I 43 mila metri quadrati dei Pili sono diventati di recente oggetto di cronaca giudiziaria. Cronaca ancora incandescente che ha coinvolto la Giunta comunale e il sindaco Luigi Brugnaro, proprietario “cieco” dell’area attraverso la società “La porta di Venezia”, vincolata da un “blind trust” newyorchese. Pochi in realtà conoscono la storia dei Pili, area strategica in terraferma, giusto di fronte all’isola del Tronchetto.
L’uomo dei Pili

Ho chiesto aiuto all’architetto Alberto Bernstein, 76 anni, lombardo, a Venezia da oltre trent’anni, con un rigoroso curriculum professionale. Dal 1988 dirigente del servizio ambiente del Consorzio Venezia Nuova, dal 2009 responsabile per l’ambiente di Thetis spa. Dal 2011 al 2016 consulente e libero professionista nel campo delle bonifiche ambientali. Coautore del volume “Dall’Arsenale alla città”.
Da dove partiamo arch. Bernstein?
“Io direi di partire dal 1927, dalla carta del Magistrato alle Acque. All’epoca era un’area barenosa e lagunare a ridosso dei 24 depositi carburanti Eni. Quella che nel 1934 diventerà la darsena petroli”.
Non male come inizio. E poi?

“Nel 1955 i primi imbonimenti inquinanti, nel corso degli anni si arriverà a 800.000 metri cubi di rifiuti industriali. Infatti nel 1956 c’è il piano regolamento portuale con casse di colmata e imbonimenti neutri. Ecco il titolo del Gazzettino del 1964: i Pili saranno bonificati!”
Sono i fanghi dovuti alla produzione dell’acido solforico per la produzione di fertilizzanti. Sono tossici e pericolosi. Già nel 1993 interviene il Magistrato alle Acque. É riscontrata radioattività dovuta al Radom. Si pensa di bonificare e convertire l’area in parco, acquario e parcheggio. Ma il decreto bonifiche arriverà solo nel 1997. Esiste una mappa dove sono messe in evidenza le zone più pericolose proprio al centro dei Pili. Siamo nel 1998 e interviene il Consorzio Venezia Nuova, con imbonimenti di terra per limitare le radiazioni dovute ai fosfogessi. Ricordiamo che solo due anni prima il Governo Prodi, fissa con decreto il principio: “chi inquina paga..”. Viene calcolato il rischio, perché nel frattempo il Demanio trasforma i Pili da zona lagunare a terraferma. Un esempio? Si possono edificare alberghi e impianti sportivi, ma non scuole o abitazioni. Nel 2003 viene realizzato il marginamento con parancole e sacchi filtranti”.
Ma quando inizia la storia contemporanea dei Pili?

“La storia contemporanea dei Pili parte dal 2003 con il Decreto Tremonti. L’area passa al Patrimonio dello Stato spa, per cui alienabile. Nel frattempo le mega cisterne Eni diventano solo depositi per il biodiesel. Nel 2005 i Pili vengono messi all’asta. Il 6 ottobre 2005 il Comune di Venezia riceve una lettera per poter esercitare il diritto di prelazione. Nessuna risposta da parte della Giunta Cacciari. Le casse comunali sono vuote e non ci sono i 5 milioni richiesti per i 43 ettari strategici per il futuro di Mestre e di Venezia. Si ricorre al privato”.
Chi ha in mano i Pili

Viene prima chiesto ai fratelli Benetton di intervenire. Avevano già fatto buoni affari in città con l’acquisto dell’Hotel Monaco, del teatro Ridotto (il più antico casinò al mondo…), del cinema San Marco e della libreria Mondadori. Poi del Fondaco dei Tedeschi già sede delle Poste. I fratelli trevigiani però non sono interessati. Il Comune si rivolge allora al giovane imprenditore Luigi Brugnaro, leader di Umana, che aveva risollevato la Reyer di pallacanestro portandola ad alte vette e due scudetti. La leggenda racconta che Brugnaro dica al sindaco Cacciari “ma Massimo questa è la porta di Venezia!”. Nel senso che vale molto. E infatti Brugnaro di trova solo soletto all’asta romana e si aggiudica i Pili per 5milioni e 13 mila euro. (Brugnaro è superstizioso, e ama il numero 13, il giorno della sua nascita).
Ne parlano i giornali

Primo intoppo. I proprietari dei parcheggi di via Righi, Park 2000 e Terminal Service, confinanti e con regolare concessione demaniale, si rivolgono al TAR, assistiti dall’avvocato Giorgio Orsoni. Dopo il Comune, contestano, il diritto di prelazione spetta a noi. E infatti vincono la causa. Il bando viene annullato. “Pili, un disastro per il Comune”, è il titolo del Gazzettino del 26 novembre 2006 a firma di Elisio Trevisan. Per via del nuovo piano urbanistico che aveva autorizzato per i Pili, un albergo di lusso, una darsena e impianti sportivi. Interessante la dichiarazione del vicesindaco Michele Vianello che, sconsolato, ammette: “viene meno la possibilità di governare il territorio”. Per l’assessore al Patrimonio, Mara Rumiz: “Il sindaco Cacciari ha sempre detto che quell’area poteva pure andare in mano ai privati, quel che conta è che ci sia la possibilità di garantire l’uso pubblico delle parti che ci interessano. Per questo avevamo già contattato Umana: vogliamo realizzare un’area attrezzata per il parcheggio dei pullman turistici, poi ci deve essere il posto per una fermata del tram…”.
Poi con un accordo benevolo tra le parti in causa: Park 2000 e Terminal Service rinunciano all’opposizione. “Porta di Venezia” e Comune sono salvi.
E intanto i Pili restano velenosi

La storia recente è con l’imprenditore singaporiano Chiat Kwong Ching. Punta su Venezia per fare affari. Poi rinuncia all’acquisto dei Pili per via dei costi altissimi del disinquinamento. Voleva investire oltre un miliardo…
Si ritorna punto daccapo. Chi paga per i veleni?

il caso giudiziario è appena agli inizi. I Pili sembrano maledetti.
L’architetto Alberto Bernstein, da ambientalista, ricorda l’ultima vicenda. Per ultimare la pista ciclabile per raggiungere Venezia, bisognava passare per la proprietà dei Pili. Venne concessa gratuitamente la metratura al Comune. Ma si dovette alzare di circa mezzo metro la pista, per rispettare i limiti di radioattività previsti.