Suo papà, Pio Pietragnoli, era stato assessore e vicesindaco democristiano di Venezia ai tempi del sindaco Spanio. Era un maestro elementare, molto attivo nel mondo cattolico. Era stato tra i fondatori della “Voce di San Marco”, poi diventata “Gente Veneta”. Leopoldo, per tutti Leo o Poldo, il giornalismo come missione lo aveva nel sangue, fin da ragazzo nella Fuci, la Federazione degli universitari cattolici. Dopo la laurea in lettere a Padova, entra come collaboratore al Gazzettino, il più importante quotidiano del nord-est agli inizi del boom economico del Veneto. Entra nella redazione del Sotoportego delle Acque, allora storica sede del quotidiano fondato da Giampiero Talamini, giusto in tempo per descrivere la grande alluvione del 1966. Fu uno dei suoi crucci professionali. Non aver raccontato a dovere cosa successe in quei drammatici giorni nel Cadore, nel bellunese, non solo a Venezia. Alla fine dell’acqua “grande” la regione Veneto contò cento morti di cui uno solo in laguna, a Pellestrina. “Però tutto il mondo parlava del crocefisso del Cimabue a Firenze”, ricordava sconsolato Leopoldo.
Chi era Leo

È morto a quasi 82 anni (gli avrebbe compiuti il prossimo 24 agosto). Ricordo la redazione veneziana in campo San Luca. Tra il 1978 e 1979 il giornale si trasferisce in via Torino a Mestre e c’è chi per protesta (Delfo Utimpergher) lascia addirittura il giornale. Poldo o Leo come lo chiamavano gli amici più stretti, era il vero cronista veneziano. Della città conosceva ogni angolo e ogni storia. Ma non era petulante. Come ha ricordato nell’omelia funebre l’ex sindaco Massimo Cacciari, la sua dote migliore era la delicatezza. Mai una parola fuori luogo, mai alzare la voce. Sempre attento al lato etico della notizia. Deve servire e non essere fine a se stessa. Nella cronaca di Venezia l’atmosfera non era sempre delle più serene.
Le amicizie

Poldo era legato da una amicizia inossidabile, con Fiorello Zangrando, il cadorino che aveva seguito e scritto pagine indelebili sulla tragedia del Vajont. Inoltre Fiorello sapeva tutto di cinema. Altra passione di Leopoldo. Non essendoci ancora tecnologie diaboliche modello telefonini o computer, spesso ogni forma di conoscenza e di sapere erano le enciclopedie. Il cartaceo benedetto. Sia Fiorello che Leopoldo erano due “Treccani” viventi. Caro Poldissimo, esordiva Zangrando. Dimmi Fiorellissimo, replicava Pietragnoli. Entrambi erano un duetto goldoniano delizioso. Io ero un semplice collaboratore abusivo, con contratto solo estivo. Quando al giornale bisognava sapere qualcosa su Venezia, “chiedete a Leopoldo!” Era la risposta. Per Biennale, Mostra del Cinema, film, storia, soprattutto sulla resistenza, invece “citofonare Fiorello!”. Poi qualche volta finiva in duello culturale. Ti ricordi Poldissimo, della Luisa Baccara, la musicista amante di Gabriele D’Annunzio? Ebbene vive ancora a Venezia. “No, Fiorellissimo! Vive sul lago di Garda”. Così partiva la contesa. Io, da semplice garzone di bottega, quella volta presi la briga di andare in campo San Polo, dove secondo fonti riservate, viveva la divina pianista del Vate, ormai ottuagenaria. Suonai il campanello e lei gentilmente mi aprì. “Lei è un musicista?”, mi chiese. “No signora, sono un cronista del Gazzettino”. “Esca immediatamente da questa casa!”. Figuraccia. Ma fui decisivo per una volta per assegnare la vittoria nella disputa intellettuale.
Leo e la Olivetti

A distanza di tanti anni, una cosa precisa che mi ricordo di Leo o Poldo Pietragnoli, era la straordinaria velocità con cui scriveva e batteva la tastiera della “Olivetti 82”. Quando il caporedattore Paolo Rizzi dalla sua disordinata scrivania piena di fogli e note stampa ordinava: c’è da scrivere 40 righe su quanto è successo oggi a Rialto! Pronti, ci penso io, replicava Poldo con la sigaretta in bocca come nei film americani. Allora in redazione si fumava liberamente e parecchio. In pochi secondi estraeva rumorosamente il foglio dal rullo della macchina per scrivere. Il pezzo era già scritto. Lo ammetto, quella velocità di esecuzione mi procurava un po’ di invidia. Saprò mai raggiungere quel livello di destrezza esecutiva?
Il momento clou era il lunedì pomeriggio-sera quando cominciava il consiglio comunale a Ca’ Farsetti. “Bene! È arrivato Leo, il consiglio può cominciare”. Ironizzava bonario il sindaco Mario Rigo. Pietragnoli era amato da tutti: sinistra, centro, destra. Sapevano che era un cronista corretto e soprattutto attento. Se qualcosa gli sfuggiva, allora si recava nell’emiciclo, riservato al segretario generale, il potentissimo prof. Antonio D’Ancona, per un chiarimento.
Leo, delicato e cortese

Nel 1995 l’esodo anticipato dal Gazzettino, ad appena 56 anni, come capo-cronista. Diciamo la verità: aveva più dato Poldo al Gazzettino, che il giornale a Poldo. Lui si prese la sua rivincita professionale lavorando per il sindaco Cacciari per ben tre tornate amministrative. Un rapporto di amicizia, ricordato con commoventi parole la filosofo veneziano. La delicatezza di Leopoldo. Punto. Lo voglio ricordare così, delicato e cortese.
Che bel ritratto, grazie!