Appello dell’associazione Unione donne italiane e kurde (UDIK) per la liberazione di Majidi Maysoon, attivista kurdo-iraniana, reporter e sceneggiatrice, detenuta dal suo arrivo in Italia.
È di pochi giorni infatti fa la decisione dei giudici di Crotone di rigettare la richiesta di revoca della custodia cautelare e la concessione degli arresti domiciliari. Majidi resta in carcere, dopo sei mesi di reclusione.
La solidarietà dell’associazione donne italiane e kurde (Udik)

“La nostra associazione si riconosce nei principi costituzionali e quindi nei valori della libertà, dell’uguaglianza, della giustizia, della solidarietà e della pace – si legge nel comunicato diffuso in questi giorni da UDIK -. Il nostro obiettivo è realizzare iniziative e progetti di solidarietà a favore delle donne, in particolare delle donne kurde: ci opponiamo alla decisione dei giudici di Crotone che il 24 luglio hanno rigettato, per la terza volta, la richiesta dell’ avvocato che rappresenta Majidi.”
Mjidi in carcere accusata di essere una scafista

Mjidi, giunta dall’Iran, con il fratello, sulle coste della Calabria a fine 2023 (grazie alla raccolta di contributi e ai prestiti attivati dai parenti), come persona migrante e richiedente asilo, fuggendo da “situazioni di acuta sofferenza” (come lei stessa ha scritto al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella), è accusata ingiustamente, secondo l’associazione UDIK, di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina. Majidi si trova nel carcere di Reggio Calabria, con l’accusa, tanto assurda quanto infamante, di essere addirittura una scafista.
Da anni attivista per i diritti umani in Iran e Kurdistan

“Dopo anni di lotta per i diritti umani e per la libertà delle donne e di tutto il mio popolo in Iran – dichiara Mjidi – sono riuscita a fuggire da un regime oppressivo per cercare protezione e mi trovo ora privata della libertà in un paese che speravo potesse essere il mio rifugio sicuro”.
L’attività di Mjidi in Iran è iniziata molto prima della rivolta dopo l’uccisione di Mahsa Jina Amini e si è espressa attraverso un vivo impegno sociale, culturale e politico, orientato alla difesa dei diritti umani, delle donne, del popolo Kurdo e del Kurdistan, per la promozione della pace e della libertà, contro ogni genere di ingiustizie e violenze. Per queste sue attività politiche Mjidi è stata licenziata dall’Università ed è dovuta fuggire dalla sua terra, per non essere uccisa.
L’impegno di parlamentari italiani e associazioni

Sulla base di alcune dichiarazioni “forse mal interpretate”, Mjidi si trova da mesi detenuta, in condizioni fisiche molto preoccupanti, specie dopo aver attuato lo sciopero della fame e dopo il responso negativo dei giudici alla richiesta di liberazione.
Diversi Parlamentari (tra cui Laura Boldrini) e molte associazioni, insieme a UDIK, chiedono la riesamina del caso di Mjidi e concessi la liberazione o gli arresti domiciliari.
Per informazioni
Unione Donne Italiane e Kurde – UDIK
https://udikitalia.wordpress.com/ E-Mail: udik.unionedonne@gmail.com