sopportarne poi le conseguenze?
“Nel sistema patriarcale, che di recente ha solo allentato le sue spire, le donne hanno sempre subito, sono state oppresse, sfruttate e trattate come merce di scambio, sia in famiglia che nella società. Ma, al pari delle protagoniste del mio romanzo, anche in passato ci sono state donne coraggiose che hanno osato trasgredire, opponendosi ad avvilenti imposizioni e diventando soggetti attivi del proprio destino. Ovviamente ne hanno pagato duramente le conseguenze, perché a metà Ottocento ci voleva molto più coraggio per disobbedire: l’ostracismo della famiglia e della società era spietato”.
Come si è documentata per ricostruire l’ambientazione storica?

“Ho ripreso in mano i libri di storia e i classici della letteratura per documentare in maniera accurata ogni aspetto delle vicende che andavo a trattare. Il mio obiettivo era quello di provare a ricreare in ogni sfaccettatura l’atmosfera dell’epoca, a partire dalle vicende politiche fino ai risvolti sociali e culturali: quali erano i libri, i giornali, le opere teatrali e musicali più in voga, quali erano le abitudini e il modo di pensare della gente. È stato un lavoro lungo e laborioso ma interessante, perché mi ha dato modo di scoprire cose nuove e di rileggere le opere di grandi scrittori come Verga, Pirandello, Capuana, Brancati, Tomasi di Lampedusa”.
Per quanto riguarda la scelta linguistica, ha trovato difficoltà ad adeguarsi, nei dialoghi, trovando il giusto registro per far parlare persone così distanti da lei sia nel tempo che nello spazio geografico?
“Non ho trovato particolari difficoltà perché mi è sempre piaciuto giocare con la lingua. Nei dialoghi ho usato un registro colloquiale, farcito qua e là di termini gergali e dialettali comprensibili, al fine di conferire il giusto colore regionale alle scene. Nelle lettere ho invece usato un registro più aulico, verboso e retorico, in linea con lo stile dell’epoca. Anche qui aiuta molto rifarsi ai grandi autori del passato, che hanno ancora parecchio da insegnare”.
La disobbedienza è un romanzo da consigliare a chi ama le saghe familiari e il romanzo storico, dunque, ma anche a chi si è appassionato ai libri di Stefania Auci, vi troverà atmosfere e suggestioni piuttosto simili, basate sulla ricostruzione rigorosa e fedele di un mondo perduto.
L’autrice

Nilla Patrizia Licciardo, nata a Mestre ma di origini siciliane, è pianista, clavicembalista e docente di pianoforte nelle scuole a indirizzo musicale. Da sempre appassionata di lettura e scrittura creativa, negli ultimi anni si è dedicata al racconto breve, ottenendo numerosi premi e riconoscimenti in ambito nazionale. Ha fatto parte della giuria di alcuni premi letterari ed è stata curatrice di antologie collettive. Suoi racconti sono contenuti nelle raccolte: Veneziani per sempre (Eds 2021), A Venezia San Marco (Eds 2022), Veneziane ribelli (Neos 2023), A Venezia Castello (Eds 2023). La disobbedienza (Affiori editore, 2024) è il suo primo romanzo.
Nilla Patrizia Licciardo, La disobbedienza, Roma, AFFIORI editore, 2024.
Ringrazio Annalisa per avermi consentito, con le sue domande, di mettere in luce gli aspetti più significativi del mio romanzo.
Grazie a te!
Bell’articolo e intervista!
Grazie Annalisa! Sono veramente incuriosita di leggere il primo romanzo di Patrizia, di cui ho avuto modo di apprezzare la scrittura fluida, i contenuti delicati e profondi, il tocco personale.
Ho apprezzato Nilla Patrizia Licciardo fin dalla prima volta in cui ho letto un suo racconto nell’antologia “Veneziani per sempre” e ora leggerò con piacere il suo primo romanzo.