Una mano armata di gelosia. Il più antico dei moventi, quello passionale, che arma le menti ed i cuori anche di coloro che non avrebbero mai pensato di cedervi. Una mano, quella di Giovanni Maria Cuccato, operaio poco più che quarantenne, che in una fredda notte di San Giacomo di Veglia, in provincia di Vittorio Veneto, piccola cittadina sferzata solo dal silenzio del coprifuoco imposto dalla pandemia ed illuminata dalle luci natalizie, ha ucciso a coltellate un pensionato, Luciano dall’Ava, poco più che settantenne, ed ha ferito la donna in sua compagnia, una 39enne di origini nigeriane, rimasta offesa durante l’aggressione e fortunatamente riuscita a scampare dalla ferocia di Cuccato, allertando così le Forze dell’Ordine.
Una mano che “sembra” non volesse uccidere
Sembra che la donna avesse avuto o avesse da poco intrecciato una relazione con Cuccato, il quale, reo confesso quella stessa notte, dichiarerà ai magistrati che non aveva alcuna intenzione né di uccidere quell’uomo, che di fatto non aveva mai visto e dunque non conosceva, né la donna in sua compagnia.
La mano del delitto scoperta subito

I militari, arrivati sul posto, non possono che constatare la morte di dall’Ava e avviare i rilievi del caso. Poco dopo però, grazie anche alle indicazioni della donna sopravvissuta all’aggressione, scorgono nella penombra la figura di Cuccato, appostatosi in disparte vicino alla scena del delitto dopo essere scappato ed aver raggiunto la sua abitazione per cambiarsi alcuni indumenti. L’uomo viene quindi arrestato, e durante l’interrogatorio confesserà di essere lui l’autore del macabro delitto. Dichiarerà anche di non sapere cosa gli avesse preso nel momento in cui aveva visto la donna in compagnia dell’altro uomo. “È stato un raptus”, dirà, “solo dopo mi sono reso conto di quello che ho fatto”.
La notizia rimbalza sui media
Anche i diversi quotidiani locali intitoleranno ed etichetteranno la macabra vicenda come un raptus, un momento di follia momentanea, che acceca i sensi e annulla qualunque intenzione positiva. Ma il raptus, come sottolinea la letteratura, non esiste. Esistono storie, biografie, funzionamenti, trame di vita, sistemi motivazionali.
Cosa può essere scattato?
Cosa accade dunque in quell’attimo di momentanea follia, cos’ha portato Giovanni Maria Cuccato, un uomo incensurato e definito dai vicini di casa come una persona tranquilla e con cui era anche piacevole scambiare qualche parola nelle vie del quartiere, a compiere un simile gesto?
La mano assassina di Giovanni Maria Cuccato

Poco si conosce sulla storia di vita di Giovanna Maria Cuccato, appassionato d’arte (aveva lavorato per alcuni anni in un’impresa che si occupa di lavori di vetreria) e che da qualche anno svolgeva un lavoro da operario per una ditta di pulizia stradale. Riferendosi alle dichiarazioni di alcuni vicini di casa, alcuni giornali locali riportano come Giovanni Maria Cuccato fosse un uomo tendenzialmente riservato, abitudinario e dedito al lavoro, da alcuni definito “un po’ strano”, mentre da altri “tranquillo e socievole”. Opinioni contrastanti, quindi, quelle su Cuccato. Sembra inoltre che fossero in atto trattative legali di separazione dalla moglie e, proprio in quel periodo, stava anche traslocando. Aveva anche un cane a cui era molto affezionato. Insomma, una persona da cui non ci si sarebbe mai aspettati un gesto simile.
Una mano che non colpisce per raptus ma per una storia alle spalle
Tuttavia talvolta alcuni delitti non rappresentano propriamente una rottura di un ordine, ma possono raccontare uno scarto improvviso inserito all’interno di un particolare contesto in cui l’atto di uccidere può rappresentare una sorta di elemento di continuità che ha a che fare con una parte molto profonda di noi stessi. Non un raptus, non un momento di estemporanea e transitoria follia, bensì una storia, una trama, una biografia, una vita, fatta di significati manifesti e latenti, reconditi, che in alcune particolari situazioni attivano, così come accade per ogni essere umano, due fondamentali sistemi emozionali e motivazionali, ovvero il sistema neurobiologico di difesa (attacco-fuga di fronte a minacce ambientali) ed il sistema di attaccamento (richiesta di protezione, aiuto, cura e conforto).
Il trauma

Può accadere però che alcune esperienze particolarmente dolorose e traumatiche della nostra vita, intrecciate ad altri fattori di rischio di tipo biologico, psicologico e sociale, possano incidere negativamente su tali sistemi, portando all’attivazione di quest’ultimi attraverso modalità distruttive per sé stessi e per gli altri. In questo caso la paura, che rappresenta nient’altro che la madre della violenza, scatena reazioni inaspettate. Ma, in realtà, perfettamente coerenti con il sistema a cui appartiene. Interrompendo quel delicato flusso neurobiologico che solitamente protegge noi stessi e gli altri dal pericolo.
La mano può aver colpito in risposta alla paura?
Così probabilmente è successo anche a Giovanni Maria Cuccato. Quell’uomo riservato, forse un po’ strano, ma tranquillo. A cui la vista della sua donna con un altro uomo ha segnalato al suo sistema neurobiologico, e successivamente emozionale e cognitivo. Un pericolo, reale o percepito da lui come tale, attivando, in risposta alla paura, il sistema di attacco in un modo così distruttivo che forse nemmeno lui immaginava.
Sfiducia e solitudine dietro quella mano
L’accusa a lui imputata è quella di omicidio e tentato omicidio aggravato. Poco dopo l’arresto, Giovanni Maria Cuccato è stato tradotto in carcere in custodia cautelare in attesa di giudizio. Una storia, una vita, una biografia quella di Cuccato che forse ha risposto non solo alla gelosia. Ma ad una paura più profonda e nascosta, quella dell’abbandono, del tradimento, della rottura del legame di fiducia e di attaccamento. Che non dovrebbe far altro che fornire cura, protezione e sostegno e che invece Giovanni Maria Cuccato ha probabilmente sperimentato e percepito come foriero di separazione, sfiducia e solitudine.