Non credo che Giacomo Girolamo Casanova si immaginasse che il mondo, non solo Venezia, città natìa e ingrata, si ricordasse così tanto di lui a tre secoli dalla nascita.
Giacomo Casanova visto da Trampus

Sono uscite in occasione del 2 aprile 1725-2025 diverse pubblicazioni e in diverse lingue. Ma forse quella più originale, è del professor Antonio Trampus, ordinario a Ca’ Foscari di storia della cultura, della società e del pensiero politico e in particolare del Settecento europeo e dell’Illuminismo. Triestino, residente all’isola di Murano, isola assai familiare al “monachino” Giacomo.
Trampus ha pubblicato per i tipi di Carrocci Editore “Giacomo Casanova – Il mito di un avventuriero”.
“Un vecchio casanovista del ‘900 con ruolo apicale alle Nazioni Unite – é scritto nella premessa – ricordava che ci sono due espressioni conosciute in ogni angolo del pianeta, sono “Coca Cola e Casanova”. Tutti ne parlano ma nessuno in fondo conosce i loro segreti. Lo scrisse il boemo Helmut Watzlawick.
La storia di Casanova

E pensare che da vivo (Casanova morì in Boemia, a Duchcov nel 1798, ma con il grande desiderio di tornare a Venezia) non era così famoso all’epoca, come la sua famiglia. I fratelli minori Francesco (1727-1803) e Giovanni Battista (1730-1795) erano celebri pittori di genere impegnati nelle principali corti europee. Francesco nato a Londra, morì in Austria, Giovanni venne sepolto a Dresda in Germania. La stessa città della mamma Zanetta Farussi, detta la Buranella, ma con famiglia di origine friulana (la nonna era di Montereale Valcellina provincia di Pordenone) che lo allevò. La mamma Zanetta, mamma un pochino distratta, per non dire abbandonica, fu un’acclamata attrice internazionale. E Giacomo non ebbe timore a scrivere che era figlio naturale del nobile Michele Grimani, proprietario del teatro di San Samuele, dove la bellissima mamma mosse i primi passi da attrice. Addirittura Carlo Goldoni le dedicò un’opera “La pupilla”. Poco conosciuta.

Giacomo divenne un personaggio e letterato internazionale quasi trent’anni dopo la sua morte, quando il nipote Carlo Angiolini, che aveva prevelato dal castello di Duchcov (Dux in tedesco) i manoscritti delle sue Memoires, poi intitolate ”Histoire de ma vie”, per portarli a Dresda e rivenderli. Ma trovò solo molti anni dopo a Lipsia un editore, Friedrich Brockhaus disposto a pubblicarlo, tradotto in tedesco. Fu la fortuna dell’editore anche se il testo originale era stato ignobilmente censurato e cambiato per via del moralismo ottocentesco. Giacomo Girolamo divenne il libertino per eccellenza, ovvero il “casanova”.
Secondo Antonio Trampus, é una una delle prime tra le cento definizioni, con il quale si poteva menzionare, il cavaliere de Seingalt, come si faceva chiamare Giacomo, per darsi una patina di quasi nobiltà.
La passione per il “veneziano”

Ed ecco spuntare il principe Charles Joseph de Ligne, belga, feldmaresciallo diventato un eroe militare durante durante la guerra russo-turca, assedio di Belgrado, e per questo amato da Caterina di Russia. Il de Ligne, era lo zio del conte di Waldstein, proprietario del castello dove Giacomo passò gli ultimi anni della sua vita come bibliotecario. Il principe andava a trovarlo e aveva una strana ammirazione per il veneziano. Lo definiva un “aventuros” come riporta Trampus. Sempre meglio di un detrattore contemporaneo di Giacomo come lo chiamava il gesuita e commediografo bresciano Pietro Chiari: un “vanesio”.
Nel libro viene ricordata la frase di Chiari: “…sarebbe un bell’uomo, se non fosse brutto. Alto, piantato come un Ercole, ma con un colorito africano…”. Chiari, all’epoca senza Facebook, era un leone da tastiera seriale dell’innovatore Carlo Goldoni.
Il termine avventuriero nel ‘700 aveva una accezione tipicamente militare e questo può fare onore al nostro Giacomo che si battė a duello con il principe polacco Branicky. Dopo la prima uscita delle Memoires, ecco che diventa “il libertino”, termine abbastanza negativo e dissoluto nell’800, ma che farà del manoscritto, censurato e pruriginoso, uno dei best-seller del secolo.
Trampus alla ricerca del vero Casanova

Il professor Trampus fa un divertente elenco delle altre definizioni, in cerca del vero Casanova. Ecco il ribelle delle logge massoniche, il fuggitivo in eterno esilio, l’imputato per via dello strano caso giudiziario della ricchissima marchesa D’Urfé che Casanova aveva plagiato per soldi, in veste di stregone. Il giocatore d’azzardo, ovvero baro, ovvero “grego” in veneziano.
Poi uomo di finanza a Parigi che fa soldi a palate con l’invenzione della lotteria, per via dell’amicizia con il ministro degli esteri di Luigi XV, François-Joachim de Pierre de Bernis, già ambasciatore a Venezia e amante di monache sconsolate. Segue: l’agente segreto, ovvero spia in giro per l’Europa. Con l’ultima mansione a Trieste, per “filmare”, ma con scarsi risultati, la potenza militare degli Asburgo. E tutto questo per poter tornare nella sua mai odiata città.
A tre secoli dalla nascita, Giacomo Girolamo Casanova, appare ancora una favola tutta da riscrivere

A cominciare dai grandi casanovisti del passato: il genovese Giuseppe Bignami, il francese Joseph Pollio, e l’ambasciatore americano James Rives Childs (1893-1987) che spese una fortuna nelle più accurate ricerche. Senza dimenticare il collezionista e studioso veneziano Aldo Ravà (1879-1923). Ricchissimo, di origine ebraica, era di casa al castello di Dux per controllare, da casanovista autentico e puro, tutti i reperti possibili. Aveva a Cannaregio sestiere di Venezia, nel suo palazzo, una biblioteca con circa 10 mila volumi. Anche Gabriele d’Annunzio si ispira a lui nel romanzo “Il piacere”, anche se non lo dice perché era geloso della sua fama. Il Vate era alto 1,60 e Casanova 1,90. Una questione di misure, maschili.
Infine un’ultima curiosità: nel 2011 in Germania venne acquistato da sconosciuti, per conto della Biblioteque Nationale de France, il presunto manoscritto delle “Memoires”, ovvero “Histoire de ma vie”, per ben 7,25 milioni di euro. Sono 3.700 pagine. E i francesi lo dichiararono subito e ufficialmente “tesoro nazionale”. In pratica ri-battezzarono Giacomo Girolamo, ovvero Jacques Jèrôme, come uno dei più grandi scrittori francesi del ‘700….
Manco Napoleone era arrivato a tanto.