Parlamento è un termine strano – come sosteneva il celebre umorista francese Pierre Desproges – per un’istituzione che rappresenta il popolo sovrano. Infatti, è la composizione di due vocaboli: parlare e mentire. Di entrambi i concetti si abusa. Si parla troppo, spesso a vanvera, ed è raro che un politico dica la verità, seppure la menzogna sia il reato più grave perché si raggirano i cittadini. Chissà se è per questo che gli elettori diffidano inconsciamente dei partiti e non si recano più alle urne. Però, fanno male e non se ne rendono conto. Solo col voto si può mandare a casa chi inquina la politica. Invece, gli elettori che rinunciano al diritto di voto credono stupidamente che i politici si mortifichino per questo disprezzo. Al contrario, complici ignoranza e disonestà, ci sguazzano. Ecco perché nessuno fa nulla per riconquistarne la fiducia della gente.
Per ora ne gode solo Meloni, che, pur governando col consenso di appena un quarto della popolazione, continua ad avere successo in tutte le consultazioni di cui è disseminata la nostra vita. È vero che il voto è garanzia di democrazia, Ma da noi si vota continuamente e il troppo – si sa – storpia. Siamo maniaci che senza votare ogni tre o quattro mesi andiamo in crisi di astinenza.
È la campagna elettorale a eccitarci e vorremmo che non finisse mai. È un momento in cui si polemizza con gli avversari ma anche con gli alleati e persino tra chi la pensa allo stesso modo. E poi non si va a votare, facendo un dispetto a noi stessi e alle proprie famiglie. Che idioti! Eppure ci sentiamo furbi. Non c’è un sistema migliore, se non i partiti e le elezioni per gestire le nostre vite in democrazia. Se non votiamo non possiamo migliorare né cambiare ciò che non ci piace.
Fiducia e libertà
È come se non ci interessasse il futuro dei nostri figli e la libertà. È mai possibile non rendersene conto? In effetti, non ci interessiamo tanto dei figli. Non ce ne occupiamo né sappiamo educarli. Non sappiamo inculcargli il valore della vita. Crescono allo stato brado, per la strada o accuditi da estranei perché noi ci dedichiamo soprattutto a cercare di fare soldi. Ecco perché i giovani non amano la vita, che, invece, assieme alla salute, è il bene più prezioso. Sin dai primi vagiti, in questa società deviata, i bambini capiscono, però, il concetto del denaro in tutti i suoi termini conosciuti e soprattutto il potere della violenza, essendo violentati dall’assenza di amore, umiltà, solidarietà, generosità, tolleranza e rispetto per gli altri. Sono valori basilari, grazie ai quali si apprezzerebbe meglio il denaro, il divertimento e persino la trasgressione.
A proposito degli ostaggi dell’Agenzia delle Entrate

Qualcuno dovrebbe spiegare a Salvini che non si recuperano i consensi perduti con gli scoop e le sceneggiate, con gli annunci strepitosi come il Ponte sullo Stretto, di cui per altro non si vede mai un dato concreto. Solo annunci vaghi e irrealizzabili. Né con provvedimenti che favoriscono alcune categorie e ne svantaggiano altre. Come la Flat Tax o l’autonomia regionale differenziata. L’elettore giudica dal modo in cui si governa – lo dimostrano i risultati delle urne – non dagli annunci eclatanti che spesso sono falsi o inconsistenti, e che poi il più delle volte non vengono realizzati. Come, per esempio, l’interruzione dello sciopero dei trasporti, credendo nella gratitudine dei pendolari o di altre categorie che vengono danneggiate.
È molto meglio cercare di mettere d’accordo lavoratori e datori di lavoro. Interrompere lo sciopero qualche ora prima dell’inizio crea piuttosto confusione che consensi. Ma a lui non interessa realizzare ciò che annuncia. Fa sapere agli elettori che ne ha l’intenzione. Poi, se non si realizza non è colpa sua, ma del governo o della sinistra. E nel frattempo annuncia un altro progetto. Tanto la gente ha già dimenticato il precedente. Probabilmente gli elettori lo hanno capito e non lo prendono più sul serio. Lui crede erroneamente che intromettersi è già un merito.
Scioperi e fiducia

Nessuno gli ricorda che lo sciopero non è fatto per creare disagio ai cittadini, ma per attirare l’attenzione sulle esigenze dei lavoratori e il disagio è un’inevitabile conseguenza. Per esempio, quello del personale dei servizi a terra negli aeroporti è per il rinnovo del contratto scaduto da sei anni. Per segnalare la carenza dei servizi che danneggia notevolmente i viaggiatori. Non si può contrapporre il diritto dei cittadini di viaggiare o degli altri lavoratori di spostarsi. È come delegittimare il diritto di sciopero che, invece, è tutelato dalla Costituzione. Non è neppure leale – e l’elettore che è lento a capire, ma non stupido, alla fine se ne accorge – cercando di rubare voti agli alleati.
Anziché risolvere i tanti problemi dei trasporti e delle infrastrutture di cui si dovrebbe occupare – è la funzione del suo dicastero – Salvini sembra avere trovato il filone buono, ma scandaloso, da cui possono dipendere milioni di voti e di più facile realizzazione. La sua proposta geniale della settimana è la pace fiscale, necessaria perché gli italiani – è la motivazione del ministro – sono ostaggi dell’Agenzia delle Entrate. I contributi insoluti, crediti che lo stato non ha ancora riscosso, ammontano a mille miliardi di euro. I ritardatari, invece, saranno grati al solerte ministro e voteranno certamente per la Lega. Però, non è d’accordo il Direttore delle Entrate Ruffini, né il ministro dell’Economia Giorgetti e neppure il ministro della Funzione pubblica Zangrillo. Perché dicono giustamente che chi ha intenzione di pagare le tasse ma non ne ha momentaneamente la possibilità, chiede una rateazione o un rinvio.
Fiducia e nuovo codice della strada

L’unica iniziativa lodevole è l’inasprimento delle norme del Codice della Strada, che, però, come molte iniziative di questo governo, sono enunciate ma non completate. Se date uno sguardo alla circolazione vi accorgerete che nulla è cambiato rispetto a quando le norme erano più edulcorate. Si sarebbero dovuti incrementare i controlli. Quindi, aumentare il personale, i vigili, la polizia stradale. Ma se non si assumono medici, figuriamoci i comprimari della strada, dove certamente muoiono meno persone che negli ospedali per la mancanza di assistenza e di cure. Per le situazioni più urgenti il paziente deve necessariamente ricorrere alle strutture private, che costano un occhio della testa. È questo il progetto del governo? Dirottare la povera gente verso la sanità privata? È andata recentemente in pensione una generazione di medici, che non vengono ancora sostituiti. Come mai le università non aumentano le iscrizioni a medicina?
Fiducia a Salvini?

Ovviamente le opposizioni sono ancora più feroci contro la proposta eversiva di Salvini. Francesco Boccia (Pd) sostiene: «Ministri incoscienti, fanno danni alla democrazia e umiliano gli italiani che pagano le tasse». Giuseppe Conte (5 Stelle): «È gravissimo incitare all’evasione, così si rompe la pace sociale». Carlo Calenda (Azione): «Le parole di Salvini sono indegne di un ministro». Angelo Bonelli (Alleanza Verdi Sinistra): «Siamo di fronte al governo degli evasori». Schlein (PD): «Il governo strizza l’occhio agli evasori fiscali a danno dei contribuenti onesti».
Fratoianni (sinistra italiana): «Questo governo è imbarazzante». Così, con questa slealtà nei confronti di dipendenti e pensionati cui le tasse vengono trattenute alla fonte, Salvini spera di riprendersi i voti che i Fratelli d’Italia gli hanno scippato. Se anche questa estrema risorsa dovesse fallire sarà meglio lasciare la leadership a qualcun altro. Vuol dire che gli elettori hanno un’ingratitudine incolmabile nei suoi riguardi, come un fatto personale. Ricorda l’analogo al “Grazie, Mario” di Parisina a Troisi, mentre il merito era di Benigni, nel film Non ci resta che piangere.
Quelli che vorrebbero creare problemi alla Meloni

Se da più di vent’anni Calderoli tenta di imporre la riforma delle autonomie regionali e non ci riesce, vuol dire che c’è qualcosa che non funziona nel progetto. Del resto, neppure agli alleati piace, come non piaceva a Berlusconi, col quale il ministro leghista non aveva il coraggio di insistere, come fa adesso con Meloni, minacciando di ritirare la fiducia. La Premier che non sa dire di no agli alleati, è costretta a rimandare. Così questo governo risolve i problemi, anziché affrontarli e chiarirli. Anche questi giochi di forza, che somigliano a ricatti, sono sbagliati.
Berlusconi – ecco perché lo rimpiangiamo – diceva chiaramente che non si poteva privilegiare alcune regioni e penalizzarne altre. E non se ne parlava più. Ma le pare, Signora Premier, che la Lega possa ritirare la fiducia al governo? Lo ha già fatto una volta, nel 2019 e se n’è pentita amaramente. Quando gli ricapiteranno cinque anni di stipendio e di potere, oltre che di privilegi? Se dovesse capitare, nessun parlamentare potrà rincasare per non incorrere nelle ire del partner che li accoglierebbe col matterello in mano sulla soglia di casa.
Fiducia o no?

Quindi, stia tranquilla. Non ha ancora capito che abbaiano, ma non mordono? Mettiamo, pure, che la Lega crei una crisi e si va a nuove elezioni. Poi si rifà la stessa alleanza? Si presenterebbero da soli come quegli sprovveduti del PD? Come quei finti ribelli del cosiddetto terzo polo? Le rotture sono sempre negative quando non si tratta degli interessi degli elettori. E lo capiscono persino loro. Poi, io che sono un terrone, so che al Sud la Lega prende tanti voti. Quindi non si capisce perché tradire quell’elettorato per cercare di ingraziarsi – ma non è sicuro – quello del Nord.
Quando Calenda e Renzi il 25 settembre scorso tradirono PD e M5S e costrinsero di presentarsi alle elezioni tutti da soli – pur essendoci il sistema elettorale maggioritario, che impone le aggregazioni prima del voto – pensarono di danneggiare l’opposizione e facilitare la vittoria della destra. E infatti, ci riuscirono. Ma, anche loro, alleati con gli altri, avrebbero preso più parlamentari – tanto la destra avrebbe vinto ugualmente – e oggi conterebbero molto di più con un maggior numero di parlamentari. Invece, sono due partiti minuscoli, senza alcun peso politico, come tutto ciò che non è politicamente trasparente. E leccano i piedi a Meloni, che non ha bisogno dei loro voti. Quindi, anche come leccapiedi sono falliti.
Le tentazioni del ministro Nordio e la fiducia a chi vuole abolire i reati di traffico di influenze illecite e anche di abuso d’ufficio

Chissà perché il ministro Nordio vuole abolire i reati di traffico di influenze illecite e anche di abuso d’ufficio, che non piacciono alla magistratura e nemmeno al Presidente Mattarella e all’Unione Europea. Voleva pure abolire il concorso esterno in associazione mafiosa. Poi è intervenuta la Premier a bloccarlo. La banale scusa era che il reato c’è solo in Italia e che è un ossimoro. Ma altrove non hanno il problema della mafia, che da noi incide per centinaia di milioni di euro l’anno sul bilancio dello stato, che vede ancora oggi politici indagati per complicità e persino sospettati di essere coinvolti in stragi di mafia.
Quando si usano termini di non facile comprensione e che non vogliono dire nulla è per confondere le idee alla gente. Ossimoro vuol dire che se il concorso è esterno, non c’entra con la mafia. E se c’entra non è esterno. Invece, significa che il soggetto agisce da mafioso o è complice della mafia anche se non ne fa parte, cioè è esterno all’organizzazione criminale. Ma quanti elettori capiscono il significato di ossimoro? Quante volte Nordio nella sua vita professionale lo ha usato? Quanti politici, più ignoranti degli elettori, sanno che cosa sia una figura retorica? È un reato creato da Falcone, di tendenze socialiste, e Borsellino, che invece simpatizzava col MSI all’epoca di Almirante. Quindi, volerlo abolire è anche uno sfregio alla loro memoria. Chi si vuole proteggere?
Nordio va avanti anche senza fiducia
Il Presidente Mattarella, come pure l’Europa, non sono d’accordo, ma Nordio prosegue lo stesso imperterrito. Era Berlusconi, che ormai non c’è più, ad averne interesse. Non era il solo? Perché non ci interessiamo ogni tanto di risolvere anche qualche problema che riguarda i cittadini onesti, anziché la pace fiscale per andare incontro agli evasori? Non si capisce perché il governo voglia proteggere solo chi non è in regola. Però, come tutti coloro che sono più monarchici del re, Nordio è stato fermato dal suo sovrano. Basta! – ha detto la Premier – ci sono problemi più urgenti. Evidentemente non tutta la maggioranza approva le assurde modifiche di Nordio. Parlamento, parlare e mentire. Si sono incontrati per più di un’ora al Quirinale, il capo dello stato e la Premier.
Fiducia e braccio di ferro
Si erano lasciati con l’accordo che non si doveva tornare al braccio di ferro con la magistratura, né con le polemiche con l’Europa. Invece, la riforma sulla giustizia comprende l’edulcorazione dei reati di traffico di influenze, di abuso d’ufficio e la separazione delle carriere. Mattarella ci è rimasto molto male. Rimarrà ancora peggio quando sarà la volta della riforma costituzionale sull’elezione del capo dello stato.
A differenza dei Berlusconi che, grazie alla legge italiana protettrice dei grandi patrimoni, non hanno pagato un centesimo sull’eredità di quattro miliardi, l’undicesimo duca di Rutland ha dovuto indebitarsi per pagare dodici milioni di sterline di tassa di successione ed ereditare il Belvoir Castle, maniero di famiglia nel Leicestershire. Separatosi dalla moglie, pur dividendosi la stessa servitù, adesso vivono in due ali diverse del castello. Come pure i duchi di York, Andrea e Sarah Fergusson, che, dividono amichevolmente il Royal Lodge dal quale, però, il fratello, re Carlo III, gli ha dato lo sfratto. Adesso cercano casa.
Separazione delle carriere

Separare le carriere mette in pericolo la democrazia. Se il PM è allontanato dalla giurisdizione e, quindi, dai meccanismi di compensazione che prevede la Costituzione – sostiene il presidente dell’ANM Santalucia – lo lasceremo solo e ci sarà prima o poi qualcun altro che ambirà al controllo dell’azione penale e sarà certamente un controllo politico. E aggiunge che il ministro Nordio lo sa meglio di chiunque altro. È questo che vuole? Come mai il governo ne è interessato, con quale scopo? Ma quanti sassolini dalla scarpa deve togliersi questo ex PM? Come mai la Meloni continua a sostenerlo pur fermandolo talvolta e mezzo governo, compreso l’assennatissimo Mantovano lo sconfessa? L’imputazione coatta di Delmastro ha fatto infuriare la Premier che preferisce disconoscerne il motivo.
L’indagine era stata archiviata per ignoranza dell’indagato. Cioè, secondo il PM, il sottosegretario non sapeva che il rapporto che confidò al suo coinquilino e correligionario Donzelli fosse riservato. Il GIP, invece, sostiene giustamente – vede come si separano naturalmente le carriere quando i pareri divergono? – che Delmastro non è un cittadino qualsiasi, che può essere ignorante, ma un parlamentare e membro del governo che deve conoscere le norme che regolano le sue attività. Quindi, c’è poco da infuriarsi, Signora Premier. Meglio scegliere – se ce ne sono – accoliti più preparati e consapevoli del ruolo che ricoprono, soprattutto se poi intendono sfruttare le informazioni riservate per accusare avversari politici, come nel caso di Delmastro e Donzelli.
750 milioni nel mondo soffrono la fame
Scandalizza il Congresso degli Stati Uniti la scoperta che le banche svizzere custodiscono il denaro che Putin e gli oligarchi russi hanno depredato. Non era difficile immaginare dove i complici della dittatura nascondessero il frutto delle loro razzie. Era in Svizzera che i criminali nazisti depositavano i soldi usurpati agli ebrei. Perché gli eredi di quei banchieri dovrebbero essersi redenti? Intanto apprendiamo con indifferenza dalla FAO che più di due miliardi e mezzo di persone nel mondo – un terzo circa dell’umanità – non ha accesso a una quantità adeguata di cibo. Addirittura 750 milioni soffrono la fame, soprattutto bambini e anziani. Mentre la società occidentale si lamenta del caldo torrido, c’è ancora una moltitudine di affamati. Nelson Mandela, che fu paladino di chi è privato del diritto al cibo e che oggi avrebbe 105 anni, sarebbe un uomo infelice. Riuscì a sconfiggere l’apartheid ma non la fame di tanta gente.
Fiducia sulle notizie che arrivano dall’Ucraina

Ad aggravare la situazione c’è la rappresaglia di Putin, che usa l’arma impropria del grano per danneggiare l’Ucraina. Mentre lo scorso anno aveva concesso l’imbarco e l’esportazione di 33 milioni di tonnellate di grano dai porti del Mar Nero, oggi lo vieta provocando l’indignazione del mondo intero perché aumenterà il disagio delle popolazioni più povere. Zelensky sta cercando di risolvere il problema attivando vie fluviali attraverso il Danubio e autostradali. Ma sarà una soluzione più lenta e difficoltosa.
A Washington un gruppo di democratici sostenitori di Biden stanno cercando di far capire al presidente che l’impopolarità della vice Kamala Harris potrebbe compromettere la sua rielezione e gli suggeriscono di sostituirla. È molto bello constatare che ci sono paesi in cui chi è davvero ammiratore di un personaggio gli indica i suoi difetti e negatività per migliorarne il successo. Da noi, invece, la moda è, al contrario, di assecondare il leader, quindi, non apportare alcun contributo alla causa.
Quando i giornalisti non accettavano di essere isolati

Finalmente un’iniziativa turistica che non ha pari nel mondo. Per valorizzare il nostro patrimonio artistico, la Premier e il ministro della Cultura – assente quella del Turismo, che ha avuto la dignità di non aggregarsi alla comitiva congestionata di giornalisti – ha inaugurato il Frecciarossa senza stop da Roma a Pompei, 1h e 47’ di viaggio. Purtroppo sull’orario di Trenitalia quel percorso è previsto una sola volta al mese, ogni terza domenica. Partenza dalla Stazione termini la mattina e ritorno da Pompei la sera. Sarebbe stato più utile al turismo almeno una volta al giorno, se non di più. Così è proprio un’iniziativa inutile. La Premier e il ministro della Cultura, con i loro seguiti, blindati in un vagone, mentre i giornalisti al seguito erano in un altro, ma senza potere comunicare con l’establishment. Nessuno ha rinunciato al viaggio. Nessuno ha protestato come si sarebbe fatto ai miei tempi.
Informazione e fiducia

Però, allora c’era un altro rapporto tra la politica e l’informazione. Con Pertini, Andreotti, Craxi e persino con Giovanni Paolo II si viaggiava in aereo e non c’erano separazioni tra i vari settori, tutti circolavano liberamente, ma nessuno faceva interviste, se non concordate. Si conversava scambiandosi le reciproche impressioni sul viaggio o altri argomenti. Al giorno d’oggi il solo a mantenere le antiche usanze è Papa Francesco, che ha l’autorevolezza per mantenere rapporti civili con i giornalisti, senza bisogno di segregazioni e divisioni.
Ricordo un solo incidente, ai tempi in cui viaggiavo con le alte cariche dello stato, una volta in tanti anni durante un viaggio in America Latina, Un collega del Corriere si mise a parlare con Pertini e ne ricavò un’intervista esclusiva. L’indomani fummo tutti svegliati nottetempo dai rispettivi direttori che – in Italia era già tarda mattinata – chiedevano come mai noi non avessimo la stessa intervista con le notizie che conteneva. Il collega inadempiente, atterrato a Città del Messico, abbandonò la comitiva e se ne tornò a Roma con la coda tra le gambe e il bottino rubato.
Come Pertini si guadagnò la fiducia
Pertini si scusò dicendo che lo aveva scambiato per un diplomatico, precisando che aveva persino la forfora sul vestito blu, come tutti gli altri. Nonostante il rapporto di grande cordialità con l’anziano presidente, tutti i giornalisti al suo seguito proclamarono 24 ore di sciopero e l’indomani non si parlò della visita di Pertini in Nicaragua. Durante un viaggio in Giappone, per l’incontro tra il Presidente italiano e l’imperatore nipponico, fu allestita una specie di gabbia destinata a ospitare i giornalisti. Ovviamente ce ne andammo.
Quando Pertini ne fu informato, sospese il colloquio con l’imperatore, che allora era un personaggio sacro non solo capo dello stato, e pretese, per continuare, che i giornalisti fossero ammessi nelle stese condizioni dei diplomatici. In un altro viaggio, nelle vicinanze di Washington il capo del cerimoniale della repubblica informò Pertini di non essere riuscito a convincere il dipartimento dell’immigrazione degli Stati Uniti di non passare alla dogana il bagaglio dei giornalisti, che di solito non era controllato e considerato come quelli dei diplomatici. Pertini si rifiutò di scendere dall’aereo finché non fu risolta la questione facendo fiutare il bagaglio ai cani poliziotto. Ecco un modo per guadagnarsi la fiducia dei lettori e la fiducia della gente.
I personaggi di allora avevano un rapporto diverso con i giornalisti

Nel dopoguerra a dare prova di democrazia cominciò proprio la magistratura che si dimostrò subito libera e al di sopra delle parti. A riprova vi riporto un significativo racconto di Carlo Giovetti, giornalista di grande spessore culturale e mio grande amico, critico teatrale del Giorno di Gaetano Baldacci – allora i lettori andavano a teatro e si informavano sulle novità – sui suoi genitori. Probabilmente ce ne sono anche oggi altrettanto probi. Il padre era pretore in una città emiliana in provincia di Modena.
Custodiva nel giardino di casa una refurtiva di derrate alimentari che i carabinieri avevano sequestrato e non sapevano dove mettere, essendo stata la caserma bombardata e la loro sede provvisoria in un vecchio camioncino. Erano tempi difficili per tutti. Il giorno del processo il marito chiese alla moglie che fine avesse fatto quella refurtiva. L’ho data da mangiare alle galline prima che ammuffisse, disse la donna. Non avresti dovuto, non era roba nostra, fu la sentenza del marito. Sei stata incauta e purtroppo dovrò denunciarti per appropriazione indebita. Però, hai delle attenuanti e sono certo che il collega che ti giudicherà sarà comprensivo e clemente. Allora Nordio era ancora in fasce e non avrebbe potuto nuocere.
Certo la fiducia non si guadagna con accordi come quello del presidente della Tunisia

Non so come la pensi il Padreterno sull’accordo che abbiamo fatto col presidente della Tunisia perché blocchi le partenze di migranti per l’Italia. Io credo che sia indignato come noi. Certo né Von del Leyen né Meloni erano al corrente dei metodi cui sarebbe ricorso il dittatore per guadagnarsi il compenso di 105 milioni di euro da parte dell’Europa. Però, potevano immaginarlo; e non è questione di avere fiducia o non avere fiducia nel leader tunisino. Ora, avendo visto le scene raccapriccianti in TV dei metodi usati per la vigilanza, sia la presidente dell’UE sia la nostra Premier dovrebbero recedere dall’accordo. Prendiamo esempio dal Fondo Monetario, che chiedeva certe garanzie per elargire sovvenzioni. È un ignobile massacro di persone indifese – soprattutto donne incinte e bambini – deportate nel deserto e condannate a morire per denutrizione e disidratazione. È una vergogna che non può passare impunito nella storia dell’uomo, Non è con simili crudeli sistemi che si proteggono le nostre coste.
Persino chi non è credente – è mai possibile che Dio assista inerte? – e non ha una coscienza può assistere a un simile spettacolo di crudeltà e cattiveria senza vomitare. Pensando erroneamente che quella somma bisogna guadagnarsela – invece, è stata già stoltamente elargita – anche il popolo si è aggregato alle forze di polizia e dell’esercito per individuare i migranti e convogliarli nelle zone desertiche che confinano con l’abitato della Tunisia, al sud del paese, un tempo il più civile del Magreb. Ma la differenza, le privazioni e le sofferenze, scaturite dalla dittatura – eppure l’Europa ingenua si era illusa che la rivoluzione aprisse le porte alla democrazia – hanno trasformato quella popolazione pacifica in una masnada di assassini, che noi paghiamo per proteggere le nostre frontiere. Meglio, colabrodo, come le definisce il governatore Zaia, che tutelate da barbari che paghiamo per uccidere innocenti.