In una giornata uggiosa, una signora malinconica parla al telefono con la sorella e, fra l’altro, le dice: “Ho comprato un libro. È bello grosso, così mi fa compagnia più a lungo”.
Questo gesto, che indica un buon uso del proprio tempo, specialmente quando il tedio delle ore meridiane segna le nostre giornate e ci facciamo strane domande come “Cosa me ne faccio di una giornata così vuota?” oppure “Dov’è la vita?” La signora al telefono ha trovato una risposta: è sfuggita alla noia fuggendo… in un libro. E non è la sola. Pur sapendo che ci sono altre occasioni per dare senso alle proprie giornate, ci si rifugia, esattamente come lei, in un romanzo, ed è come smarrirsi in un labirinto.
La compagnia dei libri

I libri sono dei compagni silenziosi, dei quali è stato detto che “sono un alimento dell’anima“e hanno una loro necessità. Non importa quando li incontriamo, sono un concentrato di vita che si aggiunge alla nostra. E poi, importantissimo, ci fanno sognare, nutrono l’immaginazione, come un fertilizzante su un terreno impoverito. Avete mai pensato ai sogni provocati da un romanzo o dai resoconti di viaggio, o dalle fiabe? “I sogni non costano” dice il saggio, “non consumano, e non fanno perdere tempo perché vivono durante il sonno e consumano il tempo immobile che è proprio della dimensione onirica!”
I libri che leggiamo sono il frutto di una passione dello scrittore, di una gestazione che si conclude in una nascita: il libro, ogni libro, è creatura, è vivo e vivificante. Lo scrittore non è geloso della sua opera, non la tiene per sé ma la libera da ogni vincolo: è così che diventa “nostra”.
Che sia di cento o duecento o duecentonovanta pagine non importa: ci trascina dentro di sé: per noi comincia un viaggio, un’avventura silenziosa la cui destinazione ignota sarà scoperta di pagina in pagina.
La chimica nel frigorifero

I pesticidi invocati dagli agritrattori fin dai primi giorni della loro sollevazione anti Ue, sono un segnale che arriva a noi tutti: i coltivatori sanno quello che vogliono. Così, i prodotti della terra, “aiutati” chimicamente, arrivano sulle nostre tavole. C’è motivo di inquietarci. O no? Il disinvolto impiego di quelle sostanze è il riflesso di una mentalità più o meno diffusa, che fa parte, comunque, di una precisa cultura e di una conseguente applicazione: quella cultura che non accetta il rigore ecologico e ignora gli effetti dei pesticidi nel futuro. Quando questi signori parlano di rispetto per l’ambiente e per la salute, lo fanno a fatica contro il proprio credo, che è la produzione, il guadagno, ovvero schèi, schèi e sempre schèi.
Anche a Porto Marghera, mi viene da ricordare, per tanto tempo, la salute degli operai, dei colletti bianchi e del territorio è stata “curata” con l’aumento dei salari. In quel tempo – vissuto anche dai nostri lettori – industriali e lavoratori viaggiavano sullo stesso binario: firmavano per il rinvio delle soluzioni radicali, cioè degli interventi che avrebbero “abbattuto” i veleni nelle fabbriche (inquinamento industriale) e nelle campagne.
Si scaricava nel futuro la responsabilità di decidere

Finché, un giorno, i morti non pesarono troppo sulle coscienze di tutti, dai governanti ai lavoratori, dai padroni del vapore passando per il filtro dei sindacati e per una opinione pubblica non del tutto distratta.
La tecnica del rinvio, con il consenso via busta paga, ha fruttato decessi da una parte e incassi dall’altra, e intanto i problemi urgevano e l’ambiente umanizzato subiva l’aggressione di sostanze tossiche in costante aumento. Oggi possiamo dire che l’Ecologia, a lungo ignorata a tutti i livelli (salvo le voci clamanti nel deserto) non era una parola nuova del vocabolario, ma l’ossigeno necessario ad un mondo intossicato. Anche dalle parole.
Il Caffè storico e le memorie divise
C’è il Giorno del ricordo, quello istituzionale dedicato alle foibe del Carso, ma in questo periodo dell’anno emergono e si scontrano anche altri ricordi, che hanno per sfondo geografico il golfo di Trieste, proprio fra Trieste, l’Istria e la Dalmazia. In quelle terre che sanno di salmastro, per secoli hanno convissuto popoli diversi che hanno “prodotto” una cultura mista, e dunque luoghi di convivenza fra popoli, etnie e culture legate da un confine. Non solo l’orrore delle foibe, ma anche la sinistra Risiera di San Sabba e l’inutile strage della popolazione slovena da parte dei fascisti invasori (testimone per tutti lo scrittore Boris Pahor).

E ci sono i ricordi di chi scrive, fatti di scoperte letterarie legate al Caffè San Marco: una fragile “isola” mitteleuropea, un ambiente che si potrebbe considerare come cuore della città che fu la “più bella delle figlie degli Asburgo”, frequentato un tempo da grandi scrittori e intellettuali fra cui Slataper, Joyce e Svevo, Giotti, Saba, Stuparich, e oggi da Claudio Magris, Paolo Rumiz e Mauro Covacich, mentre in città e sul mare circolavano, e facevano la storia, migliaia di italiani, sloveni, austriaci, boemi, slovacchi, croati e greci, turchi, come dire l’Europa.
Nel prossimo ottobre si ricorderà il ritorno di Trieste all’Italia e la fine della Zona A e dell’occupazione militare alleata (1954). Due anni prima, al Festival di Sanremo, Nilla Pizzi aveva cantato la patriottica canzone “Vola colomba” contenente la promessa che Trieste non sarebbe stata “più sola”…
Ricordi, ricordi…
Trittico

(poesia)
Sento nella mente un vento
frusciante, un messaggio
che porta il mutamento
dei giorni attesi dal mondo:
vento dell’avvenire, di Utopia.
***
Laggiù uno straniero raccoglie
le vecchie foglie dissanguate
che un vortice aveva disperso,
e nella grande piazza le aiuole
ci donano le viole del Comune.
***
Lontano, in un dove disperso
nelle umane disumanate geografie,
volano bombe intelligenti,
scintillano nei cieli i droni,
la terra geme e urla disperatamente.
Anonimo ‘24
I libri! Nostri amici sempre. Non ci tradiscono mai – siamo noi che non sempre siamo disposti a leggerne uno. Li adoro, eppure ci sono dei periodi che leggo poco, che non trovo delle pagine che mi coinvolgono, ma mi mancano!
E poi, quando invece un libro mi affascina da subito, non mi fermo più; ogni momento è buono per continuare la lettura, e quando arrivo all’ultima pagina, non vorrei fermarmi, torno indietro, non vorrei lasciarlo. Mi è diventato amico.
L’approccio dipende, com’e giusto, anche dalla nostra età: parlavo, anni fa, con un’amica di mia mamma. Si parlava di viaggi (che io adoravo), e lei mi disse che, visto che viaggi non ne poteva fare più, lei ormai viaggiava grazie ai libri. Mi sembrava allora una cosa così triste – ma ora, arrivata anche oltre l’età che lei aveva all’epoca, capisco che è una cosa bella, coinvolgente, soddisfacente! I libri non ci tradiscono mai!
Caro Ivo , mi è parso strano vederti stamane , senza la Tua Musa Ispiratrice
Parli dell’ oggetto ” libro ” che tanta parte della nostra vita ha occupato ed ancora occupa ! Non so come potrei ringraziare tutti gli scrittori ( poeti, narratori, giornalisti , storici , critici d’arte…) se non ringraziando Dio stesso che li crea e li illumina con il Suo Spirito. Non sarebbe possibile immaginare una vita senza libri ! Ora , Ivo caro , siccome tu fai parte di quella schiera da Dio prediletta ed illuminata , Ti esprimo tanta stima e ti abbraccio, Nadia permettendo. Sei una persona preziosa ed ammirevole.