È ancora troppo debole la luce in fondo al tunnel chiamato Covid. Il placcaggio a tradimento che da fine febbraio ha di fatto sradicato giocatori e palloni ovali dai campi di tutta Italia non accenna ad esaurire i suoi effetti velenosi. Con il primo lockdown ad aver inventato il rugby da divano, la ripresa estiva quello ibrido senza contatto, i vari DPCM,una specie di presepe vivente anticipato, tutti in campo ma guai a muoversi troppo e soprattutto guai a farsi una doccia.
Rugby da divano ad alto livello
Si salvano solo il cosiddetto “Alto Livello” (da definizione FIR, le Nazionali e le due franchigie di Top 14, il torneo celtico cui partecipiamo dal 2010) ed il massimo campionato italiano, che quest’anno si chiama Top 10 avendo perso per strada due delle dodici squadre iscritte nella scorsa stagione (Medicei Firenze e San Donà, danni economici collaterali da virus).
Il professionismo
Nel primo caso parliamo di professionismo puro, con protocolli anti-contagio decisamente avanzati ed altrettanto decisamente costosi. Nel secondo, invece, di un sistema molto meno professionistico, passato attraverso una primissima versione rivelatasi del tutto inadeguata man mano che le positività crescevano cancellando in sequenza dapprima la quasi totalità delle amichevoli, poi falcidiando i primi turni di Coppa Italia, infine costringendo a rinviare l’inizio del campionato.
Coppa Italia e Top 10


Padova, Rovigo e Mogliano. Dei tre alfieri veneti, il primo a finire nella centrifuga delle positività è stato il team trevigiano. Che ha annunciato un primo lotto di sette giocatori costretti all’isolamento alla vigilia dell’esordio in Coppa Italia di settembre. Di lì un fiume in piena. Petrarca Padova (29 positivi in un colpo solo!), e poi Lazio, Colorno, Piacenza, Viadana, Calvisano, Reggio Emilia. Partite ufficiali che saltano come tappi di bottiglia, in un calendario già compresso che al momento nemmeno ci prova a fissare le date di recupero. Chi se lo può permettere raddoppia i tamponi a spese proprie. Rovigo per primo, che infatti è al termine della seconda giornata di campionato l’unica squadra ad aver giocato entrambi i turni (due vittorie, una interna contro Viadana, una esterna nel derby in casa dello stesso Mogliano).
La stagione del rugby da divano
Che la stagione possa disputarsi regolarmente ci credono davvero in pochi, addetti ai lavori e non. Eppure si va avanti, tra un rinvio e l’altro, perché mentre tutto il resto delle attività – sia seniores che giovanili – è al palo in attesa che passi la nottata. Al Top 10 tocca il ruolo del nastro adesivo che tenga assieme gli ultimi brandelli del sistema. Con un paradosso di fondo: che ai vertici della Federazione di questo campionato, da quando è stato istituito il cosiddetto “Alto Livello” di cui sopra, interessa poco. Non male per assegnargli ora il ruolo di salvatore della patria. Il solo investimento federale consiste in una convenzione per acquisto dei kit a prezzo agevolato, per il resto spazio alla fantasia. Non si parla di contributi.
Il Pro 14 come rugby da divano


Scozia, Irlanda, Galles, Sudafrica e Italia. Le federazioni che forniscono le squadre alla Lega Celtica sono cinque, in un torneo che sta progressivamente allargando area di influenza e attrattiva commerciale rispetto ai due grandi campionati professionistici europei. Il Top 14 francese e la Premiership inglese. L’anno scorso una stagione stravolta dal Covid, con la sospensione totale decisa il 12 marzo e la ripresa, a calendario compresso, tra fine agosto e 12 settembre. Giorno del derby irlandese nella finale vinta da Leinster su Ulster. La stagione 2020-2021 è iniziata il 2 ottobre, blindata da protocolli che se non arrivano alle “bolle” tipo NBA, poco ci manca. Protocolli costosissimi, ma i budget dei club e del board celtico non sono certo quelli del nostro povero campionato italiano. Al momento, tra rinvii e rose più o meno colpite da positività, i turni si susseguono, e come da amarissimo copione le nostre Zebre nella Conference A e la Benetton Treviso nella Conference B siedono dopo sei giornate all’ultimo posto.
La Nazionale


Nemmeno il Sei Nazioni – il torneo più antico del mondo che si svolge tradizionalmente nei mesi di febbraio e marzo tra Scozia, Inghilterra, Galles, Irlanda, Francia e, dal 2000, Italia – si è salvato dall’ondata pandemica di questo dannato 2020. Inizialmente sospeso a due turni dal termine. Il calendario è stato completato ad ottobre con la vittoria dell’Inghilterra e l’ennesimo trofeo al contrario per gli Azzurri di Franco Smith. Che hanno allungato la striscia di sconfitte consecutive a 27 (ultima vittoria nel 2015) collezionando l’ennesimo Wooden Spoon. Il cucchiaio di legno che spetta all’ultimo in classifica, impreziosito dall’ennesimo Whitewash che invece spetta a chi arriva ultimo contando solo sconfitte. Unica nota positiva, il lancio internazionale di un giovanissimo talento veneto. Veneziano di Martellago per la precisione, come il ventenne Paolo Garbisi. Gioca mediano di apertura, personaggio in cerca d’autore dopo l’epopea di Diego Dominguez e gli innumerevoli tentativi di imitazione che lo hanno seguito.