Cosa hanno in comune Patrizio Roversi, autore Rai e Mediaset, bolognese, anche se nato a Mantova, e Gianni Pasin, industriale di San Donà di Piave, già patron di Atlantis Caps, uno dei primi quattro colossi mondiali dei berretti sportivi con 20 milioni di fatturato?
Risposta: la lentezza contemplativa e Venezia.
Patrizio e Gianni
Il primo, 68 anni, mitico conduttore tv con Siusy Blady, è inventore dei programmi “Turisti per caso”, “Per un pugno di libri” (primo format del genere in Italia) e Slow tour. Un chiaro invito a godersi il paesaggio con calma e saggezza. Il suo sogno sarebbe stato di girare l’Italia, agricola e culinaria, su un vecchio e lento trattore.
Il secondo, 76 anni, ha cominciato prestissimo a girare il mondo, “ero un ragioniere che odiava il posto fisso”, dice di lui stesso. Ora ha scritto il libro-guida “Rotta su Venezia”. E vive spesso in barca.
La città lagunare è stata per entrambi “la femme fatale”, per dirla alla Brian De Palma.
Patrizio sceglie Venezia

Patrizio Roversi ha pensato di venire a vivere in laguna, sestiere popolare di Cannaregio e guardare ogni mattina dal balcone della sua camera, il rio pieno di barche e di gondole. “Con la mia compagna Mietta, regista lirica che lavora a Parigi, abbiamo deciso di vivere qui. È la nostra città-dimensione. Il nostro vestito su misura. Contrariamente ad altre città abbiamo subito trovato amicizie importanti. La prima? L’operatore ecologico, ovvero netturbina, che ogni mattina ci suona il campanello per la raccolta immondizie, casa per casa, doverosamente differenziate. Qualsiasi informazione o richiesta di aiuto, la nostra netturbina, risponde sorridente “ghe penso mi”. È diventata il nostro punto di riferimento, il nostro agente di pubbliche relazioni. Poi abbiamo conosciuto l’oste della fondamenta di Cannaregio, personaggio base a Venezia, il pescivendolo, il giornalaio, il barbiere buranello, eccetera.
Una umanità varia e variegata, che abbiamo scoperto nella loro affabilità, solo qui. Sarà l’assenza delle auto e dei problemi parcheggio, sarà l’acqua che scorre lenta nei canali, sarà il gusto ludico di salire e scendere dai ponti, in questo Barnum fatto di anime gentili, ci troviamo a meraviglia”.
L’incontro tra Patrizio e Gianni

Patrizio e Gianni si sono incontrati per caso in campo Santa Margherita, davanti ad un tavolo bandito di cicheti e prosecco. Te pareva.
Gianni Pasin, da veneto, “modello standard, serie operoso”, ha una vita da giramondo alle spalle. Ha cominciato giovanissimo a fare il ragioniere-contabile in Niger, per una multinazionale delle costruzioni. Ha vissuto con i tuareg, attraversato il deserto del Sahara con loro. Poi la svolta commerciale. “Ho capito che in economia ci sono solo 2 arti fondamentali: saper comprare e saper vendere. Punto. Così ho conosciuto un centinaio di paesi, dall’Africa all’Australia, passando per l’Asia e per le Americhe, a vendere/comprare mobili, macchine idrauliche, piastrelle, vestiti. Poi ho vissuto a Hong Kong dove facevo import-export di materiale elettronico. Nel 1995 una grande illuminazione ha acceso il mio cervello. I berretti sportivi esagonali, ovvero quelli del baseball americano. Mi sono presentato a Milano, alla fiera dell’oggettistica, con un bancone di 70 berretti, mentre solo 30 ne avevo in magazzino. Risultato? Migliaia di ordinazioni. “E ‘desso cosa fasso?””.
Dopo Patrizio si racconta Gianni

Sono andato in Cina, perché da lì partiva il principale numero di berretti sportivi nel mondo. Mi dicono, vai a Nantong, troverai Jeffrey, un giovanissimo cinese che ha la sua fabbrichetta. Era un disastro di baracca fatiscente in legno e puzzolente, in mezzo alla campagna, dove Jeffrey produceva cappelli. Mi garantisce le consegne. Lui mi fornisce il prodotto grezzo, Made in China, io ci aggiungo i ricami e i loghi, Made in Italy. Come è andata? Jeffrey dopo 25 anni di lavoro, è un miliardario con quattro fabbriche immense, modernissime. Uno dei maggiori produttori al mondo. Io ho avuto la fortuna di mettere il berretto in testa ai due Rossi nazionali, Vasco e Valentino. Ad ogni esibizione ne vendevano migliaia ai fans, con tanto di autografo. E poi ai maggiori piloti di Formula Uno.
Un bellissimo dialogo

Ad un certo momento, sono entrato in crisi, forse per via dell’età. Ho capito che le nuove generazioni avevano marce in più. Ho lasciato tutto a mio nipote, che pure era un importante manager della Pfeiser. Bravo lui a scegliere. Io ho dovuto ricorrere ad una psicologa di Padova. Sai cosa devi fare Gianni? Scrivere un libro. “Ma no so bon de scriver niente!”. Ma dai qualcosa saprai fare dopo aver girato il mondo? “Ah sì, so andare in barca”. E siccome, come diceva il poeta, il viaggio più lungo che puoi fare è quello attorno a te stesso, ho pensato alla mia terra. Il nostro litorale, dal Delta del Po fino alle lagune di Marano, è una ricchezza a chilometro zero. Tanti non la conoscono. Così con l’aiuto del naturalista Michele Zanetti, ho scritto “Rotta su Venezia – in barca e in bici lungo la litoranea veneta da Chioggia a Trieste”.
Il libro

Quattro lagune, sette fiumi, se vogliamo essere estremamente sintetici. Un viaggio che vale la pena di essere esplorato lentamente. Si toccano realtà importanti come Padova, Treviso, Riviera del Brenta, Caorle, Grado, perfino Pordenone, raggiungibile dalle lagune, per via del Noncello.
Il libro è corredato di mappe dettagliate, numeri di cellulari per aprire le chiuse, chiamate di emergenza, persino quelle dei custodi dei fari o di isolati casoni in paglia, dove poter dormire o ricevere ospitalità. Sono legato alla mia terra – ammette Gianni Pasin – San Donà, non ha il mare, ma con i fiumi puoi arrivare dappertutto e io sono innamorato della mia regione.
Il libro verrà presentato all’Ateneo Veneto, il 17 gennaio alle ore 17.30. Chissà se il ragioniere-giramondo Gianni Pasin, abbia mai pensato nella sua vita di fare anche il conferenziere in una università prestigiosa.