Il Polesine di Rovigo è una terra irrigata da fiumi e canali, tanti canali anche navigabili, frutto del lavoro di generazioni nelle bonifiche di un territorio che, storicamente, fu malsano. Ci sono tornato nella settimana dei morti e ne sono ripartito con un bellissimo ricordo: mi hanno portato a “mangiare polesano” e in un luogo assolutamente speciale: un mulino!

In realtà, si tratta di una locanda-museo, un edificio isolato posto all’incrocio di due acque, quella del canale Scortico e l’altra del Canalbianco.
La locanda condivide la vecchia casa con la struttura di un vero mulino antico, visitabile. Si chiama Mulino al Pizzon e si trova nella campagna intorno a Fratta Polesine, il paese della villa Badoera firmata Palladio e di tante consorelle della civiltà veneta; patria degli eroici nobili aderenti alla Carboneria vessata dall’Austria e paese natale di Giacomo Matteotti, l’eroe socialista -martirizzato dai fascisti nel 1924 – che negli anni felici concludeva proprio davanti a quel mulino-ecomuseo le sue passeggiate campestri con la moglie Velia: c’è una aiuola, oggi, ben curata, che fa memoria di quella presenza: semplice come un altare.

Salvato “per il futuro” dal disfacimento grazie a un lungo restauro, il Mulino al Pizzon è condotto dalla coraggiosa famiglia Marangoni: Giuseppe, locandiere e pubblicista, la moglie Donatella cuoca fantasiosa, la figlia Laura artista. Tutt’e tre hanno il dono della parola narrante, e questo è già un fuori menù: il locandiere narra la storia della prima “macchina ad acqua” e della sua trasformazione con l’elettricità fino al declino e alla rinascita odierna; sua moglie favoleggia sui piatti che reinventa in armonia con acqua e terra del Polesine; la figlia canta canzoni d’autore, come quella in dialetto intitolata Polesine, parole del giornalista rodigino Gigi Fossati su musica di Sergio Liberovici: struggente per chi è nato polesano.

Prima che il tramonto infuocasse la pianura e suggellasse il giorno, la cuoca padrona ha detto una frase bellissima, che riassume l’anima del luogo e della gente di quel mondo dove l’ecologia non è una parola alla moda. Concludendo la sua rassegna storico-gastronomica, la signora Marangoni ci ha detto, con semplicità: “Noi maciniamo cultura del luogo”. Cinque parole che riassumono un’esperienza, una emozione.
Il ronzio delle amiche api

Fra i suoni della vita di cui siamo parte c’è il ronzio delle api, così importante da suggerire il titolo di un libro di divulgazione scientifica. Comunque, è un fatto che si parli continuamente di loro con preoccupato interesse: perché, dicono gli allevatori, “non ci danno soltanto miele e cera, ma più in generale, essendo insetti impollinatori, garantiscono la fecondazione dei fiori, nei prati, nei giardini e in particolare nei frutteti.”
Purtroppo, l’abuso di anticrittogamici avvelena il loro ambiente e le api stanno scomparendo a un ritmo allarmante. Questo significa che quando si dice che senza le api sulla Terra “sarebbe un disastro”, si identifica un problema epocale. Un esempio del pericolo incombente: per garantire l’impollinazione nelle loro farm, un gruppo di agricoltori americani ha dovuto importare milioni di api dall’Australia!

Ben venga il volo intelligente e il ronzio laborioso delle api, sperando che l’Homo sapiens cambi radicalmente il suo rapporto con la natura. “Salvandole, ci salviamo con loro, perché il destino umano incrocia quello delle altre creature terrestri”. Parole di saggezza. Alle quali aggiungere, volendo, la lettura di un libro (vedere l’elenco su Google).
Un Ufo sul Danieli
Le cronache annunciano: “a Venezia il famoso hotel Danieli compie cento anni”. Un titolo che ha smosso i ricordi dell’anonimo, che scrive a sua volta: “Un Ufo è atterrato di notte sulla terrazza del Danieli”. Una delle due frasi è falsa, ma non troppo: è, infatti, pura letteratura e precisamente un racconto di fantascienza intitolato “L’ultrapittura ” che ho pubblicato anni fa in un’antologia tutta veneziana: Cronache dell’arcipelago (1996). La magica città, solido miraggio del mondo, visitata da creature fantastiche di pura invenzione, un tema affascinante. Non sapete quanto materiale fantastico sia concentrato nella Laguna e nelle sue isole.

Ma, a proposito di Hotel Danieli, e di pittura, proprio nella lussuosa hall del celebre albergo ho incontrato uno dei vip mondiali che lo frequentavano: il pictor optimus Giorgio De Chirico, scoprendo un uomo affabile, allegro e disponibile: e lo dicevano un burbero inavvicinabile. Con il mondo, forse, faceva il ruvido, ma non con me in quell’incontro.

Immerso nella poltrona barocca sembrava nato per quell’ambiente, per quella magnificenza di stoffe, forme e colori. Naturalmente si parlò di Venezia dove “c’è qualcosa nell’aria che concilia il rilassamento, il riposo. Qualche cosa di extraterrestre che alita sulla laguna e semina il sogno. Vi sarete accorti che nell’aria non c’è polvere, vero?”
Come sentinelle

(poesia)
Siamo come sentinelle nel buio
quando i rumori del mondo
fanno balzare il cuore in gola.
Così passa il tempo di veglia
dalla notte al dì, e all’alba
non c’è il cambio della guardia.
Si sta come statue nel giardino:
così ciascuno è solo nel crepuscolo,
il sole in faccia e l’ombra a terra:
quella sola ti è compagna, l’oscura
traccia dell’Homo sapiens! L’alba
fugge, insieme alla controra, verso
l’ignoto buco nero chiamato Destino.
Anonimo veneto, nov. 2022