Tra i “Custodi delle Terre Alte” c’è anche un bellunese: è Merino Mattiuzzi, classe 1950, di Zoppè di Cadore. Immortalato in un film dal registra Roberto Soramaè, è stato segnalato dal Cai Val di Zoldo per il primo bando indetto nel 2022 dal Gruppo Terre Alte del Comitato Scientifico Centrale del CAI. Con questa iniziativa si “riconosce il valore della presenza umana in montagna quale fattore di cura, manutenzione e valorizzazione dell’eredità storica, culturale e ambientale delle Terre Alte abitate”. In pratica si chiede alle sezioni in tutta Italia di candidare al Premio persone che “si sono dedicate alla valorizzazione dei propri territori, che hanno scelto di resistere o tornare nelle terre alte per farle rivivere, che si sono fatti carico di custodire i valori culturali e ambientali di luoghi marginali o in abbandono”.
Mattiuzzi e la presentazione

Dalla presentazione del video si legge “Merino è il Bosco, è i suoi innumerevoli alberi, i suoi profumi, le sue leggende, la saggezza degli antichi saperi: Merino è magia. Entrare nel suo regno è un privilegio e un dono, e per lui è una missione rivelarcelo”.
Un’intervista in esclusiva

Lo abbiamo intervistato in esclusiva per éNordest, seduto sul suo tronco di frassino, mentre governava la sua installazione nell’area di Arte in Fiera Dolomiti a Longarone.
Merino Mattiuzzi, di lei troviamo diverse definizioni: lo gnomo, il guardiano, il custode del bosco. Ma chi è di tutti questi?

“Merino è il custode del bosco! Perché il sogno che avevo da bambino era quello di diventare un albero. Sembrerebbe quasi una frase fatta ad hoc, invece era proprio il desiderio mio. Seguivo il nonno nel bosco ed era il mio grande insegnante, senza fare delle lezioni. Si comportava in una certa maniera ed io, che ero molto curioso, cercavo di imitarlo. Però rispetto a lui ero molto piccolo, un piccolo marmocchio e quindi sognavo di diventare grande come lui. Quando mi spiegava degli alberi sognavo di diventare un larice, perché il larice per me era un simbolo di maestosità. Quando stai sotto un larice senti proprio l’energia che ti trasmette. Pensavo che se un giorno fossi potuto diventare anche io così grande avrei potuto fare compagnia al nonno. Il sogno non si è avverato, però in vecchiaia sono riuscito ad entrare in un tronco, e a lavorare in un tronco. Quindi il bambino che è dentro me non è ancora morto. Quel bambino che sognava di diventare un albero… adesso posso dire che si è quasi realizzato il suo sogno. Per me è una cosa magnifica. Non sono diventato un albero, sono diventato il custode del bosco che è un impegno, è una missione, è un onere, è un onore e cerco di realizzarlo nel miglior modo possibile”.
Leggiamo sulla locandina del video che la sua missione è rivelarci il suo regno. Cosa intende?

“La mia missione è proprio quella di trasmettere, ai bambini specialmente, la conoscenza e il rispetto degli alberi, perché ci siamo un po’ troppo dimenticati che noi senza alberi non esistiamo. Gli alberi senza di noi sopravvivono, ma noi senza di loro non c’è la faremo mai. E il rispetto è una cosa che deriva dalla conoscenza. Se non si conosce non si ama, se si conosce si ama e si apprezza. Quindi l’obbligo nostro è quello di trasmettere le varie proprietà che ha l’albero. Che un tempo ogni albero aveva un suo impiego particolare, ognuno serviva in maniera diversa a realizzare degli oggetti indispensabili per la vita del montanaro, e anche del contadino. Ora cosa siamo diventati? Bruciamo tutto e non solo. Tagliamo alberi per bruciarli e quella è una follia.
Perché possiamo raccogliere tutto quello che il bosco ci dona tutti gli anni: raccogliendo i rami, raccogliendo tutto quello che si rovina. Ma tagliare un alto fusto per renderlo legna da ardere per me è veramente una follia. Come è una follia bruciare il frassino. Penso che il grande Augusto Murer, se fosse qui e vedesse bruciare i frassini, sarebbe della mia stessa idea. Primo perché non brucia bene, secondo perché è difficile da tagliare, terzo perché è un legno pregiato. Si bruciano i rami ma non il tronco, perché è troppo prezioso per essere ridotto a legna da ardere. Non accetto che un albero, che ha impiegato 100 anni a venire bello grande, in un attimo venga ridotto in cenere. Voglio che dell’albero si riescano a fare anche piccole cose, però lavorarlo. Deve avere un’altra vita, una vita immortale come le sculture del grande Augusto Murer, che ci portano a vivere quello che anche lui ha vissuto”.
Qui in Arte in Fiera Dolomiti, per far conoscere il bosco e farlo amare, cosa ha portato?

“Un’installazione, che non è stata progettata o studiata a tavolino, ma è nata di getto una mattina risvegliandomi. Ho ideato questo percorso dando valore alla sezione di qualsiasi albero – una rondella ricavata dal taglio trasversale delle piante – perché non voglio discriminare. Allora, il frassino è il numero uno come albero, come importanza. Ne sono convinto profondamente, perché la mia infanzia mi ha portato a conoscere il frassino sotto forma di albero che vuol vivere con gli uomini, non vuol vivere nel bosco, lui vuole essere a contatto con gli uomini. Ma chiusa questa parentesi, non voglio fare discriminazioni, perché tutti gli alberi sono importanti.
Quindi ho voluto creare delle cornici dorate e al centro mettere una sezione, anche piccolissima, per far capire l’importanza dell’albero. Poi, invece che illuminare che è molto facile, ho scelto di far vedere con la lanterna, come si faceva una volta. Perché quello che vedi con la lanterna ti crea curiosità, invece se tu hai un’immagine illuminata hai immediatamente il riscontro di quello che stai cercando. La luce della candela, invece, ti permette di immaginare anche un po’. Alla fine del percorso ho pensato di fare l’albero della vita, che è un simbolo. Perché mi auguro che non succeda mai un giorno di dover andare in un museo per vedere un albero, come fosse un reperto fossile. La deforestazione ci potrebbe portare a queste conseguenze. Qui invece ho dato un segno di speranza mettendo l’Albero della Vita con una foglia verde, che è simbolo appunto di vita e di speranza futura”.
È proprio vero l’aspetto esterno è di gran lunga diverso da quello interiore. Sentire una persona che ama il suo bosco come lui, dovrebbe dar spunto a escursioni di giovani, sicuramente lascerebbe qualcosa all’interno di tutti loro.