“Il problema non è che da una parte ci sono i difensori della natura e dall’altra i detrattori della natura. La difesa della natura è mediata da un passaggio culturale fondamentale, che è la percezione che si ha dell’ambiente”. Per l’antropologo ed esperto di cultura alpina, il professore Annibale Salsa, il nocciolo della questione discussa nel convegno, tenutosi nel teatro minimo di Chies d’Alpago, risiede nel conflitto culturale tra il residente e il frequentatore.
Il convegno

Proprio dal suo intervento proveniva il titolo dell’incontro “La disumanizzazione dell’Uomo e la sacralizzazione del predatore”, organizzato dal Comune in collaborazione con la Comunanza delle Regole dell’Alpago e la società agricola cooperativa Fardjma. A moderare la serata il già sindaco di Chies d’Alpago ed esperto in VIncA (Valutazione di Incidenza Ambientale), Giampaolo De March.

Due ore intense con interventi che hanno visto silenziosi e attenti fino al momento del dibattito i 120 presenti

A colpire particolarmente sono state le parole del professor Salsa quando ha spiegato approfonditamente come il turista cittadino, e soprattutto le associazioni di tipo ambientale-animalista, abbiano una percezione della natura modellata sul criterio urbano-centrico. Un tipo di ideologia e di cultura che ha le sue radici nella cultura cittadina. Mentre il montanaro difende la natura in un modo diverso e di conseguenza diversa è la sua percezione del territorio, essendo il suo rapporto con la natura sempre di addomesticamento: “Questo è un tipico conflitto culturale. Ma questo tema della natura è diventato ideologico, quindi non è più traducibile in termini scientifici, come dovrebbe essere”.
Il Sindaco

Anche il sindaco di Chies d’Alpago, Gianluca Dal Borgo, concorda su questo punto. “Chi abita nelle aree urbanocentriche ha una visione idealizzata della montagna che cozza con il principio di realtà dei montanari. La percezione vera della realtà e del paesaggio è il frutto di esperienze sapienziali e di un vivere concreto in un territorio. Incontri come questi servono a conciliare gli opposti sulla questione dei grandi carnivori e trovare assieme una nuova via per il futuro della vita sulle Alpi”. Quindi una terza via basata sulla gestione capace di garantire lunga vita al lupo in convivenza con gli animali selvatici, gli animali da economia e l’uomo, anche nella Conca dell’Alpago e sulle Dolomiti.
Cosa emerge dal dibattito

A doversi risolvere, per Salsa, è un incontro-scontro tra visioni del mondo: “perché il paesaggio è sempre una costruzione culturale e non qualcosa riconducibile all’ambiente naturale. Una costruzione culturale che le comunità residenti sui territori di montagna, ma anche in territori di non montagna, hanno fatto sulla base delle loro regole, delle loro esperienze, delle loro tradizioni”. Un patrimonio culturale che va assolutamente difeso, in maniera dinamica, non statica. Secondo Salsa, ci sono due concezioni culturali in materia di tutela dell’ambiente, una attiva e l’altra passiva. Passiva è la tutela di tipo conservazionistico, giustificata dal punto di vista della conservazione della natura, ma non regge per il professore: “perché tutto si trasforma, tutto muta, tutto cambia, quindi bisogna governare il cambiamento. Questa è la grande sfida degli amministratori, delle associazioni culturali, di tutti”. Il paesaggio come l’ambiente sono in continua trasformazione.
Papi e Cristoforetti


Direttamente dalla trentina Val di Sole è arrivato per portare un saluto anche Carlo Papi, papà di Andrea, il runner aggredito e ucciso il 5 aprile del 2023 dall’orsa JJ4 mentre correva nel bosco di casa a Caldes. Ad accompagnarlo c’era il presidente del comitato “Insieme per Andrea Papi”, Pierantonio Cristoforetti: “la pericolosità e le problematiche di una possibile o meno convivenza con i grandi carnivori devono essere temi risolti dalla politica per far permanere la gente sulle terre alte”. Il rischio di abbandono della montagna è alto e lo si percepisce dal sentiment della gente.
Però, per capirne la reale portata, il comitato ha promosso una consultazione popolare, come previsto dagli Statuti delle Comunità di Valle (ndr, equivalenti per il Trentino alle Comunità e Unioni Montane). Delle 1.000 firme necessarie per Valle, la Val di Sole ne ha raccolte 6173 e al seguito anche la Val di Non, la Val Rendena e le Giudicarie. Sono 25.000 le firme totali raccolte su 65.000 votanti in meno di dieci giorni. La prima chiamata ad esprimersi sulla convivenza con l’orso in termini di sicurezza per la popolazione e problematiche per le attività economiche sarà proprio la Val di Sole il 28 ottobre prossimo. “Adesso chiaramente vedremo i risultati di questa consultazione popolare, ma le nostre istituzioni dovranno tener conto obbligatoriamente dell’espressione della gente” chiosa Cristoforetti.
Fullin chiude il dibattito

A tirare le conclusioni del convegno, valido per i crediti formativi professionali dell’Ordine dei Dottori Agronomi e Dottori Forestali con l’ausilio della segreteria di Belluno, è stato l’agronomo
Alessandro Fullin, esperto allevatore anche della cooperativa Fardjma.
“Oggi si fa fatica a mantenere l’allevamento in condizioni di cosiddetta normalità. C’è bisogno quindi di creare una nuova squadra tra allevatori, amministratori locali e tecnici preparati per la convivenza con il lupo”. Bisogna che ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e Ricerca Ambientale) dia indicazioni precise alla politica sulla gestione del grande predatore. Legandola alla mobilità, per esempio, come già fanno diversi altri stati europei. L’allevamento della pecora alpagota, razza riconosciuta a rischio estinzione all’inizio degli anni ‘90, è per Fullin un elemento fondamentale nella preservazione della biodiversità sul territorio. Richiamando in tal senso l’Articolo 16 della Direttiva Habitat che indica la possibilità di regolare la presenza del lupo in caso di problematiche di sicurezza e socio-economiche dovute a lupi in dispersione che escono dai branchi e, come nel caso della Conca dell’Alpago, invadono i paesi.
Splendido articolo, argomentazioni valide